BRUNO PIPPAPittoredellinquietudine
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  • Bruno Pippa, Lupara, 1961

    Bruno Pippa, Lupara, 1961

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    Bruno Pippa, Grande ingessato seduto, 1963

    Bruno Pippa, Grande ingessato seduto, 1963

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    Bruno Pippa, Composizione con figura accovacciata e specchio, 1964/65

    Bruno Pippa, Composizione con figura accovacciata e specchio, 1964/65

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    Bruno Pippa, Grande figura in attesa, 1965

    Bruno Pippa, Grande figura in attesa, 1965

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    Bruno Pippa, Figura femminile riflessa allo specchio,1965/66

    Bruno Pippa, Figura femminile riflessa allo specchio,1965/66

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    Bruno Pippa, Figura maschile a cavalcioni di una sedia, 1973

    Bruno Pippa, Figura maschile a cavalcioni di una sedia, 1973

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    Bruno Pippa, Porta bianca con termosifone, 1976

    Bruno Pippa, Porta bianca con termosifone, 1976

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    Bruno Pippa, Figura femminile in uno studio, 1976

    Bruno Pippa, Figura femminile in uno studio, 1976

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    Bruno Pippa, Figura maschile seduta sul letto, 1977

    Bruno Pippa, Figura maschile seduta sul letto, 1977

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    Bruno Pippa, Ragazza seminuda, 1977

    Bruno Pippa, Ragazza seminuda, 1977

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    Bruno Pippa, Vecchio sulla spiaggia in attesa della morte, 1977

    Bruno Pippa, Vecchio sulla spiaggia in attesa della morte, 1977

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    Bruno Pippa, Giocatore di foot-ball americano, 1977

    Bruno Pippa, Giocatore di foot-ball americano, 1977

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  • Biografia

    Bruno Pippa (Vicenza, 04/10/1925 - Leivi di Chiavari, 25/09/1977) ha iniziato sin da giovane a praticare pittura. Dopo il liceo scientifico frequentato a Venezia e i quattro anni di frequenza regolare alla facoltà di medicina e chirurgia di Padova, abbandona gli studi per dedicarsi alla pittura in maniera continuativa. Nel 1948 prende il brevetto di macchinista navale e intraprende 'la via del mare' imbarcandosi su di una nave da carico, che lo fa viaggiare per circa due anni nelle Americhe, in Africa e Medio Oriente.
    Dopo lo sbarco riprende a dipingere e nel 1953 decide di trasferirsi a Milano, città in cui ha vissuto, dipingendo e lavorando anche come grafico, sino al 1977, anno in cui è venuto a mancare, nel luogo in cui amava trascorrere tutte le estati: Leivi di Chiavari (GE).
     

    Hanno scritto di lui : M. Lepore, M. De Micheli, M. Valsecchi, I. Margoni, P. Rizzi, A. Natali, L. Belotti, G. Seveso, F. Vincitorio, F. Albertazzi, M. Coughlin, E. Fezzi

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  • Recensioni

    "Reputo cosa quanto mai vana che un pittore, prendendo a prestito strumenti non suoi, si avventuri in un'analisi della sua pittura sia sul piano della motivazione concettuale che su quello formale del suo operare. Ma capita a tutti, prima o poi, di essere chiamati ad un 'redde rationem' verbale e, stante il fato che innumerevoli sono gli appunti che mi vengono mossi da più parte su certa tematica che ricorre con insistenza nelle mie tele, mi sembra questa la sede più opportuna per chiarire (mi piacerebbe poter dire 'una volta per tutte') i suoi perchè. Perchè la violenza e il sangue e il sesso e la morte e l'indagine a luce cruda dei vizi più o meno segreti dell'uomo. Perchè una pittura che è denuncia impietosa di una vita mortificata,di una dignità avvilita,di aspirazioni contrastate e distorte. Si rischia il discorso ovvio cercando di spiegare il modo di operare del pittore, ma forse può essere utile ripetere alcuni concetti di cui molto spesso ci si dimentica.

    Condivido il parere di altri che il pittore, uomo vivo in un contesto sociale economico politico, debba essere testimone attento e senza reticenza della sua epoca e che in questa presenza e testimonianze continue e della misura del rapporto con la realtà nasca quella maniera morale di 'essere' nel suo tempo, nella quale affondano le radici più valide del suo operare. Voglio dire, in ragione di questo binomio uomo-pittore, che non credo ad una attività artistica estranea alla realtà e impostata in chiave di evasione di tipo tradizionale o di disimpegno in una direzione che è esclusivamente formalistica anche se innervata da esoterici contenuti.

    Per lo stesso motivo mi sembra colpevole il rifiuto di partecipare con senso di responsabilità a un assiduo esame critico del corso della vita (banalità e dramma e tragedia), dei miti e del tempo, dei tentativi di riconquista di una dignità e anche degli errori e crudeltà dell'uomo, il rifiuto infine della realtà storica spesso giustificato con l'assistenza di teorie, non importa se formulate ' a priori' o a 'posteriori', di cui si è constatata la precarietà. Sottrarsi all'impegno di una posizione precisa nell'ambito della società, alla difficoltà di un'azione di contrasto con le ipocrisie ufficiali e con i tabù accettati per consuetudine secolare, eludere le scelte autentiche e responsabili mi sembra che porti solo a una vana esibizione e a una sterile vicenda di private soddisfazioni.

    Così, se si vuole dare una ragione concettuale alla tematica delle mie tele, cerchiamola in un costante impegno di ricerca del dato umano ( anche distorto, anche crudele) nel contesto della società d'oggi e nel riflesso d'ipocrisia, di violenza, di sopraffazione, di sessualità esasperata, di scarsa pietà e di misere gioie che il tempo ci rimanda dalla misura di questi nostri giorni."

    Bruno Pippa, dall'autopresentazione alla galleria Vinciana, Milano, aprile 1966

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  • TESTIMONIANZE

    "(...) Il linguaggio pittorico di Bruno Pippa è bene aderente ai suoi contenuti, è coltivato ed esperto. Sul suo fondo coloristico veneto egli inserisce quello che gli si attaglia delle sue recenti esperienze dell'espressionismo esistenzialistico, e sono anche evidenti alcune affinità con Bacon, un pittore che ha oggi una rispondenza molto viva in temperamenti tra i più diversi. Anche certo realismo nostrano e nordamericano, come certo cinematografo suggeriscono qualcosa a Pippa; così come, per la materia e il tessuto pittorico, egli rileva alcuni contributi del non figurativo. Ma in lui è sempre presente una autentica individualità di pittore, che assimila ciò che capta e lo trasforma, rendendolo così legittimamente proprio. Ne risulta perciò un modo di esprimersi individuale, contrassegnato, mi pare, da una forte carica drammatica, che a scabri e rudi accenti pittorici mescola tuttavia inattesi intenerimenti e dissimulate preziosità.(...)" - Mario Lepore, 1963

    "(...) Erotismo e violenza: questi i due temi trattati da Bruno Pippa (...). La resa pittorica è orrida, agghiacciante, con un realismo-espressionismo che si avvale di effetti il più possibile crudi, tipici della nuova figurazione milanese. Siamo all'incirca nell'arco tra Vespignani e Cremonini; ma si inseriscono anche spunti goyeschi, e spuntano qua e là reminescenze di pittura classica. I corpi deformati fino al mostruoso si stagliano con icastica violenza entro fondi grigi, lattiginosi o addirittura argentei, in un clima da incubo kafkiano.
    Pippa vuole evidentemente rendere la degradazione bestiale dei sentimenti dell'uomo d'oggi, l'abbassarsi dell'istinto a livelli meno che animaleschi: non c'è un barlume di pietà. L'assunto può essere discutibile, ma è indubbio che l'artista riesce ad esprimerlo in maniera magistrale.(...)" - Paolo Rizzi, 1965

    "(...) Figure apparentemente piene di forza ma dove, in realtà, l'anatomia diventa modo per mettere in risalto il vuoto, la cieca, ottusa sostanza di questi personaggi. Qualcosa che può anche ricordare certe immagini del primissimo manierismo. Quel franare delle certezze rinascimentali, il nulla, il penoso interrogativo di quegli anni. Di cui com'è noto, l' Hauser ha per altro, di recente, sottolineato l'analogia con la nostra presente condizione." - Francesco Vincitorio, 1971

    "(...) Fino al 1973 quello che Bruno Pippa fissa (con l'acutezza e l'impietosità di uno spillo che immobilizza un insetto) su dei fondi blu notte e terre d'ombra bruciata è un concetto di tempo esterno dilatato fino al parossismo. Nel 1974 questa "suspense" drammatica si risolve non in una esplosione di corpi come in Velickovich, ma piuttosto in una insolita "implosione". Essa pervade e lascia toraci intatti, bocche semiaperte su un bagliore di denti, setti nasali semi-cancellati da un cerotto. I corpi si strutturano in una tensione che è contemporaneamente abbandono, gli oggetti sono se stessi e altra cosa. Per proporre questo "insolito" Bruno Pippa si serve di ciò che insolito non è. E quello che ci suggerisce è semplice, essenziale. Egli dice che questo "oggetto naturale" (il cane, la lampada, l'uomo con la canottiera, la donna con i guanti di gomma ecc.), tutto ciò che noi siamo condizionati a considerare come acquisito, necessario, definitivo (l'uomo di quella donna, la donna di quell'uomo, il bambino di questa coppia, la loro quotidianità) non è più tale. I gesti dei personaggi sono delle pose che si rivelano precarie, come nella "Bambina che cade dalla sedia" e nel "Piccolo cane che gioca", o inconseguenti, come nel "Corpo femminile" in cui la figura è colta in un movimento privo di finalità e il drappo su cui è adagiata è mosso da una causalità apparente. Nulla conduce a una conclusione condizionata e scontata e l'ingannevole irrazionalità delle situazioni ci rimanda a una razionalità di una dimensione "diversa". Bruno Pippa dice che tutto va rivisto con occhio "diverso", vissuto in modo "diverso" in un tempo "diverso".(...) - Maro Coughlin , dicembre 1974

    "Il primo incontro con i dipinti di Pippa è sempre ostico come se l'immagine respingesse lo sguardo e l'emozione. Qualcosa di intoccabile, di impenetrabile, almeno a prima vista, costituisce l'aspetto tipico di questi riquadri di pittura. In realtà, questi dipinti sono spogli di molti attributi suadenti, propri di tanta altra pittura neo-iconica (per esempio, di certi risalti speculari tipici di qualche esito "iperrealista"), e mancano anche di quel contenutismo dichiaratamente socio-politico, con tema storico di lotta classista, che interessa solitamente i pittori idealistici dell'odierno "realismo". Se mai, il gran tema e problema di cui Pippa si rivela compenetrato, è inerente al "vedere", al portare in luce nella materia della pittura, attraverso una certa modalità dell'immagine, la possibilità di una persistenza delle parvenze, filtrate da una composizione che sappia di tutte le inquietudini e le crisi del presente.(...)" - Elda Fezzi , febbraio 1975)

  • Nota Bene

    Questa pagina è un mio personale e gratuito omaggio alla memoria dell'artista Bruno Pippa, pittore dell'inquietudine umana. Le immagini dei dipinti dell'artista  presentate in questa pagina sono state recuperate da cataloghi cartacei, così come pure i testi. Questo sito non è in grado di dare informazioni in merito alle opere tantomeno di mediare alcuna compra/vendita dei dipinti dell'artista.
    Leonardo Basile

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