Il Ritratto dell’Artista - Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie


Un saggio in immagini dall’Antico al Novecento. Un compendio di storia dell’arte attorno al ruolo dell’autoritratto nella poetica degli artisti.

Il Ritratto dell’Artista - Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie

09 marzo 2025 - Dal comunicato stampa

 
La Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e il Museo Civico San Domenico presentano la mostra Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie (23 febbraio – 29 giugno 2025). L’esposizione, diretta da Gianfranco Brunelli e curata da Cristina Acidini, Fernando Mazzocca, Francesco Parisi e Paola Refice, celebra il ventennale delle grandi mostre promosse dalla fondazione bancaria forlivese, in collaborazione con l’Amministrazione cittadina, iniziate nel 2005 con la rassegna dedicata a Marco Palmezzano.
Il percorso espositivo si sviluppa dall’ex Chiesa del San Giacomo fino alle grandi sale del primo piano che costituirono la biblioteca del Convento di San Domenico. Il progetto di allestimento e la direzione artistica sono a cura dello Studio Lucchi & Biserni.
Dall’antichità al Novecento, l’autoritratto è il sublime ricordo del mito di Narciso, narrato da Ovidio nelle Metamorfosi: il rispecchiamento di Narciso è l’auto-rispecchiamento dell’artista. Leon Battista Alberti nel De pictura (1435) riprende come modello per gli artisti la figura che si specchia nella fonte, teorizzando le arti visive come arti speculative e introducendo la figura dell’artista come uomo di lettere, protagonista del proprio tempo. Il Narciso di Alberti dà l’avvio al ruolo dell’artista nella modernità, che consegna la propria immagine ai posteri rendendo eterna la propria opera.
«Il primo è stato Narciso, che guardandosi nello specchio dell’acqua ha conosciuto il proprio volto. Il primo autoritratto. Poi è arrivato il selfie – sottolinea Gianfranco Brunelli, Direttore delle Grandi Mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì –. Nei secoli, ritrarre il proprio volto, la propria immagine è stato per ogni artista una sfida, un tributo, un messaggio, una proiezione, un esercizio di analisi profonda che mostra le aspirazioni ideali e le espressioni emotive, ma che rivela anche la maestria e il talento. Poi serve uno specchio. Timore, prudenza o desiderio, persino bramosia di guardarsi. Allegoria di vizi e virtù».

A partire dall’età umanistica l’autoritratto si afferma sempre più come comunicazione del proprio talento e come rivendicazione e affermazione del ruolo sociale dell’artista. Il percorso espositivo si apre proprio con la sezione Il mito dell'artista. Narciso e la nascita del ritratto, animata da opere come il Narciso alla fonte del Tintoretto dalla Galleria Colonna di Roma, il Narciso di Paul Dubois dal Museo D’Orsay o il grande arazzo raffigurante Narciso firmato da Corrado Cagli della collezione del Senato della Repubblica, che ben rappresentano l’articolata riflessione sviluppata dalla mostra, che ambisce a svelare attraverso il tema dell’autoritratto la progressiva definizione della consapevolezza di sé dell’artista nella storia dell’arte.
Si prosegue con Persona. Lo specchio, la maschera e il volto, una sorta di preludio alle sale successive, che raccoglie oggetti fortemente simbolici, come due splendidi Emblemi di maschere teatrali (10-50 d.C.) dal Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma, che in latino venivano chiamate persona, perché servivano a far risuonare, per-sonare, le parole degli attori. Un termine che è poi diventato definizione di un ruolo, di un volto, di un individuo. Accanto a questi manufatti anche alcuni specchi incisi riportano al tema della riflessione, di cui lo specchio, da oggetto privo di intenzionalità, diviene spunto di riflessione, simbolo e metafora. In riferimento all’età medievale, la curatrice Paola Refice precisa che “Nel Medioevo non esistono autoritratti. Esistono, però, ritratti che l'artista fa di sé stesso all'interno dell'opera. Questa apparente contraddizione si basa sul ruolo stesso del fare artistico. Il pittore – o il lapicida, o l'architetto, o il miniatore – è un artigiano. Abile ed esperto quanto si vuole, ma rimane, in sostanza, un esecutore. La sua coscienza di sé è destinata a crescere mano a mano che la sua attività si affranca dalla sfera delle arti meccaniche per approdare a quella delle arti liberali. Sin dai primordi di questa lenta ascesa, l'artista reclama un posto, pur minimo, all'interno del processo creativo. Rivolgendosi al Creatore, che nella cultura medievale è la fonte di ogni rappresentazione della realtà, gli dedica la propria opera raffigurandosi al suo interno. Sono le figure che troviamo nelle lastre scolpite degli amboni o nei codici miniati, e, più tardi, nei cicli degli affreschi di età gotica: non soggetti dell'opera, come accadrà dal Rinascimento, ma parte sostanziale del processo creativo”... READ MORE




In Per speculum... L'immagine dell'Invisibile si affronta il tema del volto come espressione dell’anima, quindi veicolo del divino. Il tema dello specchio, centrale a partire dal Medioevo, quando viene inventato il vetro riflettente (1250) da strumento diventa allegoria, e il volto specchiato, lungo tutto il Rinascimento, genera una lunga serie di allegorie – specchiata virtù, vanità, bramosia – spesso a soggetto femminile. Nelle due sezioni Allegorie dell'immagine – La prudenza, virtù specchiata e Vanitas/Veritas – troviamo dunque opere come l’Allegoria della Prudenza di Marcello Venusti e di Donato Creti o La Sapienza e la Prudenza del Rustichino, la Venere di Tiziano o Venere e Amore di Jacob de Backer.

In riferimento al tema dello specchio la curatrice Cristina Acidini riferisce che “La coscienza della propria identità interiore passa attraverso la contemplazione dell'immagine di sé, come si vede riflessa nello specchio: uno specchio che, nel linguaggio simbolico della filosofia e dell'arte d'Occidente, può essere a seconda del contesto lo strumento di un'analisi virtuosa oppure l'arnese "micidiale" (l'aggettivo è del Petrarca) di un vano compiacimento.
Per questo in mostra sono rappresentate le allegorie, di segno opposto, della Prudenza e della Vanità. La prima è una virtù che si scruta nello specchio, meditando scelte caute e assennate. La seconda, invece, cerca nello specchio la conferma della sua effimera bellezza fisica. Il nome latino, vanitas, designa un tipo di "natura morta" che allude alla brevità della vita e dei piaceri.
Il tema dello specchio torna nell'autoritratto, un genere speciale di ritratto in cui l'artista rappresenta sé stesso e insieme il suo stato sociale, i suoi gusti, il suo mondo. Fra quelli in mostra, un nucleo proviene dalla collezione di autoritratti più prestigiosa al mondo, nelle Gallerie degli Uffizi a Firenze”.
Come l’autoritratto dell’artista possa assumere significati e farsi portavoce di istanze anche molto diverse è il tema al centro di “Ad acquistar nome”, anche in questo caso declinato secondo due prospettive: L’artista soggetto narrante e L’immagine di sé tra gli uomini illustri. Nel XV secolo per la prima volta gli artisti sentono la necessità di autorappresentarsi introducendo i propri ritratti in scene collettive, dove compaiono come commentatori del significato morale dell’opera o testimoni dei fatti rappresentati, scrollandosi di dosso il ruolo di semplice artigiano, come ad esempio nella Presentazione al Tempio di Giovanni Bellini. Nel Cinquecento invece, parallelamente allo sviluppo del genere biografico, l’autoritratto diventa un genere a sé, spesso accompagnato anche da una meditazione sull’esistenza e sul significato dell’arte, come in Testa di giovane con acconciatura del Parmigianino dalle Collezioni d’Arte Fondazione Cariparma, nel Doppio ritratto del Pontormo e in Autoritratto con spinetta di Sofonisba Anguissola del Museo e Real Bosco di Capodimonte.
Nel XVII secolo prende piede la rappresentazione dell’artista nel suo ambiente di lavoro, nel momento della creazione artistica, una moda sostenuta dallo stesso collezionismo a partire dalla metà del XVI secolo, anche se l’artista resta in bilico tra intellettuale, ausiliare del potere, cortigiano, attore, buffone. È questo il tema affrontato nella sezione Trasfigurazioni dell'artista dove, accanto al tema del ritratto intimo e colloquiale si fa strada il modello dell’intellettuale gentiluomo, del pictor doctus. Qui incontriamo il disegno con cui un giovane Lorenzo Bernini si ritrae per la prima volta, Erodiade di Simon Vouet, alcune incisioni di Rembrandt, il Ritratto di Juan de Cordoba di Diego Velázquez dai Musei Capitolini e Artemisia Gentileschi da Palazzo Barberini
Nel gran teatro del mondo, indaga invece come alla fine del Seicento recitare col proprio volto fosse diventata una questione legata non solo al teatro ma anche agli artisti. Nella società delle maschere delle corti di allora i volti diventavano maschere, e teatro e vita l’uno lo specchio dell’altra. In questa parte del percorso sono esposte l’Allegoria delle tre Arti (Pittura, Musica, Poesia) ovvero Le tre sorelle di Sirani o l’Autoritratto in veste di guerriero di Salvator Rosa.

Gli artisti del XVIII secolo sono i protagonisti della sezione L’autoritratto indeciso. Tra il bello ideale e il sentimento del sublime, che racconta di un crocevia di diverse linee di sviluppo del pensiero, tra idealità e storia, ragione e sentimento, tra la ricerca del bello ideale e l’irrompere del sublime: un contesto in cui l’artista è andato alla ricerca di una forma perfetta, per poi scoprire al proprio fianco l’irrompere della realtà della storia e il sentimento della natura. Nel suo autoritratto, proveniente dagli Uffizi, Anne Seymour Damer appone orgogliosamente la sua firma in caratteri greci, per affermare una cultura normalmente preclusa all’universo femminile e dichiararsi erede dei grandi scultori antichi.
In riferimento all’età moderna, il curatore Fernando Mazzocca precisa che “con l’aprirsi dell’Ottocento, saranno i due grandi protagonisti della nascita e dell’affermazione della moderna scultura neoclassica, Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen a perseguire - entrando a un certo punto in rivalità - un percorso di autocelebrazione, affidando ai loro autoritratti divinizzati, la loro gloria immortale. Ma il genere dell'autoritratto si affermerà soprattutto con la nuova temperie romantica, assumendo un valore emblematico nel restituire la potenza creativa, l’ingegno, e la condizione esistenziale dell’artista, oltre che il suo ruolo – talvolta conflittuale – in una società che stava cambiando. Nei moltissimi autoritratti, scanditi con continuità lungo tutto lo svolgimento di una strepitosa carriera, sarà Francesco Hayez – protagonista del Romanticismo storico italiano – a dimostrare di saper gestire, come pochi altri artisti, la propria immagine, anche nei rapporti con la committenza e il potere. Lungo tutto il secolo, gli artisti - da Ingres a Moreau, dal Piccio a Fattori, da Max Klinger a Franz von Stuck – hanno impiegato l’autoritratto come mezzo per rivendicare orgogliosamente il loro posto nella società, oppure come strumento di autoanalisi mettendo a nudo la loro dimensione più intima. Un cambiamento radicale avverrà nel Novecento, con la nascita delle avanguardie e poi nel clima del ritorno all’ordine tra le due guerre, quando l’autoritratto assumerà il valore di una dichiarazione programmatica del percorso creativo dell’artista, come nel caso di Giorgio de Chirico che varierà all’infinito la rappresentazione di sé stesso, rispecchiandovi i diversi momenti di una vicenda straordinaria”.
Autobiografie. Le passioni e la storia racconta l’autoritratto con una valenza romantica, l’elaborazione di un mito dell’artista eroe solitario e profeta dell’arte. La generazione tra la fine del Settecento e i primi trent’anni dell’Ottocento si mostra in una sequenza di volti da fermo immagine, in un turbinio di eventi storici e emozioni, un’incredibile galleria di autoritratti che raccontano la ricerca dell’io fino all’arrivo della fotografia che se ne impossesserà.
Paradigmatico in questo contesto l’Autoritratto di Gustave Moreau.
Francesco Parisi, curatore della mostra, sottolinea come “Il periodo definito fin-de-siècle suggerisce un clima culturale che copre sia ciò che è caratteristico di molti fenomeni moderni, sia lo “stato d'animo” di fondo che in essi trova espressione. In questo periplo la morte, il diavolo e la bellezza medusea occupano un posto centrale nell'iconografia simbolista e anche il tema dell’autoritratto si adegua a questa inclinazione giocando un ruolo fondamentale offrendo agli artisti nuovi spunti di rappresentazione, come l'immutabile tranquillità del teschio, l'artista assorbito nel sogno, l'amore per la morte e la morte stessa. Oltre al modello di carattere moralistico di Homo bulla est, l’immagine del teschio che spesso accompagna gli autoritratti diventa per i pittori simbolisti – anche laddove celato nel motivo degli occhi chiusi, per la similitudine tra il sonno e la morte – simbolo di quella visione attraverso la quale l’artista rivela la dimensione spirituale che si cela dietro il mondo visibile”.
Con l’aumento del soggettivismo, l’esito simbolista dell’autoritratto segna, complice la fotografia, la contestazione dei riti collettivi e la costruzione di una mitologia personale, tanto da giungere nel cuore del Novecento. L’Autoritratto di Juana Romani, la Testa di Medusa di Arnold Böcklin o l’Autoritratto con turbante giallo di Emile Bernard, sono alcune delle opere protagoniste della sezione: Il linguaggio segreto dei simboli, mentre Autosmorfia di Giacomo Balla, Autoritratto con corazza di Armando Spadini accompagnano il pubblico nell’ultima parte della mostra con Narciso nello specchio del Novecento.
Nel XX secolo diventa importante la somma di tutte le immagini con cui l’artista cerca di farsi conoscere e di conoscersi, producendo un attento, continuo, quasi ossessivo studio di sé. L’io diviso, fatto a pezzi, dell’artista è lo specchio della società europea, che sembra, con la Prima Guerra Mondiale, essersi trasformata in un profondo incubo.
Il ritorno dello specchio come figura del doppio e come soglia verso l’indecifrabile ripropone il tema della maschera, che torna a manifestare le sue origini lontane nel ritratto moderno dell’artista. Il Novecento scopre nell’orrore della propria storia, che l’uomo è l’enigma e il mostro. I corpi non sono solo in lotta per l’arte, ma preludono alla loro distruzione fisica, all’annullamento dell’umano che troverà tragicamente riscontro dagli anni Trenta in Europa.
De Chirico – presente con Autoritratto nudo – si interroga, attraverso quella innumerevole produzione di autoimmagini, sulla natura dell’uomo e del mondo, assumendo l’enigma come cifra interpretativa dell’umano, con un esito inizialmente nichilista. E anche il Ritorno all’Ordine dei primi novecentisti – come nell’imbronciato Autoritratto di Sironi del 1908, con quella bipartizione tra «chiaro» e «scuro» in una luce senza calore, con la sua solenne sospensione neo-quattrocentesca della figura e del gesto – sembra cercare di ritrovare quella dispersa armonia tra l’uomo e la realtà.
Conclude l’esposizione la sezione Il volto e lo sguardo, in cui troviamo declinazioni disparate della rappresentazione di sé, che spaziano da L’uomo nero di Michelangelo Pistoletto a Mario Ceroli che nel suo Autoritratto del 1968, proveniente dalla Collezione Luigi e Peppino Agrati - Intesa Sanpaolo, si presenta con le sue classiche sagome di legno, in affinità dunque con gli altri suoi soggetti. In questa ultima sezione è presente anche Self Portrait, Submerged di Bill Viola e l’opera Ecstasy II dalla serie Eyes Closed di Marina Abramović che indaga come la rappresentazione del sé possa contenere anche un grido di dolore, la sofferenza sul viso dell’artista che diventa martire e simbolo dell’Umanità e dei suoi travagli.
Il Ritratto dell’Artista Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie si pone dunque come un saggio in immagini offrendo una visione affascinante e articolata di uno dei temi più universali e significativi nell’arte.
 

“L’arte cura la vita”, questo lo slogan che riassume la preziosa collaborazione tra la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e Mediafriends, l’Associazione Onlus di Mediaset, Mondadori e Medusa, nel segno dell’arte e della solidarietà.
Una vicinanza consolidata che ha permesso di finanziare, in 10 anni, numerosi progetti di cooperazione e sostegno in Italia e nel mondo. Mostra dopo mostra, quadro dopo quadro, grazie alla sensibilità della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, ai tanti visitatori che hanno affollato le gallerie del San Domenico, Mediafriends ha raccolto più di 800.000 euro e sostenuto 18 progetti.
L’Arte, dunque, non è solo un mezzo di espressione estetica ma è anche un importante strumento di cura che favorisce il benessere psicologico, promuove la socializzazione e suggerisce modalità nuove per affrontare la vita, e attraverso le grandi esposizioni diviene allo stesso tempo strumento efficace di raccolta fondi.
In occasione del decimo anno di questa importante partnership, protagonista è la Fondazione Soleterre, prestigiosa organizzazione italiana, dedita a sostenere il percorso di cura dei bambini malati di cancro con l’obiettivo di aumentare le possibilità di guarigione, migliorare la diagnosi e le terapie mediche, occupandosi del benessere emotivo, psicologico e relazionale dei più piccoli.
Questa iniziativa va ad affiancarsi al lavoro già in corso in due ospedali italiani, il “San Matteo” di Pavia e il “SS. Annunziata” di Taranto, e in altri come quelli di Leopoli e Betlemme nei quali la vita dei piccoli pazienti è molto più complicata.

Grazie all’apposito bando dedicato dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì alle
associazioni culturali e alle scuole del territorio, saranno numerose le iniziative che andranno ad arricchire e approfondire la proposta culturale collegata alla mostra Il Ritratto dell’Artista.
Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie. Anche quest’anno verranno coinvolte tutte le discipline artistiche, dalla musica classica e contemporanea al cinema, dagli incontri e le letture letterarie al teatro, passando anche per le arti figurative con mostre di pittura e di fotografia nei diversi comuni del comprensorio. Non mancheranno, inoltre, i progetti curati dalle scuole forlivesi di ogni ordine e grado. Il
programma, in via di definizione, sarà disponibile sul sito della mostra e su quello della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì.

Speciale Sky Arte
Anche Sky Arte sarà nuovamente partner della mostra dedicando al ritratto d’artista il consueto speciale televisivo, prodotto da EGE Produzioni, che andrà in onda in prima visione il prossimo 20 marzo in prime time e in ulteriori 20 repliche, in diverse fasce orarie, per tutta la durata della mostra.

La mostra Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie è stata realizzata grazie al contributo di importanti realtà in ambito territoriale e nazionale.
Un ringraziamento particolare va – per il generoso supporto – a Intesa Sanpaolo, main partner dell’esposizione, che dello sviluppo dei territori in cui opera ha sempre fatto un tratto caratterizzante. Un sodalizio che si conferma, anche per questa edizione, essenziale per il sostegno alla cultura e, più in generale, allo sviluppo delle comunità locali, grazie al convinto sostegno di progetti dalle elevate ricadute sociali e turistico-culturali.
Al noto istituto bancario, si affiancano due importanti protagonisti del territorio APT Servizi Emilia-Romagna e Destinazione Turistica Romagna.
Un sentito ringraziamento va inoltre ai platinum e gold partner della mostra quali Hera, Ima, Mapei, Elfi Finpolo e Prometeia advisor sim.

Media partner: Rai Cultura, Rai Radio Tre, QN Quotidiano Nazionale, Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione, Corriere Romagna, ForlìToday.it, Publimedia Italia e Radio Bruno

 

La Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ringrazia gli altri soggetti privati partner dell’iniziativa: Elfi e Mapei.

Le grandi esposizioni forlivesi che hanno visto, a partire dal 2005, eventi come Marco Palmezzano. Il Rinascimento nelle Romagne (2005-2006); Silvestro Lega. I Macchiaioli e il Quattrocento (2007); Guido Cagnacci. Protagonista del Seicento tra Caravaggio e Reni (2008); Antonio Canova. L’ideale classico tra scultura e pittura (2009); Fiori. Natura e simbolo dal Seicento a Van Gogh (2010); Melozzo da Forlì. L’umana bellezza tra Piero della Francesca e Raffaello (2011); Wildt. L’anima e le forme da Michelangelo a Klimt (2012); Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre (2013); Liberty. Uno stile per l’Italia Moderna (2014); Boldini. Lo spettacolo della modernità (2015); Piero della Francesca. Indagine su un mito (2016); Art Déco.
Gli anni ruggenti in Italia (2017); L’Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio (2018), Ottocento. L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini (2019); Ulisse. L’arte e il mito (2020), Dante.
La visione dell’arte (2021), Maddalena. Il mistero e l’immagine (2022); L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni 1789 – 1968 (2023); Preraffaelliti. Rinascimento Moderno (2024) hanno portato oltre 1.600.000 visitatori e un riconoscimento scientifico internazionale.
Le mostre L’Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio e Ulisse. L’arte e il mito hanno vinto l’oscar del Global Fine Art Awards rispettivamente nelle categorie Best Renaissance, Baroque, Old Masters, Dynasties – Group or Theme (5° edizione del premio, 2019) e Best Ancient (7° edizione del premio, 2021).

Il Ritratto dell’Artista - Nello specchio di Narciso - Il volto, la maschera, il selfie
Un saggio in immagini dall’Antico al Novecento. Un compendio di storia dell’arte attorno al ruolo dell’autoritratto nella poetica degli artisti
23 febbraio – 29 giugno 2025
Museo Civico San Domenico, Forlì
www.mostremuseisandomenico.it

Ufficio stampa
Lara Facco P&C, Milano
Lara Facco | M. +39 349 2529989 | lara@larafacco.com
Marianita Santarossa | M. +39 333 4224032 | E. marianita@larafacco.com
Alberto Fabbiano | M. +39 340 8797779 | E. alberto@larafacco.com

Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì
Paolo Rambelli, M. +39 393 9655999, eventi@fondazionecariforli.it
Per informazioni e prenotazioni
tel. 0543.36217
mostraforli@civita.art
www.mostremuseisandomenico.it