Dal 14 ottobre
2022 al 26 febbraio 2023, le sale di Palazzo Cipolla
ospitano la prima grande esposizione mai realizzata
in Italia dedicata a uno dei maestri dell’arte
moderna, Raoul Dufy (Le Havre, 3 giugno 1877 –
Forcalquier, 23 marzo 1953).
La mostra, che è promossa dalla Fondazione Terzo
Pilastro – Internazionale per volontà del suo
Presidente Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele,
realizzata da Poema con il supporto
organizzativo di Comediarting e Arthemisia,
ideata dal Musée d’Art Moderne de Paris,
curata dalla Chief curator Sophie Krebs e
Nadia Chalbi (responsabile delle mostre e delle
collezioni del Musée d’Art Moderne de Paris) è un
viaggio emozionale attraverso i temi prediletti
dall’artista, dove le sensazioni visive ridotte
all’essenza della realtà, l’utilizzo della
composizione, della luce e del colore sono gli
elementi emblematici che caratterizzano le sue
opere.
Autore di opere monumentali come La Fée Electricité
(La Fata Elettricità, 1937 – 1938, Musée d’Art
Moderne de Paris) - uno dei dipinti più grandi al
mondo, di una lunghezza complessiva di 6 metri,
composto da 250 pannelli e commissionatogli dalla
“Compagnie Parisienne de Distribution d’Électricité”
per essere esposto nel Padiglione dell'elettricità
all’Esposizione Internazionale del 1937 a Parigi -,
Dufy fu un grande pittore, scenografo e disegnatore
francese di inizio ‘900 che, per la sua capacità di
catturare le atmosfere, i colori e l’intensità della
luce e a trasferirli sulle sue tele, divenne - per
antonomasia - il pittore della gioia e della luce.
Nacque da una famiglia di modeste condizioni
economiche ed ebbe un padre attivo come organista
che trasferì in particolare a Raoul la sua stessa
passione per la musica, che lui coltivò per tutto il
resto della vita trasponendola anche nelle sue
opere.
In seguito a una crisi finanziaria della famiglia,
nel 1891 il giovane Raoul fu costretto a cercare
lavoro a Le Havre.
Nell'ambiente artistico straordinariamente
stimolante di Parigi si avvicinò a due maestri
dell'impressionismo come Monet e Pissarro ma, nel
1905, lo scandalo dei Fauves gli rivelò una pittura
moderna e “di tendenza” che lo portò ad avvicinarsi
a Matisse.
Il 1903 fu l'anno della sua prima volta al Salon des
Indépendants, nel quale espose fino al 1936 e poi fu
accettato nel 1906 al Salon d'Automne (fino al
1943).
La sua attività artistica non conobbe interruzioni
e, dal 1910, ampliò la sua attività nel campo delle
arti decorative affermandosi con successo in una
produzione assai vasta, dalla xilografia alla
pittura e alla grafica, dalle ceramiche ai tessuti,
dalle illustrazioni alle scenografie. Con
un’attività artistica che non conobbe interruzioni
fino alla sua morte, tutto ciò gli consentì di
recuperare la sua tavolozza squillante, cui
sovrappose un tocco grafico vibrante e allusivo.
Suddivisa in 13 sezioni tematiche, la mostra
racconta l’intero percorso artistico del pittore
francese, attraverso molteplici opere che
abbracciano varie tecniche nei diversi decenni del
Novecento, dagli inizi fino agli anni Cinquanta,
quando Dufy cercò nuovi temi a causa della guerra e
della malattia che lo costrinse a rimanere nel suo
studio nel sud della Francia.
Un excursus che trova il suo leitmotiv nella
violenza cromatica, nella magia di quel colore che
diventa elemento indispensabile per la comunicazione
di emozioni e stati d’animo.
Un’evoluzione che vede Dufy inizialmente prosecutore
di quella tradizione impressionista germogliata con
Monet proprio nella sua città natale di Le Havre e
poi insieme ai Fauve che, radunati attorno alla
figura di Matisse, reagiranno presto alla pittura
d'atmosfera e a quel dipingere dominato dalle
sensazioni visive, per poi approdare infine ad
abbracciare l’austerità cezanniana con la quale le
forme, le zone piatte di colori accesi o addirittura
violenti sono indipendenti dalla linea che accenna
appena a circoscriverle.
Onde a V rovesciata, nuvole e un mondo di forme:
bagnanti, uccelli, cavalli, paesaggi ispirati sia
dalla modernità che dal classicismo.
Predilige i paesaggi marittimi e ama particolarmente
gli ippodromi che gli daranno grande successo.
Sensibile all’aria del proprio tempo, si interessa
infatti alla società dell’intrattenimento con le sue
corse, le regate, gli spettacoli elitari e popolari
al contempo che Dufy riproduce con brio e vivacità.
Un artista alla perenne ricerca di stimoli e
sperimentazione, in grado di rendere l’arte
impegnata ma allo stesso tempo apparentemente
“leggera”, il cui scopo dichiarato era, come scrive
la scrittrice americana Gertrude Stein, di arrecare
piacere.
La mostra Raoul Dufy. Il pittore della gioia,
con
oltre 160 opere tra dipinti, disegni, ceramiche e
tessuti provenienti da rinomate collezioni pubbliche
e private francesi - come il Musée d’Art Moderne de
Paris che conserva di Dufy una delle più ricche
collezioni, dal Centre Pompidou, Palais Galliera, la
Bibliothèque Forney e la Bibliothèque littéraire
Jacques Doucet tutte di Parigi insieme al Musée de
la Loire, Musée des Tissus et des Arts Décoratifs di
Lione, il Musée des Beaux-Arts Jules Chéret di Nizza
e al Musée Royaux des Beaux-Arts de Belgique di
Bruxelles - racconta la vita e l’opera di un artista
con lo sguardo sempre rivolto alla modernità,
pervaso da una vivacità che ha saputo adattare a
tutte le arti decorative, contribuendo a cambiare il
gusto del pubblico.
Afferma il Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele,
Presidente della Fondazione Terzo Pilastro –
Internazionale: «Sono molto lieto di ospitare,
presso lo spazio espositivo di Palazzo Cipolla, una
mostra su Raoul Dufy, che viene riproposta a Roma
dopo quasi quarant’anni di oblio (la prima ed unica
esposizione su Dufy nella Capitale, prima di oggi, è
stata infatti quella del 1984 a Villa Medici).
Spesso non compreso a fondo, a causa dell’apparente
semplicità del suo tratto pittorico, che gli ha
fatto non di rado attribuire la patente di
superficialità e mondanità, Raoul Dufy in realtà
ebbe una formazione articolata e complessa: fu
inizialmente influenzato dall’Impressionismo,
perpetuando con maestria la tradizione di Monet e
contando sulla peculiarità di essere un “colorista
per temperamento”; successivamente, si accostò al
Fauvismo ispirandosi alle figure di Matisse, Braque
e Cézanne. La particolarità di Dufy risiede nel
dissociare gradualmente, nel corso della sua
maturazione artistica, il colore dal disegno,
semplificando il più possibile ed anteponendo in tal
modo la forma al contenuto. Egli – seguendo la
propria teoria che il colore servisse ai pittori per
captare la luce – viaggiò a lungo nel Mediterraneo,
in particolare in Provenza (dove si stabilì) e nel
Sud Italia. Da qui i celebri paesaggi, i bagnanti, i
campi di grano, e poi le sale da concerto e
soprattutto le regate, le corse dei cavalli e gli
ippodromi, a raffigurare la società del tempo libero
degli anni Venti e Trenta, che lo renderanno
popolare tra il pubblico».
Catalogo edito da Skira.
RAOUL DUFY - Il pittore della
gioia
Roma, Palazzo Cipolla
14 ottobre 2022 - 26 febbraio 2023
Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
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