E' il momento - afferma l'Assessore alla Cultura del Comune di
Pordenone Pietro Tropeano - di avviare l'approfondimento e la
rilettura di un movimento artistico italiano di grande importanza
com'è quello della Pop Art in Italia che ha avuto tanti protagonisti
in un periodo tra i più vivaci dell'arte contemporanea nel nostro
paese.
Si è spesso sostenuto che gli artisti italiani non fecero
sostanzialmente altro che copiare gli americani. Alcuni di essi, è
vero, erano stati in America prima del 64, anno del trionfo della
Pop Art americana alla Biennale di Venezia, o si erano informati in
precedenza sulle nuove poetiche visive statunitensi: per esempio
Mimmo Rotella (celebri i suoi décollages collages di manifesti
pubblicitari strappati), Franco Angeli (tra le sue opere più famose
le sue lupe e le sue aquile romane, ma anche Half dollar, una
banconota americana serigrafata), Tano Festa, con le sue riletture
di Michelangelo e di altri celebri maestri del passato, o Mario
Schifano, che reinterpreta in pittura le icone pubblicitarie della
Coca Cola e della Esso, o foto storiche (come nel celeberrimo
Futurismo rivisitato, del 66). Tutti artisti, questi, legati alla
romana Scuola di Piazza del Popolo. Roma è infatti uno dei due punti
di irradiazione della Pop Art di casa nostra: qui, il fenomeno della
"dolce vita", legato al "boom economico", dà il via a un profondo
rinnovamento del costume italiano.
Nel dopoguerra, Roma è un luogo di incontri e dibattiti di livello
internazionale. Di qui passano molti grandi artisti europei e
americani. Si parla, si discute, si crea. Le gallerie di riferimento
sono La Tartaruga di Plinio de Martiis e La Salita di Gian Tomaso
Liverani, dove espongono gli artisti che fanno tendenza. Oltre a
quelli già nominati, ci sono Cesare Tacchi, Sergio Lombardo, Renato Mambor, Ettore Innocente, e Mario Ceroli, che nelle sue famose
sculture ricostruisce in legno grezzo immagini e oggetti della
quotidianità .
L'altro centro propulsivo della Pop Art italiana è Milano, e il suo
cuore è lo Studio Marconi, dove nel 65 espongono in una mostra,
insieme a Schifano, Valerio Adami, Emilio Tadini e Lucio Del Pezzo.
Questi artisti guardano più all'Europa che all'America: dalle
soluzioni genialmente kitsch di Enrico Baj, influenzate dal dadaismo
e dal surrealismo, alla altrettanto geniale ibridazione di
metafisica dechirichiana e iconografia da fumetto di Adami, alla
rigogliosa vena narrativa di Tadini che acquisisce, grazie al
contatto con la Pop Art, una maggior sintesi dell'immagine, oltre
che un più forte impulso a inserire nella figurazione oggetti
appartenenti al mondo reale e quotidiano.
La mostra sarà anche un'occasione per ricordare e celebrare, nel
trentennale della morte, l'artista Ettore Innocente, noto come uno
dei più interessanti e originali artisti della Pop Art di ambito
romano, ma proveniente in realtà dal territorio pordenonese, con il
quale ha sempre mantenuto legami profondi, coltivati con assiduità.
Il gusto tutto europeo e italiano, prima ancora che nei riferimenti
alla tradizione artistica, si manifesta afferma la curatrice - in
tutti questi artisti nella forte istanza di intervento
artigianale/manuale, lontana dalle tecniche prettamente industriali
utilizzate dalla Pop americana. Una originalità che le opere in
mostra confermano.
Evidenziando che, fondamentale nel confronto, è soprattutto
l'inclinazione degli italiani a lavorare su stereotipi culturali,
anziché soltanto su oggetti-merce e su immagini della comunicazione
di massa, con una più spiccata manipolazione delle immagini.
L'esposizione è promossa e organizzata dall'Assessorato alla Cultura
del Comune di Pordenone, in collaborazione con l Ente Regionale per
il Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia, con il
contributo di Fondazione Friuli, e con il sostegno di Crédit
Agricole Friuladria e Itas Mutua.
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