Nato
l'8 giugno 1901 a Rovereto (Trento) , città di tradizione filosofica
ed artistica - vi vivevano i due grandi archeologi Orsi e
Halbherr, il pittore futurista Depero, gli architetti
Pollini e Libera, Carlo Belli, critico e teorico
dell'astrattismo cugino dell'artista - Fausto Melotti si
trasferì a Firenze con la famiglia nel 1915 e nel '18 si iscrisse
all'Università di Pisa, per continuare gli studi al Politecnico di
Milano, dove si laureò nel '24 in ingegneria elettronica.
Nel '25, dopo il servizio militare, quando sembrava che Melotti si
volesse dedicare alla carriera musicale, avendo coltivato tali
interessi fin da piccolo, si volse invece alla scultura: lavorò per
tre anni a Torino nello studio di Pietro Canonica e poi
all'Accademia Albertina. Nel '28 fu allievo di Adolfo Wildt
all'Accademia di Brera a Milano, e qui conobbe Lucio Fontana,
con cui stabilì un proficuo rapporto di amicizia e di lavoro.
Con gli anni Trenta si volse all'arte astratta, entrando in contatto
col gruppo de Il Milione e con gruppo parigino 'Abstraction-Création'.
Nel '32 iniziò l'insegnamento della scultura alla scuola artigiana
di Cantù e collaborò alla rivista 'Quadrante'. Dopo aver esposto
alla Galleria del Milione le opere degli allievi della scuola di
Cantù, vi tenne egli stesso una mostra di sculture astratte nel '35.
Nello stesso anno partecipò alla Prima Mostra Collettiva di Arte
Astratta Italiana nello studio torinese di Casorati e
Paolucci.
Poco conosciuto in patria, ottenne riconoscimenti all'estero negli
ambienti più culturalmente vivi e attenti; nel '37 conseguì il
Premio La Sarraz in Svizzera, e nel '38 fu visitato nel suo
studio da Léonce Rosemberg, che tornò successivamente a
trovarlo interessato e ammirato delle sue ricerche.
Allo
scoppio della seconda guerra mondiale, Melotti fu richiamato per
poco alle armi. Dal 1941 fino alla metà del '43 visse a Roma, dove
disegnò e scrisse poesie, pubblicate nel 1944 da G. Scheiwiller
col titolo Il triste Minotauro.
Nel '43 un bombardamento distrusse il suo studio a Milano e quasi
tutto andò perduto: sculture, disegni e progetti. Negli anni del
dopoguerra si dediccò alla ceramica, continuando la sua ricerca
solitario, quasi dimenticato.
L'interesse della critica e degli studiosi si riaccese verso la fine
degli anni sessanta, quando si aprì una mostra personale alla
Galleria Toninelli di Milano nel '67 e Scheiwiller pubblicò nella
Collana Arte Contemporanea i suoi lavori.
Numerose personali e collettive gli furono dedicate in questi anni,
fino alle grandi antologiche del Museo di Dortmund nel '71 e della
Galleria Civica d'arte Moderna di Torino nel '72 e '77 e nel '79 a
Milanno presso Palazzo Reale. Nel '73 gli fu conferito il Premio
Internazionale Rembrandt dalla Fondazione Goethe.
Si spense a Milano il 22 giugno 1986
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Ultimo
aggiornamento:
01-02-22
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