Mario Schifano nasce a Homs in Libia il 20 settembre 1934 ; muore
a Roma il 26 gennaio 1998. E' stato un grande pittore e regista italiano negli
ultimi decenni del secolo scorso.
Nel 1959 a Roma alla Galleria Appia Antica tiene la sua prima personale nella
quale espone dipinti riconducibili a sue ricerche informali. Nel 1960 partecipa
ad una mostra alla Galleria La Salita di Roma con Angeli, Festa, Lo Savio ed
Uncini. Nel 1961 vince il premio Lissone per La Giovane Pittura Internazionale.
Nello stesso tempo espone in una personale alla Tartaruga di Roma una serie di
superfici con stesure di colore. Nel 1962 compie un viaggio in America ove
conoscerà la Pop Art americana e a New York partecipa ad una collettiva The New
Realists alla Sidney Jenis Gallery. Nel 1963 rientra in Italia e partecipa alla
Biennale di S. Marino Oltre l'Informale ed allestisce alcune mostre personali a
l'Odyssia di Roma, al Sonnabend di Parigi e all'Ariete di Milano. Nel 1964
partecipa alla XXXII Biennale di Venezia. Nel 1965 espone , nuovamente all'Odyssia
e alla Tartaruga, entrambe a Roma. Questo anno è molto significativo per la sua
produzione, esegue 'lo sono infantile' e 'Futurismo rivisitato a colori' il
quale è il primo di una lunga serie di quadri dedicati ai futuristi. Il punto di
partenza è la famosa fotografia dei Futuristi a Parigi su cui Schifano
interviene. Sempre nel 1965 partecipa alle Biennali di S. Marino e S. Paolo del
Brasile, allestisce inoltre numerose personali di opere Vero amore, Albero,
Paesaggio anemico che continuerà anche nel 1966. Sono una serie di paesaggi
privati delle proprie caratteristiche ed arricchiti di elementi estranei. Nel
1966 espone alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma e partecipa a
numerose altre esposizioni sia collettive che personali. Allo Studio Marconi di
Milano, presenta nel 1967 la mostra «Tutte Stelle» in un film «Anna Carini vista
in agosto dalle farfalle». Sempre nel 1967 partecipa ad una collettiva alla
Galleria L'Attico di Roma e alla Biennale di S. Marino continuando sempre il
tema del futurismo. Nel 1968 partecipa a L'Aquila ad «Alternative Attuali» a
cura di E. Crispolti. Di questo anno è la serie «Compagni» legata ad una
situazione politica particolare, ma è anche il periodo in cui si dedica
maggiormente al cinema. Tra il 1968 e il 1969 porta a termine una trilogia:
Satellite, Umano non Umano, Trapianto, Consumazione e morte di Franco Brocani.
Nel 1970 una serie di quadri tratta da immagini televisive, fotografate,
ingrandite e riprodotte. Nel 1970-71 partecipa alla mostra «Vitalità del
negativo nell'Arte italiana 1960-70» Palazzo delle Esposizioni, Roma. Nel
1972-73 allestisce numerose personali al Gabbiano di Roma, alla Galleria della
Steccata di Parma, a Il Punto di Torino e alla Galleria Lia Rumma e Isolotto di
Napoli. Prende parte alla X Quadriennale di Roma e sempre a Roma nel parcheggio
di Villa Borghese espone opere che vanno dal 1961 al 73 e il film Umano non
Umano.
Nel 1974 al salone delle Scuderie a Parma allestisce una vasta antologia. Gli
anni che vanno dal 1975 al 1978 sono anni molto tormentati in cui il rapporto
con la pittura è più volte messo in discussione, tuttavia continua ad esporre in
tutta Italia. Nel 1978 rielabora un racconto di Balzac «Il capolavoro
sconosciuto» che espone in una mostra alla Tartaruga di Milano. Nel 1979 espone
al Palazzo dei Diamanti di Ferrara numerosi lavori insieme a foto polaroid e
quattro quadri dal titolo Finale muto da ex film. Nel 1980 espone, presentato in
catalogo da Maurizio Calvesi, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna in Arte
Critica 1980 due opere del 1979 Quadro equestre tricolore.
L’influenza della Pop art si nota in tutta la produzione artistica di Mario
Schifano, affascinato dalle nuove tecnologie, dalla pubblicità, dalla musica,
dalla fotografia e dalla sperimentazione. In particolare, le opere più vicine
alla pop art dell’artista sono quelle degli anni Ottanta. Tra le opere più
importanti di questo periodo vanno ricordate le Propagande, serie dedicate ai
marchi pubblicitari (Coca-Cola ed Esso) in cui si ha un chiaro esempio di
veicolazione di immagini di uso comune e facilmente riconoscibili citate in
molteplici modi o particolari delle stesse, alle biciclette, ai fiori e alla
natura in genere (tra le serie più famose troviamo i Paesaggi anemici, le Vedute
interrotte, L'albero della vita, estinti e i Campi di grano). Sono sicuramente
da annoverare come tra le opere più riconoscibili e importanti le tele
emulsionate, figlie di quei suoi continui scatti fotografici che accompagnano
tutta la sua vita, supporti sui quali vengono riproposte immagini televisive di
consumo quotidiano, molteplici e a flusso continuo con leggeri interventi
pittorici. Esistono nella sua produzione anche tele dove tramite tecnica di
serigrafia sono riproposte immagini tra le più importanti da lui realizzate
(Esso, Compagni compagni, Paesaggi), le quali tuttavia non sono da intendere
propriamente come "serigrafie", bensì quali opere uniche realizzate con la
suddetta tecnica. Schifano in quegli anni aveva quasi abbandonato la pittura
come tecnica in quanto lui stesso affermava che essa fosse morta e diventata
obsoleta rispetto all'utilizzo di tecniche diverse (ad esempio le emulsioni o
appunto le serigrafie). In realtà non la abbandonerà mai nonostante la realtà
pittorica di quegli anni lo suggerisse, permettendogli in ogni caso di diventare
precursore sempre curioso dell'uso della tecnologia per la produzione artistica.
Nel 1984 realizza il Ciclo della natura, costituito da dieci grandi tele donate
al Museo d'Arte Contemporanea di Gibellina, in provincia di Trapani. L'ultimo
periodo di produzione è particolarmente segnato dai media e dalla
multimedialità, interrotto soltanto da alcuni cicli più prettamente pittorici.
Nel 1989, tenne a Bari presso la prestigiosa Galleria d'arte l'Approdo la
personale dal titolo Omaggio alla Puglia presentata da Achille Bonito Oliva.
Morì a 63 anni, mentre si trovava nel centro di rianimazione dell'ospedale Santo
Spirito di Roma, a causa di un infarto.
...Schifano ha capito che essere artista moderno significa innanzitutto essere uomo moderno, proprio nel senso musiliano del termine, di colui cioé che non si sottrae agli inviti della vita ed è consapevole dell'occasionalità di una vita non pianificabile.
Se l'arte contemporanea ha sviluppato una strategia di avvicinamento verso la vita, seppure nella coscienza dei propri strumenti specifici, ecco che allora l'artista cerca non tanto di segnalare la sua differenza preziosa quanto piuttosto di trovare un punto di contatto con essa. E il punto di contatto non può che essere quello della produzione, in una società come quella attuale vissuta sotto il segno di una cultura occidentale che privilegia il fare.
Il paradosso sta nel contrapporre il fare, ma nel caso dell'arte di Schifano, il fare creativo con il suo linguaggio, a quello dell'esistenza che pure parla con altri linguaggi, quelli automatici e veloci dei mezzi di riproduzione meccanica. Ma l'artista romano non contrappone semplicemente la riproduzione, ma tecnica a tecnologia, le sue immagini particolari a quelle massificate del sistema sociale.
Vari procedimenti ha adottato Schifano nel suo lungo lavoro, ma tutti giocati sulla possibilità di rimanere a stretto contatto con l'esterno. Qui si è fatto assistere dalla velocità, dalla disciplina e dall'improvvisazione, dall'occasione e dall'ispirazione, dallo sguardo limpido e da quello cieco e semicieco, dunque da tutte quelle condizioni che presiedono la vita nel suo formarsi aperto e precariamente vitale. Così l'opera di Schifano non si è sviluppata lungo il percorso lineare ed astratto che porta dalla quantità alla qualità, bensì lungo il campo di una circolarità che ha riportato la quantità qualitativa a quantità. Questo significa per lui essere artista moderno, artefice di un'opera che vive incessantemente i ritmi stessi che reggono la storia. Un altro artista, in un altro contesto, ha svolto la stessa parabola creativa: l'americano Andy Warhol... - Achille Bonito Oliva
....Schifano è un vulcano in eruzione perpetua, è come quella
meteora infuocata che ricorre in molte sue tele. Lui si da in maniera grande e
furiosa. E' generoso con le tele e con le persone, ed è anche scorbutico, con le
persone e con i colori. Ti sfugge e nello stesso tempo ti penetra. A volte
vorresti odiarlo ma non puoi.
Il suo rapporto con la pittura è di distacco totale. Stargli vicino quando
dipinge è uno spettacolo. Sembra che non li guardi i quadri, e sembra che voglia
disfarsene al più presto. Tutti i pittori mettono da parte e 'salvano' dalla
vendita i quadri a cui sono particolarmente attaccati. Schifano no. Dice di non
possederne neanche uno. Ha fatto questi quadri con grande amore. "Sono quadri
speciali, ha detto, li ho fatti pensando alla Puglia che amo, e dove spero di
tornare in occasione della mostra".... Agnese De Donato
"(...) Con la rapidità quasi fulminea ma ritmica del gesto, Schifano restituisce
infatti la sintesi della percezione, dell'«impressione» che si appropria del
fenomeno: senza tuttavia ridurlo all'inconsistenza dell'attimo o al puro dato
ottico delle vibrazioni luminose; bensì caricandolo di slancio vitale nella
'continuità', con l'allungare i tempi contratti del percepire in una sorta di
sfasatura e di ricaduta, di sovrapposizione sfalsata con i tempi iterati,
prolungati come 'a perdere', del ritmo. E ancora: componendo mira infallibile e
sfocature, senso del dettaglio e senso del tutto; facendo sentire, appunto,
quello svolgersi o correre del gesto e della mano (vita partecipata) simultanei
al gioire dell'occhio (vita contemplata), eppure reciprocamente slittanti;
rilanciando la spinta intensa e durevole del colore sul dinamismo estemporaneo,
trascorrente del segno; rapportando l'irruenza e l'agitazione di un vitalismo
dai morbidi artigli, alla messa a fuoco dolcemente imprecisa del sogno.(...)" -
Maurizio Calvesi
«Si è rischiato di farne un mito facile e ambiguo, uno dei miti più precoci
dell'arte italiana degli anni Sessanta, che i miti ormai stava andando a
cercarli oltre oceano. Mario Schifano, uno dei pochi con tutti i requisiti per
reggere alla grande onda americana, che pareva incontenibile, sfacciata e
ammiccante, con l'opulenta congerie di segni metropolitani della Pop art, e poi,
col freddo e squadrato gigantismo, con la calcolata elementarità delle Strutture
primarie, e poi ancora, con tutto ciò che era targato New York. Più o meno come
era accaduto per Parigi fino alla seconda guerra; anzi, con qualche dollaro in
più. Schifano ha subito capito che si stavano cambiando le carte, in fretta e
spregiudicatamente. Lo ha capito con anticipo su molti, nonostante che allora
non fosse ancora trentenne, anche perché è una sua dote captare il tempo,
sentirne, per così dire, la temperatura, coglierne gli umori, le impressioni
quelle sensazioni istantanée, rapide e fuggitive che sono le impressioni - i
fragori passeggeri, col poco o il niente che si lasciano dietro. Schifano è in
tutto figlio del suo tempo, per questo ne è stato l'interprete più fedele in una
versione italiana che per quasi tutti, non per lui, derivava dal fragoroso
copione made in Usa."(...) - Claudio Spadoni
Questa pagina è un mio
personale e gratuito omaggio alla memoria di Mario Schifano , l'enfant gâté
della pittura italiana negli ultimi decenni del Novecento. Le immagini dei dipinti dell'artista
Mario Schifano presentate in questa pagina sono state reperite da cataloghi
cartacei, così come pure i testi. Questo sito non è in grado di dare
informazioni in merito alle opere tantomeno di mediarne alcuna compra/vendita.
Leonardo Basile