Del colore, anzitutto - Opere di Elena Frazzetto e Francesco Grasso


Bipersonale di Elena Frazzetto e Francesco Grasso dal 25 maggio al 6 giugno 2024 presso la Galleria 'Arianna Sartori' con la presentazione di Corrado Peligra, a cura di Arianna Sartori.

Del colore, anzitutto - Opere di Elena Frazzetto e Francesco Grasso

dal 25 maggio al 6 giugno 2024

 


Alla Galleria Arianna Sartori di Mantova (via Cappello, 17) ritornano gli Artisti Elena Frazzetto e Francesco Grasso con la nuova mostra “Del colore, anzitutto” dove lo scorso anno avevano presentato la mostra “Fantastiche visioni cromatiche” che aveva suscitato interesse da parte del pubblico e della critica.
La mostra sarà inaugurata Sabato 25 maggio alle ore 18.00 alla presenza degli Artisti.
L’esposizione, presentata da Corrado Peligra e curata da Arianna Sartori, sarà aperta al pubblico fino al 6 giugno 2024 con orario: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 e 15.30-19.30, chiuso Domenica e Festivi, per informazioni: tel. 0376.324260, info@ariannasartori.eu

ARIANNA SARTORI
ARTE & OBJECT DESIGN
MANTOVA - Via Cappello, 17 - Tel. 0376.324260 - info@ariannasartori.eu

Elena Frazzetto - Francesco Grasso
Del colore, anzitutto

Luogo: Galleria "Arianna Sartori"
Indirizzo: Mantova - Via Cappello, 17
Artisti: Elena Frazzetto e Francesco Grasso
Titolo mostra “Del colore, Anzitutto”
Mostra a cura di: Arianna Sartori
Testi di: Corrado Peligra

Inaugurazione: Sabato 25 maggio, ore 18.00 alla presenza degli Artisti
con presentazione di Corrado Peligra

Date: dal 25 maggio al 6 giugno 2024
Orario di apertura: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30,
chiuso Domenica e Festivi.

Informazioni: Tel. 0376.324260 – info@ariannasartori.eu

In campo artistico con sperimentazione si intende una ricerca di radicali mutazioni soprattutto formali, raramente una ricerca sì di nuove tematiche e forme, ma misurata solo sul lavoro proprio dell’artista, non necessariamente legato a interventi di assoluta innovazione. È invece quest’ultimo il caso di Elena Frazzetto: la ricerca del nuovo, nel suo caso, è da intendere in senso prettamente personale, in un percorso piuttosto solitario e libero che, beninteso, non esclude per nulla confronti con correnti e posizioni dell’arte contemporanea.
L’artista si lascia alle spalle una produzione di tecniche miste ove l’acrilico su tela sottosta a carte, tessuti, altri materiali poveri, traspare da esso o vi si mescola, con effetti che possono far pensare a posizioni varie del contemporaneo quali, per esempio, Carla Accardi o Mimmo Rotella, ma del tutto reinterpretate da visioni originali di tecniche e modelli. In maniera un po’ spiazzante Elena Frazzetto ritorna invece adesso al quadro ‘tradizionale’: fiori, paesaggi e ritratti in acrilici su tela. Ma bisogna intendersi su questo ritorno.
Non ci ingannino i soggetti ‘desueti’: difficile dire se è stato un interesse vero dell’artista verso queste tematiche, o se esse siano state vere occasioni di ulteriori esperienze pittoriche. Sta di fatto che Elena Frazzetto su piante paesaggi e soprattutto ritratti trasferisce quelle evidenze di luce e colore che, sia pure con variazioni in qualche modo imposte appunto dalla sua idea di sperimentazione, hanno costituito i valori fondamentali della sua opera. Il colore è tutto: ascendenti segnici tratti per straordinaria simultaneità da varie risorse espressionistiche delegano al colore i valori luministici, quelli prospettici e grafici e, in ultima analisi la costruzione stessa delle immagini.
Si veda La modella, acrilico su tela del 2024. Qui le differenze cromatiche sfuggono volutamente a ogni senso di ripartizione e, a parte il flebile (e in qualche modo obbligato) stacco della figura dal fondo, sono immerse nella fluidità della luce e di uno spazio aprospettico, dove distanze e profondità assumono un valore prettamente pittorico ed evadono con forza da impulsi impressionistici e da referenti di superficie e verosimiglianti. È qui la coscienza dell’artista a rifondare la realtà come flusso di luce che fonde e valorizza i colori, investendo di espressioni altrimenti impossibili il soggetto e il suo spazio. Soggetto e sfondi finiscono così per perdersi in una distinzione solo suggerita, puramente occasionale e forse solo pretestuosa. La figura femminile è infatti ‘accolta’ in profondità sue, per essa esclusivamente inventate attraverso una sorta di magica sottrazione di aria e attraverso fusioni di colori che hanno trasgredito ogni definizione grafica, attraverso ‘prospettive’ che incrociano e scambiano distanze e profondità, espressione pressoché diretta dell’anima.
I colori della figura del resto ‘dialogano’ con quelli del suo spazio, fondano sì una differenza, ma tendono a fondersi in uno sguardo profondo della mente, che impone una sorta di anteriorità rispetto agli aggiustamenti retinici. Eppure la figura non si risolve in astrazioni coloristiche. La pensosità e l’abbandono del volto sostenuto dal braccio, la modellazione del corpo resa dalle variazioni di luce implicite nei passaggi di colore, la carnalità ora lieve ora pesante espressa da un cromatismo sfuggente ma non evasivo, l’accensione del rosso dello sfondo elegantemente attenuato dal giallo compongono il quadro di una sensualità dibattuta tra naturalezza e artificio, dell’essere qui della donna e, allo stesso tempo, dell’esserci stata posta, lì, davanti al pittore che la dipinge e, in ultima analisi, davanti a chi guarda.
Osservazioni, queste, che possono chiarire il senso di questa tappa del cammino artistico di Elena Frazzetto: non certamente una regressione (si intende rispetto alla sua trascorsa modernità); anzi, una entrata non travolgente ma decisa nelle risorse del modernismo espressionistico a trarre segni di una coscienza che si muove per eterogeneità e contrari e con le eterogeneità e i contrari delle forme e del senso della pittura vuole incontrarsi.
Del resto il ‘problema’ del rapporto tra arte e realtà visibile ancora resiste, si complica, diventa a tratti ineludibile a tratti effimero in una contemporaneità che stenta a esaurirsi e non trova novità. Tra le altezze di un allontanamento dalla realtà e gli abbassamenti (o i coinvolgimenti) verso di essa Elena Frazzetto rende implicita la sua posizione. Che non è quella di rappresentare pienamente la realtà visibile, e neppure di allontanarsene definitivamente, ma di escluderne da essa la superficie e l’eteronomia per trarne segni di una differenza estetica, segni di una autonomia dell’arte, riflessi di impulsi della coscienza della realtà.
Corrado Peligra

Muoversi teoricamente nell’opera di Francesco Grasso significa continuamente incontrarsi con un fitto mondo di cose ed eventi: treni improbabilmente colorati, decorati, bucati, destrutturati irregolarmente in superfici di favola, rotaie esplose in profondità tra sogno e topologia, e anche case e aquiloni dalle superfici nettamente scandite da colori piatti, alberi che si incrociano in prospettiva con stormi e piante, nuvole che catturano il rosso, persino una girandola, a muovere ulteriori girandole di rondini e piante. Presenze della vita quotidiana a comporre “diari”, come egli stesso ha intitolato alcune sue opere, a sottolineare l’obiettivo biografico e lirico della sua pittura.
Tuttavia su questo bisogna intendersi. Perché muoversi nell’opera di Francesco Grasso significa soprattutto incontrarsi con la dislocazione di tali cose e eventi nella profondità virtuale della superficie pittorica, e con le cadenze e le fusioni coloristiche, ora squillanti ma talvolta opache, che di tale dislocazione escludono un semplice valore grafico e/o geometrico e ne fanno un nuovo spazio pittorico, felicemente aperto tra le fatiche e le aporie del contemporaneo.
Ed è questo uno spazio certamente lirico, ma profondamente lirico, in cui le proprietà semplici del visibile (finite) rimandano a proprietà complesse dell’io (indefinite). In un certo senso c’entra Blanchot: il quadro (il libro-diario cui aspirano non poche opere di Grasso) è dato da un fermarsi a esso dell’autore, ma porta i segni di un viaggio continuo, inarrestabile: a questi si deve il tipico ‘incanto’ che le opere di Grasso producono su chi guarda. Forse c’entra pure la fisica: suddivisioni del quadro in quadretti, sorta di teche, “pacchetti”, sì, ma simboliche di un flusso.
Ma in fondo insistere sul valore simbolico di un’opera pittorica, sul suo generare senso rinviando ad altro del visibile, potrebbe essere “ovvio” e “ottuso”. Ma nel caso di Francesco Grasso occorre parlarne. Perché tra il visibile e le sue possibilità allusive si inserisce un terzo livello, un metalinguaggio che, in virtù soprattutto del colore, squillante e/o opaco che sia, carica il livello simbolico di una sorta di commento affettivo (tra ironia, gioco, nostalgia e quant’altro) nonché di una dilatazione o riduzione del senso dei segni.
Si veda, tra l’altro, Il trenino. La casa sull’albero, piccolo acrilico su tela del 2020, presente in questa mostra. Qui sono due gli scenari (ma forse bisognerebbe parlare di teche, data la profondità), con il più piccolo che si sovrappone, come per intervento successivo, all’altro. La sovrapposizione genera visibilmente la spezzatura dell’altro, e, sempre visibilmente, una sorta di nascondimento di una parte della scena ‘maggiore’.
Da un punto di vista simbolico si rileva facilmente, invece, la fusione delle due scene, sorta di metaforizzazione dove la simultaneità si impone su spazi diversi, in una cronotopia che niente ha a che fare con l’analisi cubista (o qualsiasi altro ‘sistema’) ma crea invece un livello favolistico.
Se pensiamo anche che i due scenari si arricchiscono di interpretazioni ‘liriche’ della luce, del colore (i colori esplodono ma entro i limiti grafici) e delle distanze (si vedano le profondità aprospettiche entro cui corre il trenino), si conferma il metalinguaggio di Francesco Grasso, contemporaneità di utilizzazione e commento (in questo caso gioioso e ludico, forse anche ironico) delle risorse pittoriche. In tale simultaneità emergono pure tensioni e contrasti, tanto grafici quanto coloristici. Ma sono mantenuti nei limiti di una leggerezza (Calvino) sempre lirica, che in alcuni casi può declinare dall’allegro verso la nostalgia, ma mai verso il dramma.
Perciò la pittura di Grasso non tende alla visionarietà, né è compatibile con le correnti storiche (metafisica, surrealismo, ecc.) che l’hanno celebrata. Perché le pur vistose interpretazioni fantasiose (degli oggetti e delle forme) escludono le rappresentazioni del sogno o della profondità mentale, e sono invece elementi e tappe della memoria e della biografia che non escludono oggettività ed esteriorità, anche quando sono investiti dai valori della fantasia.
È l’Io, comunque, che traccia la differenza, ma investendosi delle proprie esperienze di forma: investe della propria autonomia umana e artistica l’eteronomia necessaria a una comunicazione lineare e discretamente coinvolgente della vita e dell’altro. La forma, che in sé non ha finalità, cede sì alla ‘cronaca’, diviene significante della storia umana dell’artista; ma rimanendo sempre forma. Così cose paesaggi ed eventi, immersi come sono nella fluidità pittorica, finiscono col perdere la loro oggettualità, e il tempo perde la propria linearità di racconto, assumendo quella connotazione sincronica o paratattica che è tipica di tutta l’opera di Francesco Grasso, segno di una intimità che ha perso esteriori definizioni e, fattosi valore estetico, può essere trasmessa felicemente a chi guarda.
Corrado Peligra

Elena Frazzetto è nata a Catania nel 1957 dove vive e lavora.
Inizia i suoi studi artistici presso il Liceo Artistico Statale di Catania. Frequenta i Corsi di Pittura e di Scultura dell’Accademia di Belle Arti di Catania e consegue la laurea Specialistica di Decorazione. Dal 1986 al 2019 ha insegnato “Laboratorio di Decorazione Pittorica” e “Discipline Pittoriche” presso l’Istituto Statale d’Arte di Siracusa e di Catania e al Liceo Artistico Statale M.M. Lazzaro di Catania.Dal 1976 ha tenuto diverse personali e partecipato a numerose mostre collettive e rassegne d’arte.
Principali rassegne d’arte dal 2017: 2017, Centrum Latinitatis europae – Presidio Arete (APERN) SR - Mostra internazionale di Mail Art. Lidia Pizzo. 2019, SPLASH! Un tuffo nell’eros a cura di Giorgio Di Genova, Edizioni Premio Centro – Comune di Soriano nel Cimino (VT). 2020, XLVII Premio Sulmona Rassegna Internazionale d’arte Contemporanea. 2020, Quintetti d’arte a cura di Giorgio Di Genova e Carla Guidi. 2021, Venti per Venti – Bella ciao – Mostra Internazionale del piccolo formato, curata da Gennaro Ippolito e Giovanna Donnarumma, Napoli. 2022, Artisti per Nuvolari, Casa Museo Sartori – Castel d’Ario (MN). 2023, Mostra Personale Fantastiche visioni cromatiche testo di Giuseppe Bacci, Galleria Arianna Sartori Mantova.
Bibliografia: 2017, Percorsi d’Arte in Italia 2017, a cura di Giorgio DI Genova, Enzo Le Pera, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ). Catalogo Mostra SPLASH! Un tuffo nell’eros a cura di Giorgio Di Genova, Edizioni Premio Centro. 2019, Giorgio Di Genova, Carla Guidi - Quintetti d’Arte mostre paradigmatiche e vetrina dell’invisibilità, Robin Edizioni. 2020, Catalogo Il Quadrivio, XLVII Premio Sulmona per “Gaetano Pallozzi”, Rassegna Internazionale D’Arte Contemporanea, Hatria Edizioni. 2021, Giorgio Di Genova, Interventi ed erratiche esplorazioni sull’arte La dialettica del mestiere di un critico. Tre. Gangemi editore. 2022, Artisti Italiani 2022, Catalogo Sartori d’arte moderna e contemporanea a cura di Arianna Sartori. Archivio Sartori Editore. 2022, Artisti per Nuvolari “130” anniversario della nascita, ottava rassegna, Archivio Sartori Editore.2023, Fantastiche Visioni cromatiche. Catalogo Giuseppe Maimone Editore

Francesco Grasso è nato nel 1952 a Catania dove vive e lavora.
Ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte e l’Accademia di Belle Arti di Catania nel Corso di Pittura diplomandosi nel 1977. Nel 1975 ha ottenuto il 1° premio alla quarta edizione del “Premio Lubiam” di Mantova. La sua prima mostra personale è alla New Gallery di Catania nel 1977. Ha insegnato Discipline Pittoriche e Laboratorio di Tecniche Murali. Dal 1979 al 2018 è docente presso l’Istituto Statale d’Arte di Catania e al Liceo Artistico Statale M.M. Lazzaro di Catania. La sua personale ricerca artistica si sviluppa usando la tela pagina per il suo “diario pittorico” raccontando gli eventi e le esperienze in una sorta di notes autobiografico. Ha partecipato a numerose mostre collettive e rassegne d’arte. Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private.
Mostre personali: 1977, New Gallery Catania. 1979, Galleria Arte centro, Messina. 1984, Galleria Arte Club, Diario pittorico, Catania. 1985, Galleria Due Ruote, Vicenza. 1985, Galleria Il Poliedro Ezio Pagano Artecontemporanea, Bagheria (PA). 1991, Spazio Espositivo Istituto Statale d’arte di Siracusa, testo Giovanni Iovane, Catalogo Maimone Editore. 1993, Istituto Statale d’Arte Catania, con uno scritto di Manlio Sgalambro, catalogo Maimone Editore. 2000, Galleria l’arte club, di Catania. 2007, Galleria L’arte Club, Catania. 2010, Palazzo della Cultura Catania, Omaggio alla musica di Battiato – Sgalambro. 2015, Herborarium Museum, Catania. 2017, Liceo Artistico Statale M.M. Lazzaro Catania, Omaggio a Bianca Boemi. 2018, Palazzo della Cultura Catania, mostra personale e Pubblicazione del Libro Francesco Grasso Diario Pittorico, prefazione di Roberto Fai, Giuseppe Maimone Editore. 2023, Fantastiche visioni cromatiche, testo di Giuseppe Bacci. Galleria Arianna Sartori, Mantova. Catalogo Giuseppe Maimone Editore.
Mostre collettive dal 2020: 2020, Quintetto d’Arte a cura di Giorgio di Genova e Carla Guidi. 2020, BIAS Biennale Internazionale Arte Contemporanea Sacra, Loggiato San Bartolomeo, Palermo. 2020, BIAS, Palazzo della Cultura Catania. 2020, XLVII Premio Sulmona 2020, Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea. 2021, Venti per Venti – Bella ciao, Mostra Internazionale del piccolo formato, curata da Gennaro Ippolito e Giovanna Donnarumma, Napoli. 2022, Premio Cimitile “Alla ricerca della forma dell’acqua” artisti contemporanei per la salvaguardia del pianeta a cura di Giuseppe Bacci. 2022, Artisti per Nuvolari, Casa Museo Sartori, Castel d’Ario (MN). 2023, Galleria La Vite Catania. 2023, Premio Cimitile XXVIII Edizione a cura di Giuseppe Bacci.