Luca Moscariello. Trompe-l’œil


Il TOMAV – Torre di Moresco Centro Arti Visive è lieto di annunciare Trompe-l’œil, personale di Luca Moscariello che si terrà dal 06 luglio al 15 settembre 2024 in cui l’artista propone una nuova serie di lavori sull’incertezza percettologica offerta dall’immagine.

Luca Moscariello. Trompe-l’œil

TOMAV – Torre di Moresco Centro Arti Visive - 06 luglio | 15 settembre 2024

Il TOMAV – Torre di Moresco Centro Arti Visive è lieto di annunciare Trompe-l’œil, personale di Luca Moscariello che si terrà dal 06 luglio al 15 settembre 2024 in cui l’artista propone una nuova serie di lavori sull’incertezza percettologica offerta dall’immagine.

Seguendo un itinerario messo in campo nel 2020 con Il narratore di silenzi (2020) e con i vari Puzzle, Luca Moscariello si incanala nella grande tradizione del trompe-l’œil con dispositivi che annullano e scollano ogni rapporto con la realtà fenomenica per produrne una ulteriorità riduttivo-costruttiva, dove non c’è più l’urgenza di fissare sulla tela alcuni oggetti d’uso comune e di valersene come suscitatori d’immagini ma piuttosto quella di dar vita a illusioni, a apparecchi della visione fisicamente e percettivamente presenti come luoghi concreti di strategica riflessione: superfici su cui fermarsi per attivarsi, per vivere intervalli di pensiero e interruzioni, per elaborare integrazioni cognitive, per percepire la potenza dello studioso che mentre dipinge studia e si stupisce perché scorge la scintilla del pensiero in potenza che pensa se stesso.
Chiuse in un preciso sistema geometrico, le strutture fondamentali utilizzate da Moscariello in questa nuova esposizione seguono ancora una volta un ordine che mette sotto scacco lo sguardo dello spettatore mediante una ripresa della mimesis e concentrandosi pertanto sull’ambiguità di una pittura che mira a farsi finzione visiva, abbaglio o potente choc grazie a una ritmica combinatoria dove la stesura cromatica sembra ora ricordare potentemente un tratto di nastro carta, ora un foglio accartocciato o anche una lamiera smaltata, ora un interstizio o una fessura oltre la quale è custodito tutto il segreto della pittura.

Articolati nello spazio del TOMAV come riquadri che assorbono lo sguardo per portarlo della dolcezza di una eterotopia, i lavori realizzati da Moscariello – ad aprire la mostra è Domani nella luce (2024) – rompono la rigidità della parete e seguendo l’eptagonalità della torre aprono brecce immaginifiche, scarnificazioni, vivaci e fragranti vie di fuga dalla realtà per indurre l’occhio in una narrazione pittorica suadente e sfuggente.



Luca Moscariello è nato a San Giovanni in Persiceto nel 1980, vive e lavora a Sala Bolognese. Ha vinto numerosi premi e ha all’attivo numerose personali, tra le più recenti si ricordano almeno Puzzle (MEB - Museo Ebraico di Bologna, 2022) in collaborazione con la Federico Rui Arte Contemporanea, Gerico (Fondazione Stelline, Milano 2023), Moduli strategici per imbastire equivoci (Centro Culturale Macello, Argenta 2024), Reassuring the sudden (Hidden Garage, Bologna 2024) e la più recente collettiva alla Barbara Paci Gallery (Forte dei Marmi, 2024).

TOMAV - Torre Moresco Centro Arti Visive, Moresco (FM)
Direttore artistico: Andrea Giusti

Luca Moscariello. Trompe-l’œil
a cura di Antonello Tolve
06 luglio | 15 settembre 2024
opening 06 luglio ore 18:00
Patrocinio: Comune e Pro Loco di Moresco (FM)
info | www.tomav.it / +39 0734 259983 / +39 351 5199570
apertura | sabato e domenica, dalle 18:00 alle 20:00 o su appuntamento.
Instagram | torre_moresco ||| facebook TorreMorescoCentroArtiVisive
 

Trompe-l’œil
Testo inedito di Antonello Tolve

Έχεις τα πινέλα, έχεις τα χρώματα, ζωγράφισε τον παράδεισο και μπες μέσα.
Νίκος Καζαντζάκης

Nell’ampio ventaglio di opere realizzate da Luca Moscariello a partire dal 2018, anno in cui l’artista svolge un’attenta sterzata linguistica rispetto alle ricerche precedenti e propone alla Martina’s Gallery di Giussano alcune potenti evoluzioni rispetto al passato, è chiara l’idea di creare dispositivi nei quali lo spazio della superficie viene via via strutturato da un reticolo di linee che racchiude in sé tutta l’incertezza percettologica offerta dall’immagine. All’argomento immediatamente riconoscibile che caratterizzava il suo lavoro fino a opere quali Nadir (2013), Onirico rabberciato (2014), Vizio della forma (2014), Sul crinale (2014), Landing (2014), Landing 2. Antitesi (2015), Memoriale (2015) o La versione di Bassanio (2016) dove si poteva leggere un catalogo di cose affettive e effettive aggrovigliate tra loro in scenari onirici e a tratti surreali (vicini per sensibilità ad alcuni postulati metafisici, come del resto si evince anche in opere precedenti del ciclo presentato nel 2010 con La catasta del superfluo) , seguono infatti teatrini segreti, ambienti urbani – a tratti felliniani e allegorici se si pensa a lavori come Da grande voglio fare l’astronauta (2018), Alcuni elementi minimi per costruire una storia (2019) e la preziosissima Scenografia per custodire una fiaba (2019) – in cui l’artista sposta l’asse riflessivo verso forme più geometriche e croccanti mediante le quali avviare ideologici processi di riduzione, assecondati anche da cromatismi vivacemente piatti e gommosi.
Spostamento e condensazione che caratterizzano la produzione d’un primo momento lasciano dunque il posto a un atteggiamento più freddo e grumoso, dove figure del sogno e del desiderio – quelle che avvicinano cardinalmente l’artista al mai dimenticato e anzi sensibilmente ripensato binomio fantastico di Gianni Rodari – diventano schermi avvolgenti e coinvolgenti, misure logiche della fantasia, epistrutture inscindibili d’un’atmosfera (il tutto è diverso dalla somma delle singole parti ci ricorda Kurt Koffka) in cui si fiuta e si assapora una inestricabile amalgama tra le figure , addensate come unità elementari e minime di senso, come morfemi e cromemi prietei .
Se con Mirabilia le sue opere contengono ancora in alcuni casi oggetti visibili intrisi di oniricità e di elementi grammaticali spiazzanti, legati a tessuti visivi che portano la forma oltre il proprio limite conosciuto mediante moltiplicazioni o addizioni fantastiche che richiamano alla memoria la tecnica dell’ostranenie messa poeticamente in campo da Viktor Šklovskij nel 1917 e intersecata con altre affini strategie, come la Verfremdung di Brecht, l’Unheimlich di Freud, la différance di Derrida, a partire appunto da lavori quali Alla luce che ha il mio incantevole amore, Prima cattedrale, L’orizzonte della sera, L’architettura del cielo o le sei tavole intitolate Variazione (tutte del 2018), seppure ci sia ancora l’evocazione o in alcuni casi l’indicazione didascalica, l’oggetto è del tutto prosciugato per lasciare spazio a una campitura cromatica emotiva che abolisce i significati e sposta il lavoro dall’area della metafora a quella della metonimia o più precisamente nell’autonomia, giacché l’opera non è che meravigliosamente se stessa (si autoimpone come cosa in sé) e d’ora in avanti va «considered by and for itself» .
Da questo preciso istante Moscariello pone infatti al centro dell’attenzione una ricerca lenta e ponderata che si nutre di verità iconica in sé, legata a una nuova visione, più analitica, mediante la quale far emergere pieghe e ripiegamenti, striature, impressioni di trasparenza paradossale così come teorizzata da Kanizsa , brecce e sbeccamenti visuali, spiazzamenti oftalmici che rompono ogni immediata certezza per far naufragare l’occhio – e tutta la sua innocenza – in un territorio astratto che segue «geometrischer Gesetzmässigkeit» in cui si formulano «Unklarheit und Verworrenheit» e che quindi produce continui (piacevoli) smarrimenti sensoriali e mentali.
«Il punto di svolta avviene nell’istante in cui avverto l’esigenza di affrancarmi dalla componente narrativa che scandiva il lavoro, sentivo di dover cercare altrove, in una direzione inesplorata e di dissidenza al principio della rassicurazione», puntualizza non a caso l’artista in un’intervista rilasciata a Matteo Galbiati nel 2021. «La quadratura arriva con i Puzzle, dove la sottrazione di chiarimenti solleva il lembo del dubbio. Diminuendo l’apparato scenografico cerco di aumentare il tempo necessario alla lettura per poi disattenderla, inscenando un tranello visivo che traduca l’abisso della stasi nel quale l’occhio è precipitato. Sono interessato allo scarto che invalida le certezze» .
Statica e nel contempo dinamica, dai Puzzle in poi – ma forse anche già da potentissimi lavori che compongono Il narratore di silenzi (2020) – l’opera di Moscariello pone il pubblico sulla soglia (lui stesso ci dice che crea immagini soglia) mediante analisi che sembrano ridefinire alcuni postulati messi in campo da Theo van Doesburgo sull’idea di utilizzare la diagonale e il gesto asimmetrico per generare livelli sfalsati, in modo che non esistano piani identificabili tra loro e si vada a creare un esempio di plasticità spaziale (oftalmica) dove tutti i lati sorgono contemporaneamente in modo da far cadere la fastidiosa distinzione tra davanti, dietro e lato.
Chiuse in un preciso sistema geometrico, le strutture fondamentali utilizzate da Moscariello seguono dunque un ordine che mette sotto scacco lo sguardo dello spettatore mediante una ripresa della μίμησις aristotelica e concentrandosi pertanto sull’ambiguità di una pittura – la pittura è una fabula de lineis et de coloribus ha avvertito per tempo Vitruvio – che mira a farsi finzione visiva, abbaglio o potente choc grazie a una ritmica combinatoria dove la stesura cromatica sembra ora ricordare potentemente un tratto di nastro carta, ora un foglio accartocciato o anche una lamiera smaltata, ora un interstizio o una fessura oltre la quale è custodito tutto il secretum (il potere che rivela i valori intellettuali) della pittura.
In tutti i vari lavori denominati Puzzle, nei diciotto elementi che compongono un insuperabile Elogio della fragilità (2022), in Soglia della luce (2022), in Custodia del buio (2022), in Labirinto (2022), in Presente imperfetto (2022), in Gerico (2022, opera che tra l’altro dà il titolo all’omonima mostra organizzata nel 2023 alla Fondazione Stelline di Milano dove l’artista richiama alla memoria un luogo del vangelo di Matteo) , in Abbandono del fragore (2023) o in Abbandono del fragore 2 (2023) l’artista si incanala nella grande tradizione del trompe-l’œil con dispositivi che annullano e scollano ogni rapporto con la realtà fenomenica per produrne una ulteriore (di riduzione-costruzione), dove non c’è più l’urgenza di fissare sulla tela alcuni oggetti d’uso comune e di valersene come suscitatori d’immagini (di mettere nell’opera la plasticità di elementi tratti dalla vita di tutti i giorni quasi a fermare e ad arrestare la loro inevitabile transitorietà) ma piuttosto quella di dar vita a Kurzschlüsse costruttivi, a illusioni mediante le quali spingere il fruitore verso la distruzione dell’illusione, a apparecchi della visione fisicamente e percettivamente presenti come luoghi concreti di strategica (oggi quantomai indispensabile) riflessione, superfici su cui fermarsi per attivarsi, per vivere intervalli di pensiero e interruzioni, per elaborare integrazioni cognitive, per percepire la potenza dello studioso che mentre dipinge studia e si stupisce perché scorge la scintilla del pensiero in potenza che pensa se stesso.
«È un lavoro sul sotto, sull’oltre, sulla celebrazione della polvere, che usa l’esca dell’immediata comprensione come strumento di riflessione, per irretire l’occhio che, sedotto, è condotto all’interno di una disputa nella quale scoprirsi ingannato e ritrattare» rivela Luca Moscariello nei suoi Brevi appunti personali . «[…]. L’aspetto ludico del fare, così come nella ricerca dei titoli è una pratica fondamentale del mio lavoro che è certamente più debitore a Rodari o Calvino, Perec o Bergonzoni a Richard Scarry ad Arnheim e Didi-Hubermann di quanto non lo sia alle vicende della pittura, soprattutto attuale, che in verità mi annoia tremendamente».

* Plinio il Vecchio, nella sua Historia Naturalis (XXXV, 65-66) narra del pittore greco Parrasio che un giorno «venne a gara con il contemporaneo Zeusi; mentre questi presentò dell’uva dipinta così bene che gli uccelli si misero a svolazzare sul quadro, quello espose una tenda dipinta con tanto verismo che Zeusi, pieno di orgoglio per il giudizio degli uccelli, chiese che, tolta la tenda, finalmente fosse mostrato il quadro; dopo essersi accorto dell’errore, gli concesse la vittoria con nobile modestia: se egli aveva ingannato gli uccelli, Parrasio aveva ingannato lui stesso, un pittore».