Pierpaolo Curti - SuSpenSionS


Mostra personale di Pierpaolo Curti a cura di Antonello Tolve dal 9 marzo al 28 aprile 2024 presso Tomav - Torre Moresco Centro Arti Visive – (FM)

Pierpaolo Curti - SuSpenSionS

dal 9 marzo al 28 aprile 2024 presso Tomav - Torre Moresco Centro Arti Visive – (FM)

 


Il TOMAV EXPERIENCE – Torre di Moresco Centro Arti Visive, con il titolo SuSpenSionS inaugura sabato 9 marzo 2024, ore 17:30, negli spazi della Torre di Moresco (FM), la personale di Pierpaolo Curti a cura di Antonello Tolve.

L’artista lodigiano, classe 1972, presenta al Tomav di Moresco una serie di lavori - oli su tela e disegni su carta di dimensioni varie, pensati e realizzati per il sito - con i quali indaga il tema del paesaggio in chiave originale, alternando atmosfere diurne a quelle notturne, mescolando elementi naturali e artificiali, muovendosi da perfetto equilibrista sul crinale dell’ambiguità, con l’intenzione di richiamare colui che guarda ad un’interazione attiva con questi luoghi spiazzanti.

“Il tempo che si percepisce nel seguire le distanze siderali proposte da Pierpaolo Curti in tutto il suo tagliente lavoro di scavo nei labirinti del linguaggio pittorico (ibrido, spregiudicato e innovatore), è quello d’un gioco metodologicamente legato a contrade sovrastoriche sovrageografiche sovratemporali sovraspaziali dove ogni cosa sembra incrociarsi o incastrarsi a ritmi cromatici (a rimbalzi) che oscillano tra il naturale e l’artificiale, tra l’ambiguità verosimigliante del dato reale e la spettralità del dato virtuale, quasi a creare paesaggi paralleli e sospesi in cui oggetti, strutture e aste affilate si innestano a scenari montuosi o collinari, a precipizi o a interni alquanto scarni, per dar luogo a una sorta di realismo magico, così come inteso da Massimo Bontempelli”. (A. Tolve)


ARTISTA: Pierpaolo Curti

TITOLO: SuSpenSionS CURATORE: Antonello Tolve
INAUGURAZIONE: sabato 9 marzo 2024 ore 17:30
PERIODO: 9 marzo - 28 aprile 2024
ORARI DI APERTURA: sab e dom ore 17.30-19.30 o su appuntamento
PARTNER:
Tomav Experience Ass. Cult
PATROCINIO:
Comune di Moresco
DIREZIONE ARTISTICA: Andrea GiustI
INFO:
3515199570_tomav.expe@gmail.com
Instagram | torre_moresco
https://www.facebook.com/TorreMorescoCentroArtiVisive
 

Nasce a Lodi il 23 febbraio del 1972, città in cui vive e lavora. Si laurea presso l’Università Statale di Milano in Scienze dei beni culturali. La sua ricerca, prevalentemente pittorica, propone una dimensione metafisica, nella quale lo spettatore viene chiamato ad una performance mentale attiva nel completamento dell’opera. L’impianto dei suoi dipinti, svuotato dal superfluo, propone terre di confine, soglie, precipizi, valichi, tutti dispositivi metaforici esistenziali, che l’artista posiziona per stimolare nuovi passaggi dimensionali. Questa pratica neo-spirituale, ma lontana dalle religioni tradizionali, è da praticarsi in solitudine, nel vuoto, che nei dipinti dell’artista diventa un vuoto ospitale. Se i disegni aggiungono maggiori dettagli narrativi, trovando una loro autonomia, nei video e nelle installazioni la sospensione rimane simile all’impianto pittorico, offrendo allo spettatore diverse possibilità di lettura. Oltre alla sua ricerca personale, nel 2019, Pierpaolo Curti ha fondato l’Associazione 21 presso il suo studio d’arte, un’ex fonderia che funge da contenitore trasversale e multidisciplinare per l’arte contemporanea.
Il suo lavoro è stato esposto in vari contesti pubblici e privati, in Italia e all’estero.

www.pierpaolocurti.com

«L’immaginazione non è il fiorire dell’arbitrario, e molto meno dell’impreciso. Precisione realistica di contorni, solidità di materia ben poggiata sul suolo e intorno come un’atmosfera di magia che faccia sentire, traverso un’inquietudine intensa, quasi un’altra dimensione in cui la nostra vita si proietta» . Massimo Bontempelli

Il tempo che si percepisce nel seguire le distanze siderali proposte da Pierpaolo Curti in tutto il suo tagliente lavoro di scavo nei labirinti del linguaggio pittorico (ibrido, spregiudicato e innovatore), è quello d’un gioco metodologicamente legato a contrade sovrastoriche sovrageografiche sovratemporali sovraspaziali dove ogni cosa sembra incrociarsi o incastrarsi a ritmi cromatici (a rimbalzi) che oscillano tra il naturale e l’artificiale, tra l’ambiguità verosimigliante del dato reale e la spettralità del dato virtuale, quasi a creare paesaggi paralleli e sospesi in cui oggetti, strutture e aste affilate si innestano a scenari montuosi o collinari, a precipizi o a interni alquanto scarni, per dar luogo a una sorta di realismo magico, così come inteso da Massimo Bontempelli. Curti pare infatti seguire con intelligenza una linea in cui l’heimlich lascia il posto all’unheimlich e l’ordinario si fa straordinario mediante una potente modalità espressiva che sa di natura selvatica, che si pone all’occhio dello spettatore come qualcosa di argutamente terso: e con dettagli realisticamente irreali tanto da rivelarsi inevitabilmente inquietanti, stranianti, spiazzanti, vertiginosi, in alcuni momenti desolanti e sublimi.
 

Depurata da ogni sorta di tensione, la sua pittura raggiunge una resa dell’immagine che sfugge a ogni eventuale paesaggio per mostrare una forza simbolica, dai tratti primordiali, capace di trasformare il paesaggio stesso in un atto mentale, in panorama del pensiero che si muove con disinvoltura tra il notturno e il mattutino, dove colori lattei o eburnei o ancora antelucani sembrano accarezzare le cose, farle metafisicamente apparire in sorprendenti quinte teatrali, cristallizzarle via via in fantastiche geometrie – che definirei esistenziali – prese a prestito dal mondo dei videogames, di cui l’artista è stato un grande cultore.
 

Nel leggere più attentamente il percorso messo in campo dall’artista sin da quando, giovanissimo, sul finire degli anni Novanta, espone i suoi primi lavori, si avverte l’analisi di un mondo quasi postapocalittico dove l’uomo è costretto a fare i conti con organismi geneticamente modificati o con la vita neurosimulata sul modello di Matrix. Ad una serie di dispositivi visivi realizzati tra il 2000 e il 2003 (tra questi Albero, Circuito, Uomo 547365, Omologazione, Clone, Campo, L’uomo che accarezza i fiori), in cui si avverte tra l’altro un confronto costruttivo con la materialità di Burri e con l’eleganza di Giacomelli o di Magdalo Mussio, segue, a partire dal 2004 un programma in cui la pittura si fa più densa e grumosa, legata a statuti grammaticali che riescono a creare collegamenti magici tra le atmosfere di Kiefer – si pensi almeno a Lead buildings o a Black road – e la cremosa gentilezza di Morandi. Curti ha una eleganza tutta sua nel creare congegni dove la citazione è sempre indiretta e mai scontata: l’artista guarda alla storia dell’arte del passato e del presente – richiama a sé come compagni di viaggio Böcklin, Hopper, i più giovani Elger Esser e Tim Eitel, a ritroso i Coretti di Giotto (nella Cappella degli Scrovegni, a Padova) e in particolare l’impianto scenico orientale – per metabolizzarla in un apparato visivo che produce continui blackout, shock, disturbi in cui non c’è mai figura umana o animale. L’assenza di figura che caratterizza con costanza tutta la sua opera a partire dal 2004 – dal 2006 l’artista lascia inoltre ogni forma di matericità per restituire fondali con campiture piatte e disarmanti – è esplicito richiamo allo spettatore, non più passivo lettore dell’opera, ma attore assoluto (solitario, responsabile) e riflessivo, attivatore di un gioco inglobante: il protagonista reale del gioco – lo ha ricordato Gadamer in tempi non sospetti – non è tuttavia il giocatore ma «il gioco stesso che gioca includendo in sé i giocatori» .
 

Accanto allo spazio perfetto della pittura da intendersi appunto sempre come un meccanismo dialogico o anche un ingranaggio che mira a delineare un nuovo epos e se vogliamo anche un nuovo sistema didattico fatto di cortocircuiti, di argute indicazioni e sollecitazioni, c’è un lavoro installativo che assorbe il pubblico e lo invita a ulteriori riflessioni sull’ottundimento della ragione – è il caso di Coltivazione del 2001 (riproposta nel 2009 in occasione dell’Internazionale di Ferrara), quasi un cimitero delle menti o una anomala fioritura di cavolfiori realizzati non a caso in poliuretano – e sull’importanza di avere una cintura di sicurezza culturale in un mondo ormai del tutto degradato, fatto di fantasie in scatola, di sogni miniaturizzati, di nozioni a pacchetti, di grandi bellezze liofilizzate, di idee surgelate dalle quali può nascere magari anche un genio in serie: memorabili Scripta (2003) o anche il più recente Source (2016).
Che realizzi opere context-specific, installazioni o lucidi lavori bidimensionali, Pierpaolo Curti pone sempre al centro dell’attenzione un processo che è prima di tutto spazio: spazio legato al vuoto orientale (sunyata, il k’ung cinese, il mahyana, il grande veicolo di Nagarjuna più esattamente) che sospende e che è ospitale, al potere del sapere, al valore educativo dell’utopia, al pensiero divergente, capace di creare – e forse vale la pena usare le parole chiare di Gianni Rodari – un passaggio obbligato dall’accettazione passiva del mondo alla capacità di criticarlo, all’impegno per trasformarlo.



Pierpaolo Curti "Costellazione 37", Tecnica mista su tela - 140x100 cm - 2024
Pierpaolo Curti 'Osservatorio', Matita su carta - 27x27 cm - 2024
Pierpaolo Curti 'Sesta stazione', Tecnica mista su tela - 100x140 cm - 2024