Giuseppe Ferretti - Forsennare il materico


Mostra retrospettiva di Giuseppe Ferretti a cura di Fabrizio Migliorati dal 10 febbraio al 7 aprile 2024 presso il Museo Lechi in Montichiari (Brescia).

Giuseppe Ferretti - Forsennare il materico

10 febbraio - 7 aprile 2024


Comunicato stampa

A poco più di un anno dalla scomparsa, il Museo Lechi omaggia la figura di Giuseppe Ferretti con una mostra retrospettiva che ne ripercorre i quarant’anni di ininterrotta attività artistica. Dal 10 febbraio al 7 aprile, le sale del museo monteclarense evocheranno, attraverso una quarantina di dipinti, il multiforme e radicale percorso di un artista discreto, autore di una ricerca affascinante costantemente attraversata dall’interrogazione del rapporto tra autore e opera.

Nato nel 1941 a Montichiari, Ferretti si forma all’arte negli anni Settanta, misurandosi tanto con la pittura che con la scultura. Il suo autodidattismo, accompagnato in seguito da un intenso dialogo con l’amico Guido Tedoldi, è nutrito da un indefesso studio delle grandi figure della storia dell’arte, da Masaccio fino alla propria contemporaneità. Alla fine del decennio, dopo una prima fase formativa, Ferretti rompe gli indugi e inizia ad esporre le proprie creazioni, imponendosi rapidamente in numerosi premi e concorsi nazionali.

Gli esordi sono marcati da un linguaggio che mescola Realismo, Post-Impressionismo ed Espressionismo in grado di tradurre la propria realtà attraverso una sensibilità immediatamente comprensibile. Nel 1988 Ferretti incontra Richard Pagán, artista portoricano che lo introduce all’Informale: negli anni successivi questo linguaggio scatena la sua visione tormentata della materia. Se la figura tende progressivamente a scomparire nelle sue opere pittoriche, quello che emerge appare essere il corpo a corpo con il mezzo artistico. L’Espressionismo Astratto offre a Ferretti gli strumenti per un’interrogazione ineffabile con il segreto nascosto nell’epitelio superficiale: un materico che non si lascia cogliere o definire. La tela o la tavola divengono così contemporaneamente campo di battaglia e sindone di un’invisibilità sempre sul punto di rivelarsi. Le hautes pâtes di Fautrier, le bruciature di Burri, gli stracci di Tàpies, le aperture di Fontana si incontrano sulle sue opere alimentando l’interrogazione sulla condizione umana, sulla finitudine e sull’ecologia. L’artista ingaggia in questo modo una lotta a mani nude con il materico producendo opere sofferte in grado di custodire, malgrado tutto, una speranza.

La graduale diminuzione dell’entusiasmo espositivo che interviene all’inizio del nuovo millennio si giustifica con volontà di dedicarsi al grande ciclo degli Untitled, sinfonia misteriosa e coerente, che occupa interamente la seconda parte della mostra. In dodici anni Ferretti esplora un universo dominato dal bianco e popolato da forme biologiche, scritture asemiche, brecce enigmatiche, convocando occasionalmente giardini edenici non convenzionali: frammenti di un intestardirsi inquieto.

L’opera ultima tenta una ricapitolazione del suo polimorfo percorso, congiurando la fine con un autocitazionismo commovente, interrotto solamente dalla scomparsa dell’artista, avvenuta nell’agosto del 2022.

Profondamente legato alla sua terra e conscio dell’importanza del collettivo, Ferretti fu all’origine di numerosi incontri e sodalizi culturali, il più importante dei quali fu senza dubbio “Il Cenacolo degli Artisti” che per diversi anni coltivò il legame tra ricerca e convivialità nel cuore del borgo antico di Montichiari, a due passi dal Museo che oggi lo celebra.

Giuseppe Ferretti - Forsennare il materico
Dal 10 febbraio al 7 aprile 2024
Museo Lechi
corso Martiri della Libertà, 33 - Montichiari (Brescia)

orari di apertura
mercoledì-sabato 10-13 e 14.30-18
domenica 15-19
(chiuso domenica 31 marzo)

info:
tel. 030 9650455
info@montichiarimusei.it
www.montichiarimusei.it

Il Museo Lechi nasce nel 2012 per ospitare le collezioni donate nel 2005 al Comune di Montichiari dai conti Luigi e Piero Lechi. La raccolta è composta da 365 numeri inventariali tra dipinti, disegni, stampe e porcellane. La provenienza antica delle opere da quadrerie di nobili famiglie bresciane come i Lechi, gli Avogadro, i Fenaroli, i Martinengo, i Valotti, permette un ampio sguardo sulla storia del collezionismo lombardo tra Sette e Ottocento. Il percorso permanente è allestito al primo piano di Palazzo De Tabaris con una selezione di circa cinquanta dipinti distribuiti in 13 sale secondo un ordinamento cronologico e tematico che va dal Quattro all’Ottocento. Ogni opera è accompagnata da un pannello descrittivo con informazioni aggiuntive e approfondimenti. Tra gli autori più significativi si distinguono alcuni maestri della pittura lombarda, veneta e romana come Alessandro Bonvicino detto il Moretto, Giulio Campi, Giulio Cesare Procaccini, Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio, Giovanni Battista Pittoni, Alessandro Magnasco, Pietro Bellotti, Luigi Basiletti, mentre un’intera sala è dedicata a un gruppo di importanti opere di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, tra le quali spicca La donna che fa la calza considerato uno dei suoi capolavori pauperistici. Nel salone dedicato alle conferenze è infine allestito un deposito visitabile su richiesta, con circa 40 dipinti disposti a quadreria.