TESTIMONIANZE
"Sulla tavolozza di Rocco Barbarito si è posato il gabbiano
Jonathan. Si è soffermato un attimo e poi ha spiccato il volo verso le
dimensioni azzurre del cielo nella felicità di sentirsi libero, proiettato in
direzione del sole.
La libertà del gabbiano Jonathan è la nuova libertà espressiva di Rocco
Barbarito.
La sua pittura appare più fluida e più dinamica, più corposa anche per la sua
dilatazione cromatica ma allo stesso tempo più tesa per le suggestioni che
racchiude.
Queste suggestioni marciano in un doppio senso: verso l'artista e
verso il pubblico. All'artista hanno conferito una capacità espressiva più ampia
sulla scala dei cromatismi tradizionali, hanno portato alla ribalta splendori
espressivi che parevano in un certo senso opacizzati dalla costruzione formale
delle donne immote nel tempo e nello spazio come totem o divinità egizie. Non
che Barbarito abbia rinunciato in tutto o in parte alla sua predilezione per gli
schemi essenzializzati del profilo femminile, ma le sue donne vivono in una
dimensione diversa.
Come se avessero abbandonato la collocazione statica entro gli
archi delle costruzioni medievali, una immobilità quasi da idolo barbarico, per
ritrovarsi invece nel contesto di quelle architetture più fascinose che Venezia
ripropone con la sua civiltà e la sua cultura.
Non dai campielli sale il ciacolare delle comari, ma il chiacchierare sottile
filtra dalle bifore orlate, ha per schermo i vetri smerigliati delle finestre,
il sottile incantamento degli appuntamenti segreti da un ponte all'altro, nel
guscio delle sete, il gorgheggiare delle risate a piena gola, lo sciabordio
complice delle gondole dipinte di nero come la notte, regina dei segreti e delle
trame d'amore.
E di Venezia si è innamorato Rocco Barbarito avvinto dal
sortilegio delle costruzioni, dall'elegante equilibrio delle balconate, degli
archi, dei merletti di trine marmoree.
Una Venezia rivisitata con la compatta tenacia di un pittore pugliese che si
porta dentro dovunque e comunque la civiltà della pietra, la cultura murgiana
aspra e scontrosa, difficile e avara. E non appena Venezia scompare nel tocco
finale di uno specchio di Murano color fragola istoriato sulla larga cornice
entro la quale si rifrange ancora l'immagine di una donna, ecco riaffacciarsi il
solido paesaggio dell'architettura pugliese, spogliata però di quel tanto di
gravità che serve ad alleggerire costruzioni e muri.
L'impaginazione che Rocco Barbarito ha dato ai suoi dipinti più
recenti è vivace, con le cesure operate negli spazi pittorici, da quinte e
controquinte, da strutture orizzontali e verticali che si inseguono e si
dipanano sul filo logico dell'assetto iniziale.
Al fondo in genere emerge come dai giardini di Sherehazade, una vegetazione
minuta e colorita, vivace e multiforme che illeggiadrisce ancora di più, in
senso dinamico, il dipinto nella sua ultimazione. Da tutto questo e riprendendo
il discorso verso il pubblico, si ricava l'impegno di una continua ricerca che è
il nesso fondamentale di queste recenti prove di Rocco Barbarito. Una ricerca
puntigliosa e tenace che porta l'artista a tentare moduli nuovi espressivi,
impaginazioni insolite con l'ausilio efficace di una tavolozza dilatata dall'uso
sapiente del colore, da impasti cromatici calibrati e riusciti in una sintesi
ricca di implicazioni notevoli. Vola dunque alto il gabbiano Jonathan sulla
tavolozza di Rocco Barbarito ed annuncia presagi di compiuta felicità."
Michele Campione