I tempi del Bello. Tra mondo classico, Guido Reni e
Magritte è il titolo della nuova grande mostra ospitata
dai Musei civici “Gian Giacomo Galletti” in Palazzo San
Francesco a Domodossola.
Con Rubens, Carracci e Guido Reni, passando per Pompeo
Batoni e Canova,fino ai contemporanei Funi, Sironi, De
Chirico eMagritte, le opere in mostra evidenziano il
costante riferimento, attraverso i secoli, ai modelli e
ai valori formali e spirituali della classicità. Punto
nevralgico di riferimento, infatti, è la statuaria
classica d’età romana del Museo Nazionale Romano e delle
Terme di Diocleziano che verrà esposta per la prima
volta nel capoluogo ossolano.
I tempi del Bello. Tra mondo
classico, Guido Reni e Magritte è il titolo della
mostra che i Musei civici “Gian Giacomo Galletti”
inaugurano il 18 luglio 2024 al Museo di Palazzo San
Francesco di Domodossola, ideata e curata da Antonio
D’Amico, Stefano Papetti e Federico Troletti e
realizzata dal Comune di Domodossola in partnership
con il Museo Bagatti Valsecchi di Milano e la
Fondazione Angela Paola Ruminelli, con il patrocinio
della Regione Piemonteecon il fondamentale sostegno
di Morgran Italia S.r.l., Findomo S.r.l., Ultravox
S.r.l., Studio specialistico ABC.
Leopardi individua il “Tempo de Bello” nella Grecia
del V secolo a.C., quando artisti come Fidia, Mirone
e Policleto interpretavano il concetto di bellezza
come frutto di un equilibrio di valori estetici ed
etici, espresso dal termine kalokagathìa.
All’interno della suggestiva cornice di Palazzo San
Francesco, le oltre quaranta opere, tra dipinti e
sculture in marmo e bronzo, provenienti da
importanti musei italiani e prestigiose collezioni
private, raccontano i vari “Tempi del Bello”, ovvero
la ricerca, sulla scorta dei modelli classici, di un
connubio di bellezza formale e valori spirituali,
che attraversa la storia dell’arte, adattandosi alle
esigenze culturali di ogni epoca.
Tra i
grandi protagonisti della mostra di Domodossola, che
torna a produrre e proporre al grande pubblico un
percorso di ricerca e studio trasversale tra i
secoli, si potrà ammirare il “divino” Guido Reni,
che nell’arte europea del Seicento rappresenta il
paladino della classicità, in contrapposizione alla
teatralità dell’arte barocca e al naturalismo
caravaggesco. Per questa occasione arrivano a
Domodossola l’Annunciazione della Pinacoteca Civica
di Ascoli Piceno, uno dei capolavori del grande
maestro bolognese, e il San Sebastiano di collezione
privata. L’eleganza formale della Vergine e
dell’angelo nell’imponente pala d’altare, e la
torsione scultorea del busto nel giovane santo,
testimoniano come nella Bologna del Seicentola
conoscenza della statuaria classica e il mito di
Raffaello, che aveva fatto rivivere la bellezza
antica, trovino una perfetta declinazione in linea
con la cultura del tempo.È questa un’eredità che
Guido Reni raccoglie dai Carracci. Infatti, in
mostra si potrà ammirare eccezionalmente lo
straordinario capolavoro proveniente dalla
Pinacoteca della Fondazione Ettore Pomarici
Santomasi di Gravina di Puglia, che Ludovico
Carracci dipinge sul finire del Cinquecento,
mostrando l’immagine del San Sebastiano come un
moderno Apollo, un danzatore che si muove leggiadro
nel pieno vigore della sua bellezza fisica.
Nessun artista è
insensibile al fascino della classicità, come
dimostra l’attenzione con cui Rubens, giunto a Roma
da Mantova agli albori del Seicento, adattai modelli
scultori studiati nelle raccolte principesche romane
alle esigenze iconografiche imposte dalla
committenza. Nell’impaginare la grandiosa Madonna
del Rosario, documentata in mostra da un raro
bozzetto in collezione privata, l’artista fiammingo
aggiorna in chiave barocca atteggiamenti e gesti che
possono ricondursi ai modelli classici.
In seguitoallo scalpore suscitato tra il 1730 e il
1740 dall’inatteso ritrovamento dei resti di
Ercolano e Pompei, i teorici dell’arte neoclassica
recuperano il concetto della kalokagathìa tornando
nuovamente ad associare i principi di ordine,
armonia, compostezza e “quieta grandezza”, come
afferma Winckelmann, con i più elevati valori
morali. Leopardi stesso riconosce in Antonio Canova
l’artista che meglio incarna nelle proprie opere
questo connubio di bellezza e nobili sentimenti che
mira a raggiungere il bello ideale. Il Ritratto di
Paolina Bonaparte, che arriva in mostra dal Museo
Napoleonico di Roma, raffigura il viso perfetto
della sorella di Napoleone come Venere Vincitrice,
esempio di come la celebrazione del passato e l’uso
dei temi della mitologia classica si pongano, in
questo caso, al servizio del potere, assumendo
intenti celebrativi e educativi.
L’impronta
ecclettica che caratterizza l’arte italiana nel
periodo post-unitario non esclude né in campo
architettonico, né nell’ambito figurativo episodi di
spiccato richiamo alla tradizione greco romana: lo
dimostra lo scultore genovese Demetrio Paernio,
autore di numerosi monumenti funerari nel cimitero
di Staglieno, che celebra l’arte alessandrina
modellando una delle figure più leziose della
classicità, come il Puttino dormiente. Cambia il
soggetto ma non la formulazione dell’immagine
ispirata nella tela del genovese Domenico Piola che
raffigura Gesù Bambino addormentato sulla Croce.
Sono inoltre esposte varie sculture rinascimentali
di piccolo formato che documentano il gusto del
collezionismo e la passione per l’Antico
sviluppatisi in particolare dopo le scoperte
archeologiche di primo Cinquecento.
Dopo l’esperienza
rivoluzionaria delle Avanguardie che avevano
decretato la fine della classicità, nei primi due
decenni del Novecento, in seguito ai traumi causati
dalla prima guerra mondiale, nel 1924 il critico
francese Maurice Rejnal auspicava un ripensamento
rispetto alle posizioni anti classiche, sostenendo
la necessità di un “Ritorno all’Ordine” che si
ravvisa nelle opere di Funi, Campigli, Sironi, De
Chirico e Magritte che esprimono il desiderio di
riaffermare il perenne valore della classicità sulla
scorta dell’indirizzo teorico di Margherita Sarfatti.
Di questi artisti la mostra offre significativi
esempiaccostati tra loro e in dialogo con le opere
rinascimentali e classiche. Tra tutti si potrà
ammirare eccezionalmente l’affascinante capolavoro
di Renè Magritte, Rena à la fenệtre del 1937,dicollezione
privata.
Ogni epoca declina un tempo del Bello e la mostra di
Domodossola tenta di presentare anche con un intento
didattico, particolarmente adatto alle scuole,
alcuni eloquenti esempi che rendono immortale la
bellezza classica, dal tardo Rinascimento al
Novecento, evidenziando modelli che gli artisti
fanno propri, ma adeguandoli alle esigenze culturali
in auge nei diversi momenti storici.
L’allestimento della mostra è
stato progettato da Studio Lys con il coordinamento
di Matteo Fiorini, il progetto illuminotecnico è di
LightScene Studio con Riccardo Rocco e Luca Moreni,
mentre l’illuminazione è stata aggiornata e
realizzata in collaborazione con Viabizzuno.La
mostra è accompagnata da un catalogo edito da Sagep
Editori d’Arte.
Ideata e curata da
Antonio D’Amico, Stefano Papetti e Federico Troletti
18 luglio 2024 – 12 gennaio 2025
Musei civici “Gian Giacomo Galletti”in Palazzo San Francesco
Domodossola (VB)
Servizi Cultura e Musei: Via Don Minzoni, 1 | Tel. 0324 492316/14
email: cultura@comune.domodossola.vb.it - sito:
www.museicivicidomodossola.it
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