Il nuovo Museo Franca Ghitti, il
cui nucleo iniziale avrà sede in un’area dell’ex
convento da poco ristrutturata grazie ad un cospicuo
contributo regionale a valere su fondi dei Piani
Integrati della Cultura (Pic), nasce dalla volontà del
Comune di Darfo Boario Terme, della Fondazione “Archivio
Franca Ghitti” presieduta dalla professoressa Maria
Luisa Ardizzone, New York University, dalla
Comunità
Montana e dal Consorzio Comuni BIM di Valle Camonica.
Comunicato stampa
Nel “Conventone”, edificio settecentesco di Darfo
Boario Terme, dal 23 settembre apre al pubblico
l’atteso, nuovo Museo interamente dedicato a Franca
Ghitti (Erbanno 1932 – Brescia 2012), l’artista che
ha trasmesso al mondo, interpretandolo in modo del
tutto originale, il linguaggio ereditato dai segni,
graffiti, tradizioni della sua Val Camonica,
Patrimonio Unesco.
Il nuovo Museo Franca Ghitti, il cui nucleo iniziale
avrà sede in un’area dell’ex convento da poco
ristrutturata grazie ad un cospicuo contributo
regionale a valere su fondi dei Piani Integrati
della Cultura (Pic), nasce dalla volontà del Comune
di Darfo Boario Terme, della Fondazione “Archivio
Franca Ghitti” presieduta dalla professoressa Maria
Luisa Ardizzone, New York University, dalla Comunità
Montana e dal Consorzio Comuni BIM di Valle
Camonica.
Il Museo Franca Ghitti, al di là dell’esposizione di
un nucleo fondamentale di lavori dell’artista, si
propone di approfondirne e valorizzarne l’opera e
sarà dunque anche un centro studi dove verrà
conservato l’Archivio di Franca Ghitti, contenente
scritti vari e gli inediti “Taccuini” dell’Artista e
la sua biblioteca privata.
Con questo obiettivo, in concomitanza con l’apertura
dei nuovi spazi museali, il 23 e 24 settembre viene
organizzata una doppia giornata di studi a cura di
Elena Pontiggia e Fausto Lorenzi, cui parteciperanno
importanti critici e studiosi tra cui Ara Merjian,
storico dell’arte, New York University; William
Klien, storico dell’arte, New York University;
Micol
Forti, direttrice della Collezione d’Arte
Contemporanea dei Musei Vaticani; il filosofo e
scrittore Alessandro Carrera, University of Houston;
Marco Meneguzzo, storico dell’arte, Accademia di
Brera; Elena Pontiggia, storica dell’arte,
Politecnico di Milano, autrice della più completa
monografia su Franca Ghitti; Cecilia De Carli,
storica dell’arte, Università Cattolica, Milano, e
Arianna Baldoni, curatrice del catalogo generale
dell’artista.
“Ad essere inaugurata il 23 settembre è una
importante “anteprima” di quello che andrà
configurandosi come il completo Museo Franca Ghitti,
anticipa Maria Luisa Ardizzone. Un’ampia anteprima
che, via via, sarà implementata ma che già saprà
fornire al visitatore un’idea precisa di tutta la
variegata produzione dell’artista. Si inizia con
un’antologia delle Vicinie, che entusiasmarono
Giulio Carlo Argan, autore nel 1980 di un
fondamentale saggio su Franca Ghitti. Il ciclo delle
Vicinie (“scatole magiche”, composte da una
struttura geometrica di legno in cui abitano figure
evocative e simboliche) si ispira alle comunità
contadine della Val Camonica e di altre parti
d’Italia, di cui parla anche Dante, che dall’epoca
delle invasioni barbariche all’epoca napoleonica
erano legate da vincoli di solidarietà.
Le Vicinie nascono dai ricordi d’infanzia
dell’artista, cioè la grande segheria paterna, la
memoria delle madie e delle santelle – le edicole
sacre – che vedeva nelle case, nei paesi e nei
sentieri della Val Camonica, e interpretano quelle
memorie riallacciandosi all’idea, preannunciata già
dalle prime avanguardie, di una scultura che ospita
lo spazio e che inserisce figure e forme in una
sorta di scatola, in modo che il vuoto diventi parte
integrante dell’opera.
Ci saranno poi esempi di tutto il percorso
dell’artista: i Tondi, strutture circolari ispirate
agli esiti della scultura-pittura geometrica
contemporanea, ma anche alla forma dei fondi di
botti e barili che l’artista vedeva in Franciacorta;
i Boschi in ferro e in legno, le Mappe e le
Meridiane, i Libri chiusi, Memoria del ferro, tutti
cicli di opere in cui Ghitti evoca uno spazio-tempo
archetipo in forme libere, come deposito di segni,
sospeso tra installazione concettuale e reminiscenze
del passato tra cui il romanico lombardo. Nelle
Meridiane, in particolare, l’artista dispone per
terra in ampi cerchi concentrici una serie di sfridi,
cioè di scarti del metallo, che ama recuperare nelle
sue opere. Sono orologi solari che non stanno sulla
parete ma sul terreno.
Non mancheranno Alberi-Libro, cioè sculture
verticali in legno lavorate con liste, tacche e
intagli ritmici (il liber ricavato sotto la
corteccia si fa custodia del sapere della comunità)
che confluiranno nel Bosco, parete di elementi
modulari che scandisce il tempo della storia e delle
provviste, ma anche il recinto attorno a cui
camminare e in cui aggirarsi per interrogare come in
un archivio domestico le forme dell’esistenza e
della comunità degli uomini. Ai piedi del Bosco il
Tondo delle offerte con una imbandigione di coppelle
o tazze di siviera che nelle antiche fucine
servivano per versare il metallo fuso nelle forme e
qui si caricano di un senso di sacralità. E ci sarà
un richiamo ai Cancelli d’Europa, stratificazione di
linee di tensione, assemblaggi di lame e sfridi in
ferro che evocano porte e pareti-soglia, sbarramenti
inquieti che fronteggiano e turbano lo spazio. I
temi sono quelli dei confini, dei transiti e degli
incroci, ma anche delle barriere, sui confini di
un’Europa di migrazioni, esili, integrazioni,
chiusure.
“Continuo a intervenire selezionando e
riorganizzando [gli scarti] in grandi cerchi di
terra nera, ricostruendo il loro luogo naturale e
cioè la fucina” dichiara Ghitti. E aggiunge: “Il mio
lavoro in scultura tenta di trasformare uno spazio
geometrico in uno spazio storico, reinventando il
‘luogo della scultura’ come deposito e archivio del
territorio.”
Ci saranno infine le Pagine chiodate, che l’artista
ha presentato per la prima volta alla OK Harris
Gallery di New York, diretta da Ivan Karp, già
direttore della galleria di Leo Castelli, il
leggendario mercante dei maestri della Pop Art. Sono
libri composti da fogli trafitti da una lunga
sequenza di chiodi, che mescolano gli elementi delle
antiche Crocifissioni con la creazione di moderni
libri di artista. “Un libro di chiodi/una porta
chiodata/ e al di là/ ciò che vorremmo essere,/ciò
che non siamo in grado di essere” scrive il poeta
Sandro Boccardi in una poesia dedicata a Franca.
Altri Alfabeti è il titolo che Ghitti inventa negli
ultimi anni della sua vita per definire l’universo
cui ha dato forma attingendo a una sua tensione
visionaria e fondendo istinto e calcolo, rigore
geometrico-matematico e ispirazione, senso della
materia e dei luoghi, della storia.
“Nel nuovo Museo – anticipa Elena Pontiggia –
le
opere dell’artista saranno accorpate, all’interno
del percorso cronologico, secondo nuclei tematici,
per dar conto il più possibile della vicenda
espressiva di un’artista che non si è mai ripetuta
ma ha sempre inventato soggetti nuovi, con
inesauribile forza creativa”.
“L’obiettivo che il Comune di Darfo Boario Terme e
la Fondazione “Archivio Franca Ghitti” si propongono
– afferma il Sindaco di Darfo Boario Terme, Dario
Colossi – è di giungere al completamento del
percorso museale entro il 2025. Sarà un museo vivo,
che offrirà momenti di incontro, di riflessione, con
l’intervento di artisti, scrittori, intellettuali,
chiamati a parlare anche di arte contemporanea e
delle questioni più rilevanti del momento.”
Per la direzione del museo, da parte del Comune di
Darfo Boario Terme, è prevista l’individuazione di
una figura qualificata che dia rilievo
internazionale allo stesso, come internazionale è
stata l’arte di Franca Ghitti, che si è sempre
ispirata alla sua Val Camonica, ma al tempo stesso
all’Africa (dove ha vissuto e lavorato due anni), a
New York (dove ha esposto più volte), all’Europa di
Kokoschka (con cui ha studiato a Salisburgo) e di
Brancusi.
Info: www.fondazionearchiviofrancaghitti.com
Franca Ghitti nasce a Erbanno, in Val Camonica, nel 1932. Suo padre
possedeva una grande segheria e le ore trascorse da bambina a contatto
col legno segnano profondamente la sua sensibilità. Franca studia con
Gino Moro all’Accademia di Brera, poi all’Académie de la Grande
Chaumière a Parigi e al corso di incisioni di Kokoschka a Salisburgo.
Il nuovo Museo Franca Ghitti, che aprirà i battenti a Darfo-Boario Terme
il 22 settembre, trova sede in un luogo simbolo di Darfo, l’antico
complesso conventuale di Santa Maria della Visitazione.
La visita al nuovo Museo Franca Ghitti, il cui primo, notevole nucleo si
può ammirare all’ex Monastero di Santa Maria della Visitazione, nel
cuore storico di Darfo Boario Terme, offre il punto di partenza ideale
per allargarsi alla scoperta del vasto Museo Diffuso di opere
dell’artista camuna che connotano il territorio.
Ufficio Stampa
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
Tel. 049663499
Referente Simone Raddi: simone@studioesseci.net
Nel 1963 è tra i fondatori del Centro Camuno di Studi Preistorici e le
incisioni rupestri le ispirano le prime Mappe, tavole di legno con reti
metalliche e chiodi. Realizza anche le prime Vicinie, Rogazioni,
Litanie, con legni usurati e avanzi di segheria che evocano il mondo
arcaico della sua terra. Nel 1966-67 realizza il grande affresco
Racconti della Valle nel Palazzo del Comune di Breno, con “mappe” di
campi, recinti e ovili.
Dal 1969 al 1971 lavora in Kenya. Vive a Nairobi, dove realizza le
vetrate della Chiesa degli Italiani, a Wamba e Loiengalani sul Lago
Turkana. I contatti con i costumi tribali e i luoghi non ancora
turistizzati arricchiscono la sua opera di “altri alfabeti”, come li
chiamera’.
Rientrata in Italia, conosce attraverso il poeta Lento Goffi, l’editore
Vanni Scheiwiller. Con Vanni e Silvano Scheiwiller, Maria Luisa
Ardizzone e Mary de Rachewiltz, figlia di Ezra Pound, stringe un lungo
sodalizio. Nel 1977 abbandona l’insegnamento per collaborare col Museo
delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma, su incarico del ministero dei
Beni Culturali, e nel 1978 avvia una collana sull’arte popolare della
Val Camonica, pubblicando La valle dei magli, La farina e i giorni e
Memoria del ferro,tutti con l’editore Scheiwiller. Nel 1979 realizza
Ghitti-Gates, una scultura-cancello per il Museo Agricolo del castello
di Brunnenburg in Alto Adige, già dimora di Pound. Si interessa anche
all’architettura sia rustica che razionalista, a cui si ispira in grandi
installazioni ambientali in Labrador, 1980; a Pantelleria, 1983; a
Guatemala City, 1996.
Intanto espone in Italia (Milano 1984; Roma 1988); in Europa, ad
Heidelberg, Monaco, Vienna, Budapest, Bilbao, San Pietroburgo,
Transilvania (Omaggio a Brancusi, 1993); in America, a Rochester,
Houston, New York.Del suo lavoro scrivono Elda Fezzi, Marchiori, Argan,
Carluccio, Crispolti, De Micheli, Rossana Bossaglia e molti altri.
Franca Ghitti scompare a Brescia nel 2012. Nel 2013 nasce la Fondazione
“Archivio Franca Ghitti”, nel 2016 esce la sua prima monografia, a cura
di Elena Pontiggia (Skira). Le sue opere sono presenti in vari musei,
tra cui i Musei Vaticani e la GNAM di Roma.
La sua scultura è un originale dialogo fra la tradizione della Val
Camonica, le civiltà extraeuropee e i linguaggi dell’arte contemporanea.
Non cerca il volume, il modellato, la massa, ma la superficie, la
tavola, la pagina. E, alla fine, la sua Valle diventa il mondo. Come ha
detto lei stessa: “Non ho mai avuto un’idea romantica dell’arte come
emozione, sensazione, cosa privata, ma ho sempre cercato una sorta di
documentazione, informazione, archiviazione. Non ho cercato la mia voce,
ma tutte le voci, soprattutto le voci che nessuno ascoltava: le voci
della Valle, che è un frammento della valle del mondo”.
Accanto alla elegante chiesa, si estende quella che per alcuni secoli è
stata una cittadella della fede e dell’educazione.
Una testimonianza di epoca settecentesca ci descrive un convento
“caratterizzato da quattrocento ambienti, magnifici corridoi dalle
leggere e svelte arcate. In mezzo a quella mole quadrata vi era un
giardino con fontana di acqua perenne. Adiacente al fabbricato si
distendeva per sei”
Un luogo davvero speciale per la sua collocazione sul territorio.
L’architetto che, per ordine del Cardinale Angelo Maria Querini,
patrizio veneto e Vescovo di Brescia, percorse la valle per individuare
la ideale collocazione per il nuovo complesso sacro, venne affiancato da
un medico, con l’incarico di verificare la salubrità e, diremmo oggi,
“l’energia”, del luogo.
Il convento era destinato ad accogliere le Suore Visitandine, membre
della congregazione della Beata Vergine Madre di Dio della Visitazione,
nata ad Annecy nel 1610, dalla nobildonna Giovanna Francesca Frémyot,
ispirata a San Francesco di Sales, sua guida spirituale.
Le suore dell’Ordine furono inizialmente impegnate, oltre che nella
preghiera, nella visita e nell’assistenza dei malati, orientandosi poi
verso la clausura.
I lavori di costruzione del nuovo complesso conventuale furono
abbastanza celeri. Iniziati nel 1721,risultano già completati nel 1729.
“…Quì dunque destinato dal ciel un tal santuario ed esaminata e
approvata la canonica idoneità del luogo e del sito per una tal
fondazione, altro non si volle, se non affrettare senza risparmio
l’allestimento della fabbrica”, chiosa una testimonianza d’epoca.
In pochi anni il numero delle religiose residenti raggiunse la trentina,
per lo più espressione della piccola nobiltà del territorio. Nel
convento erano ospitate poi le educande, fanciulle della nobiltà e
borghesia locali.
Il nuovo ordine napoleonico portò alla soppressione, nel 1797,del
convento mentre la chiesa passò alla parrocchia. Nel 1810, il complesso
conventuale venne trasferito al Pubblico Demanio ele ultime suore
vennero disperse. Messo sul mercato,l’ex convento passò poi in mano
privata.
Nel 1834 il fabbricato fu acquistato da una nuova istituzione religiosa,
quella delle suore del Sacro Cuore. L’Istituto del Sacro Cuore,che qui
venne attivato,comprendeva il noviziato, l’asilo, le scuole comunali e
professionali, oltre al convitto, la ricreazione festiva per la
popolazione ed il ricovero per le suore anziane. L’edificio si distinse
come importante centro religioso ed educativo a servizio dell’intera
Valle Camonica.
In questa fase, la chiesa ritornò al convento e nel 1895, dedicata al
Sacro Cuore, venne restaurata e decorata da Carlo Cavallotti di Milano,
con l’aggiunta di statue scolpite dal Passatori di Brescia.
Nel 1970 le religiose lasciarono il complesso; nel 1974 subentrarono le
Clarisse di Lovere che vi restarono sino al 1976.
Quando anche queste se ne allontanarono, per il convento iniziò una fase
di tragica devastazione con la dispersione dei suoi beni più preziosi.
Nel maggio del 1976, il Comune di Darfo Boario Terme decise
l’acquisizione del complesso con l’obiettivo di farne sede di sede di
istituzioni culturali e sociali.
Prima che il Comune potesse metterci mano, l’edificio venne occupato da
giovani contestatori che ne fecero bivacco e dispersero suppellettili e
arredi, compresi quelli della chiesa
Nell’aprile del 1980, il Comune di Darfo, in accordo con la
Sovrintendenza, decise di intervenire per cercare di porre rimedio alla
devastazione. Le prime cure furono riservate alla chiesa. Significativo,
tra 1980 e 1981, l’intervento di restauro degli affreschi, ad opera
della scuola dell’Enaip di Botticino.
Poi gradualmente l’attenzione si è estesa all’ex complesso conventuale,
destinato a sede scolastica.
Adesso la nuova destinazione quale sede del Museo Franca Ghitti.
Info: www.fondazionearchiviofrancaghitti.com
Ufficio Stampa:
Studio ESSSECI di Sergio Campagnolo tel. 049.663499 simone@studioesseci.net
ref. Simone Raddi e Luca Masserdotti
L’itinerario “Franca Ghitti. Opere pubbliche”, segnalato da un preciso
depliant informativo, conduce alla scoperta delle molte, e molto
rilevanti, opere di committenza pubblica dell’artista che connotano la
media-alta Val Camonica sino al suo scendere verso il Lago di Iseo.
Terre bellissime, struggentemente intense nella loro parte alta, che si
vanno via via addolcendo nell’avvicinarsi al Lago.
E’ a questa antica, essenziale, terra, alle sue tradizioni e
lavorazioni, alle incisioni che generazioni e generazioni di uomini
hanno depositato sulle rocce levigate da remoti ghiacciai,che Franca
Ghitti si è ispirata, meglio connessa, nel dare forma alle sue visioni.
Le opere, in legno, ferro, pietra, vetro, riconducono a valori, storie,
chiusure e sguardi di queste comunità, danno forma a fatiche e
ritualità, voce al sotterraneo perdurare di un patrimonio comune. Ghitti,
in simbiosi con una storia più volte millenaria, la rivive con linguaggi
e sensibilità dell’oggi. È un processo potentemente alchemico,
simbolico, quello che l’artista officia nel trasformare remoti segni,
materiali eterni, storie impastate di rocce, acqua e cielo, in opere
magnifiche, capaci di risuonare nel profondo dell’uomo di ogni tempo.
Il percorso di visita alle opere pubbliche di Franca Ghitti inizia
dall’alto Lago di Iseo, con il monumento a “I 13 martiri” partigiani
innalzato sulle sponde di Lovere. Sempre sul lungolago, ma a di Pisogne,
il “Tempo del ferro”, a ricordare una lavorazione che qui aveva uno dei
suoi epicentri. A Costa Volpino, una”Installazione” anch’essa collegata
alla medesima attività industriale, e nella chiesa di Sant’Antonio
Abate, le vetrate della Ghitti ad illustrare la Genesi, l’Apocalisse e
le Beatitudini. A Gianico, una sua installazione, nella piazzetta del
paese, richiama “I testimoni di Gianico”,ovvero le famiglie fondanti la
comunità i cui eredi hanno voluto partecipare nella realizzazione
dell’opera. Nel borgo altre opere dell’artista: “LaVicinia di Gianico”,
“Il tondo della legna” e il “Tavolo delle offerte”. Tutte ispirate alla
tradizione comunitaria.
All’Hotel San Martino, a Darfo Boario Terme,si ammirano diverse opere
della Ghitti, tra le quali un magico “Tondo” in legno rivestito di
ferro. Nella Cappella della Caritas, conosciuta come Cappella Ghitti, le
vetrate e gli arredi liturgici sono opera dell’artista. Al cimitero di
Erbanno, da non perdere i “Tre alberi” collocati nell’antica cappella di
San Martino. Nella parrocchiale di San Rocco, Ghittiè intervenuta sul
campanile trasformando in opere d’arte il cancello e la finestrella.
Ancora a Darfo Boario Terme, in S. Maria del Restello, si possono
ammirare una “Pietà” e le “Storie di Gesù”.
A Civitate Camuno, l’ “Albero croce” ricorda, nella piazza loro
intitolata, Falcone e Borsellino. Opera potente e fragile, al contempo.
Nella Cappella Maggiore del Cimitero di Melegno, la monumentale “Veglia
dei morti”, vetratadi intensità medievale.
Breno vanta, come Darfo Boario, un ampio nucleo di opere di Franca
Ghitti, con la “Vicinia”, in Sala Giunta della Comunità montana, “Il
Cancello della Vicinia”, opere che richiamano la solidarietà
comunitaria, l’ “Albero fiorito” in Municipio e altre due opere al CaMus,
il Museo della Valle Camonica: il grandioso affresco dei primissimi anni
60 intitolato “Racconti della Valle” e un pannello del ciclo “Memoria
del Ferro”.
Il tema della porta, ambivalente simbolo di chiusura a di transito,
torna a Nadro di Ceto e a Cerveno.
Impossibile percorrere questo Itinerario restando indifferenti. Nelle
sue opere Franca Ghitti sa trasmettere il perdurare nell’attualità di
linfe che hanno tenuto insieme, nella quotidiana difficoltà, queste
comunità di montagna. Riuscendo a farne percepire la forza anche a chi,
quassù viene “solo” per una vacanza.
Info: https://www.turismovallecamonica.it/it/content/franca-ghitti-opere-pubbliche-valle-camonica
www.fondazionearchiviofrancaghitti.com
Ufficio Stampa:
Studio ESSSECI di Sergio Campagnolo tel. 049.663499 simone@studioesseci.net
ref. Simone Raddi e Luca Masserdotti