Il rapporto tra Ragghianti e Levi, fondamentale per entrambi, si
intensifica a Firenze, durante l’occupazione nazista, attraverso la
comune militanza politica nella Resistenza, soprattutto dopo che
Levi, nel 1941, trova rifugio clandestino nella casa di Anna
Maria Ichino in piazza Pitti, dove scrive il suo più noto
romanzo, Cristo si è fermato a Eboli, cui è dedicata una
sezione della mostra.
Non è però soltanto la politica – nelle file del Partito d’Azione –
a unirli, ma anche l’intenso confronto sulle questioni dell’arte
contemporanea e una condivisa sensibilità per il patrimonio
artistico del Paese. Va ricordato il loro intervento congiunto, con
l’architetto Giovanni Michelucci, dopo che i nazisti avevano
fatto saltare cinque ponti a Firenze, per evitare l’abbattimento
della Torre di Parte Guelfa a Ponte Vecchio, un “salvataggio” poi
messo in atto dal comando alleato.
L’interesse di Ragghianti nei riguardi di Levi pittore è da far
risalire al 1936, quando lo inserisce nel suo articolo dedicato alla
pittura italiana contemporanea; nel 1939 ne recensisce sulla rivista
«La Critica d’Arte» la mostra a New York. Certamente il momento più
forte della loro frequentazione avviene durante i giorni della
formazione del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale e della
direzione del quotidiano «La Nazione del Popolo», e quando Levi,
subito dopo la liberazione di Firenze, diventa membro della
commissione per la ricostruzione del centro storico della città.
Questo intensificarsi del loro rapporto si riflette anche nella
condivisione del discorso artistico, tanto che la mostra personale
di Levi alla Galleria dello Zodiaco di Roma nel 1946 è presentata
proprio da Ragghianti; ed è sempre Ragghianti a proporre la prima
storicizzazione della figura di Carlo Levi nel 1948, attraverso la
pubblicazione di un “catalogo” dell’opera leviana, nel quale sono
datati e repertoriati i dipinti realizzati dal 1923 al 1947. Si
tratta di un volume, con presentazione di Ragghianti, che rimane
ancor oggi un punto di riferimento imprescindibile per gli studi su
Levi. Nel libro, fra l’altro, figura anche il testo di Levi Paura
della pittura, tornato di recente all’attenzione degli studiosi così
come la riflessione più estesa Paura della libertà, scritta nel
1939, sulla crisi della società europea, oggi quanto mai attuale.
Negli anni successivi i due non mancano d’incontrarsi, a Roma o a
Firenze, non appena le circostanze lo consentano. Ragghianti non
perde mai l’occasione per valorizzare la produzione artistica di
Levi: ne sono chiari esempi il suo inserimento nella grande mostra
del 1967 Arte moderna in Italia 1915-1935 e l’imponente selezione di
opere dell’antologica allestita a Firenze dopo la morte dell’artista
(Levi si ferma a Firenze, 1977). Si tratta quindi, per la Fondazione
Ragghianti, di una mostra fortemente identitaria, ideale per
suggellare l’importante anniversario del quarantennale
dell’istituzione.
Trattandosi di due personaggi che hanno avuto molti e diversi àmbiti
di azione e riflessione, la mostra e il relativo catalogo
ricostruiscono, oltre agli eventi e alle circostanze della loro
amicizia, i nodi identitari di questo rapporto, le questioni
teoriche di carattere storico-artistico, e altri punti d’interesse
comuni ai due per un’azione da esplicarsi nel quadro di una politica
delle arti. La mostra e il catalogo offrono una testimonianza,
attraverso opere d’arte, lettere, documenti, fotografie e filmati,
del significato dell’amicizia fra Ragghianti e Levi, anche alla luce
della loro formazione culturale.
Un aspetto interessante e nuovo presentato dalla mostra è quello del
comune interesse dei due per il cinema: Levi lavora come
sceneggiatore e scenografo per alcuni film, disegna il manifesto di
Accattone di Pier Paolo Pasolini, e dagli anni Cinquanta in
poi, a Roma, diventa un ritrattista ambìto da molti personaggi del
mondo del cinema, da Silvana Mangano ad Anna Magnani,
da Franco Citti allo stesso Pasolini: tutti questi ritratti
sono presenti in mostra, insieme con quelli di Ragghianti e di loro
comuni amici, come Eugenio Montale e Carlo Emilio Gadda.
Nell’archivio della Fondazione Ragghianti, così come in quello della
Fondazione Carlo Levi di Roma, si conservano documenti che
riguardano in special modo la sfera storico-artistica e critica, che
fu al centro di questa amicizia. A Lucca si trovano un consistente
nucleo di lettere che partono dal 1943 e si protraggono fino al
1971, e testi dattiloscritti di Ragghianti su Levi; nell’archivio
romano sono conservati autografi della monografia di Ragghianti,
corredati da annotazioni per la stesura del volume destinate da Levi
al suo curatore, nonché fotografie inedite. Molti di questi
materiali sono esposti nella prima e nell’ultima sala.
Oltre ai documenti, la mostra presenta un nucleo di quasi cento
opere di Carlo Levi, atto a ricostruire non soltanto la struttura
della monografia del 1948 e delle mostre del 1967 e del 1977 curate
da Ragghianti, ma anche la cerchia di intellettuali e amici cui i
due appartenevano – Eugenio Montale, Giovanni Colacicchi, Paola
Olivetti, Aldo Garosci e altri –, con l’aggiunta dei ritratti di
personaggi dei quali entrambi avevano stima, come Italo Calvino e
Frank Lloyd Wright.
Nel catalogo, pubblicato dalle Edizioni Fondazione Ragghianti Studi
sull’arte, sono presenti i testi di Roberto Balzani, Paolo
Bolpagni, Maria De Vivo, Daniela Fonti, Antonella Lavorgna e
Francesco Tetro.
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti
Complesso monumentale di San Micheletto
Via San Micheletto 3, Lucca
Ufficio-stampa: Lucia Crespi, tel. 02 89415532 - 02 89401645, lucia@luciacrespi.it |
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Ultimo
aggiornamento:
22-03-22
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