"Antonio
Laurelli sfoga esperienza costruttiva dalla fusione
delle immagini mentali all'accorpamento materico , scioglie
il meticciato delle forme pittoriche in assemblaggi
grammaticali della sostanza oggettivale: il precedente
"ricercare" del colore (tipico della pittura) rientra a
pieno merito nella costruzione studiata, nell'equilibrio
fisico degli "assestamenti compositivi", per urlare
visionarietà storica, passaggi geometrici che fondono, al
centro, il cuore indeterminato degli elementi ordinati
atomici e incommensurabili nucleari.
Il mondo della cultura
materiale si rigenera a nuova vita. Il fluido della "chimica
inerziale" rianima, attraverso la composizione calcolata
dell'espressività e del ruovo linguaggio ambientale, la
nuova propulsività dando scorrimento di senso, vitale e
continuativo, agli oggetti d'uso del comportamentismo
umanitario, rinvigorendoli di nuova funzionalità e di forza
rinascimentale che si concretizza tra l'accoppiamento,
empatico e sensibile, del dimesso (deposto e accomiatato) e
l'innovativo. Macchine (automobili "precedentemente vive"
nelle azioni, adesso gelate nella funzione e nell'anima)
accatastate nel deposito degli oggetti "fuori uso" si
rinominano nel linguaggio delle performance e degli
assemblaggi, antichi strumenti industriali rimontano il loro
stabilito destino con la sensibilità del compositore
narrativo; gli oggetti parlano, Laurelli gli rimette la
voce, il suono l'armonia degli accostamenti, della
compenetrazione tra archeologico materiale e nuova "arte
ambientale".
Sono nuove frontiere del sentire per mezzo del
riconoscimento dell'opera d'arte che rianima la
conservazione tra le produzioni umane, artistico,
architettonico e ambientale diventano "bene culturale
comune", segno di nuova civiltà, anche locale e localizzata,
che apre nuove enciclopedie del sentire. Qui la luce gioca
tra le composizioni ambientali aggiungendo all'
incommensurabile semantica degli assembramenti il mercato
delle intuizioni e delle nuove significazioni. La storia
attribuisce all'artistico il prodotto umano con l'obbligo
mitologico di prospettarne, e a volte subirne, le varianti
cicliche e le modificazioni discendenti dal sistema delle
mutazioni "dei tempi".
Pensiero estetico e artisti vivono la civiltà che li nutre,
oriente e occidentale oggi si scontrano nei gesti autoctoni
e sacrali di cui si compiace il proprio sistema organico e
sacrale apportano disfacimenti e logorii in affannante
ricerca di un nuovo centro di equil.ibrio che sembra aver
perso il suo nucleo di riferimento e orbita adesso, per
forza abitudinaria, senza più principi, intorno alla ricerca
pionieristica della propria esistenzialità. Qui Antonio
Laurelli inoltra nel corpo organico della nostra civiltà il
polso chirurgico capace di selezionare e scegliere, per
poter ricomporre, i nuovi tessuti "oggettistici" e il senso
dell'esistenzialità che respira, la continuità di senso, tra
passato e nuovo, delicato, futuro.
Forze di gravità e pesi
che equilibrano le nuove costruzioni di superficie con il
centro occulto del pianeta, diventano messaggio sintetico
per le nuove visionarietà ambientali, e letterarie, come a
cercare un nuovo alfabeto fatto di segni architettonici e i
scultura dell' assemblaggio, se gli oggetti sono conduttori
di memoria umana, progettuale e funzionale, racconto delle
operazioni che questi oggetti hanno assolto nella loro vita
meccanica, e produttiva, adesso, in questa nuova arte
ambientale, si ripropongono come compenetrazioni di anima,
fatta di elementi primari, radicali alla materia (chimica e
fisica), ma anche di rivendicazioni messianiche istruite
dalle "onde cosmologiche", emesse per immortale natura dalle
forme, precedentemente in movimento e poi lasciate alla
entropica condizione di inerzia e di stasi, qui, queste
forme, rivestono, attraverso lo sguardo demiurgico,
sensibile e profondo, dell'artista, di Antonio Laurelli, lo
stimolo dell'avanguardia (storica) con la nuova e giovanile
riattivata "retroguardia del futuro".
In queste opere, anche
se (ad occhi abituali) la presentazione appare
potenzialmente rimarcata, si deposita la compenetrazione tra
un vecchio e nuovo, un già vissuto e un innovativo che
sembra dare vita e corpo ad una nuova poetica di arte
ambientale.
Arte del quotidiano invisibile, di ciò che ci sta accanto,
che arreda in silenzio le nostre azioni programmate e
cicliche, ma che a volte, sotto la luce innovatrice e
sensibile dell'artista, ci ripresenta il conto per
avvertirci e proteggerci contro il nostro istintivo
decadentismo antropico. Qui, l'arte sembra dirci, in ripresa
di una vecchia idea del mondo, che dal disfacimento
quotidiano comincia a rianimarsi l'emanazione compenetrante
della rinascita e della forza dell'arte nuova. Oggi, come
dice Giuseppe Siano, si può considerare l'arte come racconto
o imitazione di ciò che si sente o si osserva nel mondo
della quotidianità. Essa rimanda alle azioni degli uomini.
Vi è un nuovo modo di organizzare 'e trasmettere
informazioni, sia attraverso nuovi linguaggi e sia con nuove
tecniche di organizzazione. Dall'altra parte anche nel mondo
dell'arte visiva, come in quello della vita, si può
fraintendere l'immagine raccontata (o l'azione che essa
richiama) se si pone "l'accento nel posto sbagliato". Il
nostro occhio vede come la nostra mente legge".
Antonio Picariello Edgar Wind, Arte e anarchia, Milano,
Mondadori, 1972
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