Recensioni
"Il sentimento della Natura che pervade i lavori di Giovenale -
scrive Barbara Tosi - è così connaturato e forte da non essere più antico, ma
saldamente ancestrale.
Come una sorta di gene di cui se ne possiede la nozione, ma che al suo
manifestarsi lascia interdetti e stupefatti gli astanti, quasi provenisse da un
altro mondo.
Tutto questo avviene non tanto in merito alle immagini, che, essendo mutevoli
non creano una continuità, ma piuttosto in merito alle forme che popolano i
paesaggi mai veduti, bensì depositati in ancestrali e non rivelate memorie.
Le forme, quindi, scandiscono gli orizzonti netti e mai visitati di quei lontani
luoghi.
La Natura che vi si legge è essenziale, primordiale e sovrastante, la sua forza
è muta, il suo agire è intenso e determinato.
Le immagini appaiono sempre su frammenti di carta irregolari, interamente
dipinti e si presentano al centro di fogli bianchi, che li sostengono conferendo
quindi un’aura di reperto, una sorta di ritrovamento accentuando il carattere di
mistero che già è presente nell'immagine.
La suggestione del mistero è data proprio da questo aspetto di parte, ovvero di
frammento che allude, anzi rimanda a un intero, a un tutto negato, mentre la sua
parziale visione galleggia sospesa nel vuoto nitore del foglio.
Quella Natura che vi si affaccia è fuori da ogni misura e conoscenza, conta,
infatti, il tempo in Ere, aumentandone il mistero nella scansione narrativa del
frammento.
Già nel suo esistere il frammento assume carattere di narrazione, poiché il suo
stare appartiene a un tutto, a un prima e a un dopo; qualcosa lo introduce e
altro lo conclude.
Ciò che manca, quindi, lo narra, lo struttura, lo rende intero; il racconto è
insito in esso.
Essere parte equivale a essere reduci, sopravvissuti a episodi laceranti, essere
riportati alla luce è un evento, tutto ciò è fortemente epico, come le gesta di
un temerario cavaliere.
Il frammento è apparso e nel suo manifestarsi la cromia è viva, quasi sfacciata,
calda e forte; come la Natura primordiale possiede quella forza ed è dispiegata
armonicamente sulla superficie.
Quella parte, che sia paesaggio o episodio, che narri dal titolo la vicenda
amazzonica, che scandisca le esili figure in colonna, ormai elemento decorativo
e non più piccola storia, ebbene quella parte, nell’isolamento del supporto, se
da un lato è reperto, ovvero brandello di memoria dei nostri antenati,
dall’altro aspira e si colloca nel posto dell’opera.
Ma se l’opera è frutto dell'autore, lo è anche in modo più o meno palese del
luogo da cui viene.
Si tratta di una sorta di reciproca appartenenza che sancisce la fitta rete di
legami e scambi tra luogo e autore.
Nel caso specifico l'appartenenza al luogo è di notevole incidenza al punto che
in qualche modo si determina il soggetto o una certa assonanza di intenti e in
alcuni casi anche di stile.
Senza paura di sbagliare, ma semplicemente osservando il lavoro di altri artisti
dell’area di Benevento si riscontra una familiarità, pur mantenendo intatte le
distanze tra autori e opere.
Sembra quasi che il luogo rimandi una connotazione così particolare e scandita
tale da determinare una sorta di imagerie di appartenenza al luogo. In
altre parole il predicato “Genius loci” comune a molti artisti delle ultime
generazioni, nella zona di Benevento assume una forza tale da influenzare
l’operare degli artisti sulla scelta del soggetto e persino sulle sue forme.
Si potrebbe ipotizzare che le immagini archetipe siano depositate in ogni
individuo ma che da ognuno poi siano diversamente elaborate.
È come affermare che a Benevento l'ispirazione di forme e modelli sia fortemente
unificatrice e che, anzi, riveli il segno di una cultura visiva compatta e
vitale al punto da riemergere viva nelle manifestazioni espressive più diverse.
L'artista è confermato, ancora una volta, come l'esponente più vitale di istanze
in contrasto dialettico tra loto, atte a emergere modi e mondi fino a prima
custoditi nel buio dell'assenza di forme."
Barbara Tosi, Dalla parte della natura