Il dipinto raffigura la Madonna
col Bambino, San Giovannino e sei sante; gravemente
alterato nel tempo, dopo un lungo e complesso restauro
in corso di ultimazione, sarà presto offerto all'analisi
e al giudizio degli studiosi che, soprattutto,
valuteranno la misura dell'“impronta” lasciata da
Mantegna: l'ideazione di composizione e disegno - come
ormai evidente - o anche l'esecuzione pittorica “di sua
mano”?
Comunicato stampa
Le risposte si conta giungeranno dalla
collaborazione delle due fondazioni, col concorso
della Soprintendenza Archeologia e Belle Arti per il
Comune di Venezia e Laguna; infatti, durante il 2024
il dipinto sarà iconico oggetto di iniziative
espositive, di ricerca e di confronto, programmate
tra la Villa Contarini a Piazzola sul Brenta - la
città natale del grande pittore - e il Museo Correr
di Venezia, la sua futura sede espositiva, oggetto
di ampliamento e restyling degli spazi al secondo
piano.
Fondazione Musei Civici di Venezia ha tra i compiti
principali, affidatele nel 2008 dal Comune di
Venezia, conservare e valorizzare l’immenso
patrimonio storico-artistico pertinente agli 11
musei civici; ben compresa la parte delle collezioni
che, per varie ragioni non esposta, è pure
attentamente custodita nei depositi. È qui che il
continuo lavoro di studio e restauro condotto da
responsabili e conservatori della Fondazione ha
spesso fruttato vere eccezionali scoperte. Come i
casi recenti di ben tre dipinti, presenti nei
depositi del Museo Correr e mai considerati per
alterate condizioni o errati giudizi del passato,
oggi finalmente riconosciuti come autentici
capolavori di Vittore Carpaccio.
Potrebbe essere la stessa felice sorte di un'altra
opera dei depositi del Correr: un piccolo dipinto su
tavola, Madonna col Bambino Gesù, San Giovanni
Battista fanciullo e sei sante, già appartenuto alla
favolosa collezione nel 1830 lasciata alla Città da
Teodoro Correr; gesto all'origine degli stessi
odierni Musei Civici.
Il piccolo dipinto su tavola necessitava di un
puntuale e importante restauro, dato che il tempo e
le successive ridipinture ne impedivano infatti la
piena leggibilità e valutazione. Questo finché
l'attuale conservatore del Museo non è riuscito a
cogliere chiari segni di qualità pittoriche e
compositive straordinariamente alte. Così, ne è
iniziato lo studio, anche con sofisticate
tecnologie, e il restauro. Grazie al prezioso
sostegno della Fondazione G. E. Ghirardi, che ha
“scommesso” sull’opera finanziando il restauro, sta
oggi emergendo quello che potrebbe essere un vero
tesoro nascosto. Il dato subito emerso è che
l’opera, di raffinatissima qualità esecutiva – con i
finissimi chiaroscuri accentati con oro zecchino,
come nelle più preziose miniature - mostra forte e
chiara l'impronta stilistica di uno dei massimi
pittori italiani del Rinascimento: Andrea Mantegna.
Soprattutto, la stessa singolare scena sacra tutta
“al femminile” è pressoché identica a quella di un
dipinto oggi conservato nell’Isabella Stewart
Gardner Museum di Boston (USA), attribuito al grande
pittore e già nelle celebri collezioni mantovane dei
Gonzaga, eseguito su loro prestigiosa committenza
negli anni finali del Quattrocento.
I conservatori veneziani hanno già avanzato le prime
ipotesi sulla base delle indagini radiografiche e
riflettografiche: il disegno rilevabile sotto al
colore delinea un tracciato coincidente con il
dipinto di Boston, specie in alcuni precisissimi
punti. Entrambi i dipinti sembrano dunque essere
stati realizzati a partire dallo stesso cartone,
forato per trasferire a spolvero i punti guida del
disegno sulle due tavole. È conseguente ritenere che
le due opere siano state realizzate dal medesimo
atelier, a breve distanza di tempo se non in
contemporanea; l'artista avrebbe dunque creato due
dipinti quasi del tutto identici, solo con qualche
piccola ma significativa variante di dettaglio e
colore.
Altro dato essenziale emerso da analisi e restauro -
ad aumentare ulteriormente mistero e fascino del
dipinto riscoperto - è che si tratta di un'opera
incompiuta; ossia, dopo un accuratissimo processo
creativo, certo lungo e faticoso, per una incognita
ragione il pittore ha abbandonato l'opera ad un
passo dal termine.
Ma i misteri non finiscono qui: le domande aperte
sono chi ne fu il committente o, più verosimilmente,
"la" committente (forse una illustre dama Gonzaga),
per quale contingente motivo avrebbe richiesto due
dipinti uguali e per quali destinatari. E ancora:
quale viaggio ha fatto giungere in laguna il dipinto
ora ritrovato, quali e quanti passaggi per finire
nelle mani dell'insaziabile collezionista Teodoro
Correr tra Sette e Ottocento.
Oggi l'opera, quasi integralmente recuperata dal
restauro, è presentata in anteprima. Nei prossimi
mesi, nel corso del 2024, sarà al centro di varie
iniziative espositive, di studio e di
approfondimento, programmate in sinergia da
Fondazione Musei Civici e Fondazione Ghirardi, tra
Piazzola sul Brenta, la città natale di Mantegna, e
il Museo Correr di Venezia.
Offerto nuovamente il piccolo dipinto
all'ammirazione del pubblico e all'attenzione degli
studiosi, questi ultimi potranno tentare di
scalfirne gli affascinanti “segreti” sopra
accennati, nonché indagare la reale natura e misura
della forte, personalissima “impronta” che in esso
ha lasciato il grande Mantegna. Dunque, stabilire
“come” e “quanto” esso sia opera sua: l'ideazione e
il disegno, o addirittura anche l'esecuzione “di sua
mano”?
"È una grande notizia per Venezia e per la storia
dell’arte italiana. Voglio ringraziare tutto il
personale della Fondazione che si è impegnato per
questo incredibile ritrovamento, di cui attendiamo
con fiducia la conferma. Voglio sottolineare quanto
sia prezioso, instancabile e unico il lavoro dei
Conservatori di Fondazione Musei Civici che, ogni
giorno, si prendono cura dell’immenso patrimonio del
Comune di Venezia. Come Amministrazione, abbiamo
l’onore di aver ricevuto, e continuiamo a ricevere,
da persone generose che amano la nostra Città e
animate da straordinaria passione civica e civile,
opere che il Comune continua a far conoscere,
valorizzare e arricchire." - Luigi Brugnaro, Sindaco di
Venezia
"Questa storia incredibile inizia quando un nostro
conservatore del museo nel prevedere un intervento
di restauro ha colto dalla poco leggibile superficie
della tavola dipinta alcuni indizi che potevano
celare un’opera dal grande valore artistico. Una
storia il cui lieto fine potrebbe restituire alla
città un prezioso dipinto. Sono emozionata e
orgogliosa di questa scoperta. Ringrazio la
Fondazione Ghirardi che con noi ha accettato la
scommessa di restaurare l’opera riportando alla luce
uno dei tanti tesori nascosti nei nostri depositi."
- Mariacristina Gribaudi, Presidente Fondazione Musei
Civici di Venezia
"La Fondazione Ghirardi - Villa Contarini di Piazzola
sul Brenta è ben lieta di essere stata coinvolta in
questa iniziativa, che vede il recupero di un'opera
di probabile attribuzione ad Andrea Mantegna,
illustre cittadino di Piazzola. Nell'ambito delle
attività di promozione culturale, nei vari campi del
sapere in particolare dell'arte, della musica e
delle scienze mediche, la Fondazione si distingue
per l'attenzione che ha sempre dato alla
valorizzazione del proprio territorio.
Non si deve dimenticare che Piazzola sul Brenta e
Villa Contarini sono centri importanti della vita
culturale della Repubblica di Venezia, fin da quando
la Villa venne valorizzata dal Doge Contarini ed
utilizzata, non solo per la promozione di iniziative
musicali, ma anche quale centro importante di
incontri a livello diplomatico internazionale. La
partecipazione all'iniziativa promossa dai Musei
Civici Veneziani è, pertanto, pienamente nella linea
della sua tradizione che ci auguriamo possa a lungo
proseguire anche per la valorizzazione del suo
territorio in sintonia con le Istituzioni veneziane."
-
Giorgio Orsoni, Presidente Fondazione G.E.
Ghirardi Onlus Dipinto a tempera, olio e oro su tavola (cm
38x44,5); 1490 - 1495 ca. Andrea Mantegna (Isola di Carturo - oggi Isola
Mantegna 1431 – Mantova, 13 settembre 1506); nativo di un piccolo villaggio
dell'alto Padovano, sulla riva occidentale del Brenta, è stato pittore, incisore
e miniaturista. Formatosi a Padova, sposò Nicolosia, sorella di Giovanni
Bellini. Stabilitosi nel 1460 a Mantova, fu il grande artista di corte dei
Gonzaga. Primo “classicista” della pittura, per tutta la seconda metà del
Quattrocento fu l'indiscusso capo-scuola dell'arte rinascimentale nel nord
Italia.
Contatti per la stampa
Fondazione Musei Civici di Venezia
press@fmcvenezia.it
www.visitmuve.it/it/ufficio-stampa
In collaborazione con
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
roberta@studioesseci.net
simone@studioesseci.net
Il dipinto rappresenta il tema della Sacra Conversazione: la Madonna e il
bambino Gesù in muto dialogo spirituale con San Giovanni Battista fanciullo e
sei sante. Dal punto di vista strettamente iconografico, il soggetto sembra
legarsi al tema figurativo fiammingo della Virgo inter virgines, vivo
soprattutto nelle corti di Francia e Borgogna del secolo XV. Le figure - tutte e
solo donne, ad eccezione dei due fanciulli - sono disposte a semicerchio, alcune
sedute, altre inginocchiate su di un chiaro terreno, al limitare di un
retrostante prato e con un profondo paesaggio aperto alle loro spalle. Una
scoscesa quinta rocciosa bruno-scura è sulla sinistra, mentre al centro e verso
destra serpeggia un largo fiume, oltre al quale più lontane e chiare quinte
montuose fiancheggiano un dosso collinare punteggiato di piccoli alberi
frondosi, sopra al quale si apre l'unico limitato spazio di cielo. Minuscole
figure popolano il paesaggio: sulla cima del rilievo roccioso a sinistra si
scorge San Girolamo eremita penitente con il leone; il fiume è guadato da San
Cristoforo col piccolo Gesù sulle spalle; sulla opposta riva del fiume San
Giorgio a cavallo combatte il drago; non lontane, pure sulla riva, vi sono
minuscole figurine di uomini.
Delle sei sante, formanti l’insolito sacro gineceo, sono identificabili solo
Elisabetta, anziana e ammantata e Maria Maddalena, coi lunghi capelli biondi, le
prime a sinistra della Madonna. Esse, come la ignota santa a destra della
Vergine, portano i panni all’antica della secolare tradizione figurativa
cristiana. Invece, le altre tre ignote figure, una all’estrema destra, altre due
verso il margine sinistro, vestono in ricchi ed elaborati abiti contemporanei e
sfoggiano ricercate acconciature, secondo la moda delle corti italiane databile
precisamente intorno al 1490. Possono esse alludere a “ritratti” di gentildonne
realmente esistite, poste a impersonare sante o beate col loro stesso nome?
Potrebbe tra esse celarsi la celebre Isabella d'Este, giunta a Mantova giovane
sposa del marchese Francesco Gonzaga proprio nel 1490? Domande affascinanti, per
il momento senza risposta certa.