Un saggio in
immagini dall’Antico al Novecento. Un compendio di
storia dell’arte attorno al ruolo dell’autoritratto
nella poetica degli artisti.
In Per speculum...
L'immagine dell'Invisibile si affronta il tema del volto come
espressione dell’anima, quindi veicolo del divino. Il tema dello
specchio, centrale a partire dal Medioevo, quando viene inventato il
vetro riflettente (1250) da strumento diventa allegoria, e il volto
specchiato, lungo tutto il Rinascimento, genera una lunga serie di
allegorie – specchiata virtù, vanità, bramosia – spesso a soggetto
femminile. Nelle due sezioni Allegorie dell'immagine – La prudenza,
virtù specchiata e Vanitas/Veritas – troviamo dunque opere come
l’Allegoria della Prudenza di Marcello Venusti e di Donato Creti o La
Sapienza e la Prudenza del Rustichino, la Venere di Tiziano o Venere e
Amore di Jacob de Backer. “L’arte cura la vita”, questo lo slogan che
riassume la preziosa collaborazione tra la Fondazione Cassa dei Risparmi di
Forlì e Mediafriends, l’Associazione Onlus di Mediaset, Mondadori e Medusa, nel
segno dell’arte e della solidarietà. Grazie all’apposito bando dedicato dalla
Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì alle La mostra Il Ritratto dell’Artista. Nello
specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie è stata realizzata grazie
al contributo di importanti realtà in ambito territoriale e nazionale.
La Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ringrazia gli altri soggetti privati
partner dell’iniziativa: Elfi e Mapei. Le grandi esposizioni forlivesi che hanno visto,
a partire dal 2005, eventi come Marco Palmezzano. Il Rinascimento nelle Romagne
(2005-2006); Silvestro Lega. I Macchiaioli e il Quattrocento (2007); Guido
Cagnacci. Protagonista del Seicento tra Caravaggio e Reni (2008); Antonio Canova.
L’ideale classico tra scultura e pittura (2009); Fiori. Natura e simbolo dal
Seicento a Van Gogh (2010); Melozzo da Forlì. L’umana bellezza tra Piero della
Francesca e Raffaello (2011); Wildt. L’anima e le forme da Michelangelo a Klimt
(2012); Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre (2013); Liberty. Uno
stile per l’Italia Moderna (2014); Boldini. Lo spettacolo della modernità
(2015); Piero della Francesca. Indagine su un mito (2016); Art Déco. Il Ritratto dell’Artista - Nello specchio di
Narciso - Il volto, la maschera, il selfie
La Fondazione Cassa dei
Risparmi di Forlì e il Museo Civico San Domenico
presentano la mostra Il Ritratto dell’Artista. Nello
specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il
selfie (23 febbraio – 29 giugno 2025).
L’esposizione, diretta da
Gianfranco Brunelli e
curata da Cristina Acidini, Fernando Mazzocca,
Francesco Parisi e Paola Refice, celebra il
ventennale delle grandi mostre promosse dalla
fondazione bancaria forlivese, in collaborazione con
l’Amministrazione cittadina, iniziate nel 2005 con
la rassegna dedicata a Marco Palmezzano.
Il percorso espositivo si sviluppa dall’ex Chiesa
del San Giacomo fino alle grandi sale del primo
piano che costituirono la biblioteca del Convento di
San Domenico. Il progetto di allestimento e la
direzione artistica sono a cura dello Studio Lucchi
& Biserni.
Dall’antichità al Novecento, l’autoritratto è il
sublime ricordo del mito di Narciso, narrato da
Ovidio nelle Metamorfosi: il rispecchiamento di
Narciso è l’auto-rispecchiamento dell’artista. Leon
Battista Alberti nel De pictura (1435) riprende come
modello per gli artisti la figura che si specchia
nella fonte, teorizzando le arti visive come arti
speculative e introducendo la figura dell’artista
come uomo di lettere, protagonista del proprio
tempo. Il Narciso di Alberti dà l’avvio al ruolo
dell’artista nella modernità, che consegna la
propria immagine ai posteri rendendo eterna la
propria opera.
«Il primo è stato Narciso, che guardandosi nello
specchio dell’acqua ha conosciuto il proprio volto.
Il primo autoritratto. Poi è arrivato il selfie –
sottolinea Gianfranco Brunelli, Direttore delle
Grandi Mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di
Forlì –. Nei secoli, ritrarre il proprio volto, la
propria immagine è stato per ogni artista una sfida,
un tributo, un messaggio, una proiezione, un
esercizio di analisi profonda che mostra le
aspirazioni ideali e le espressioni emotive, ma che
rivela anche la maestria e il talento. Poi serve uno
specchio. Timore, prudenza o desiderio, persino
bramosia di guardarsi. Allegoria di vizi e virtù».
A partire dall’età umanistica l’autoritratto si
afferma sempre più come comunicazione del proprio
talento e come rivendicazione e affermazione del
ruolo sociale dell’artista. Il percorso espositivo
si apre proprio con la sezione Il mito dell'artista.
Narciso e la nascita del ritratto, animata da opere
come il Narciso alla fonte del Tintoretto dalla
Galleria Colonna di Roma, il Narciso di Paul Dubois
dal Museo D’Orsay o il grande arazzo raffigurante
Narciso firmato da Corrado Cagli della collezione
del Senato della Repubblica, che ben rappresentano
l’articolata riflessione sviluppata dalla mostra,
che ambisce a svelare attraverso il tema
dell’autoritratto la progressiva definizione della
consapevolezza di sé dell’artista nella storia
dell’arte.
Si prosegue con Persona. Lo specchio, la maschera e
il volto, una sorta di preludio alle sale
successive, che raccoglie oggetti fortemente
simbolici, come due splendidi Emblemi di maschere
teatrali (10-50 d.C.) dal Museo Etrusco di Villa
Giulia a Roma, che in latino venivano chiamate
persona, perché servivano a far risuonare,
per-sonare, le parole degli attori. Un termine che è
poi diventato definizione di un ruolo, di un volto,
di un individuo. Accanto a questi manufatti anche
alcuni specchi incisi riportano al tema della
riflessione, di cui lo specchio, da oggetto privo di
intenzionalità, diviene spunto di riflessione,
simbolo e metafora. In riferimento all’età
medievale, la curatrice Paola Refice precisa che
“Nel Medioevo non esistono autoritratti. Esistono,
però, ritratti che l'artista fa di sé stesso
all'interno dell'opera.
Questa apparente contraddizione si basa sul ruolo
stesso del fare artistico. Il pittore – o il
lapicida, o l'architetto, o il miniatore – è un
artigiano. Abile ed esperto quanto si vuole, ma
rimane, in sostanza, un esecutore. La sua coscienza
di sé è destinata a crescere mano a mano che la sua
attività si affranca dalla sfera delle arti
meccaniche per approdare a quella delle arti
liberali. Sin dai primordi di questa lenta ascesa,
l'artista reclama un posto, pur minimo, all'interno
del processo creativo. Rivolgendosi al Creatore, che
nella cultura medievale è la fonte di ogni
rappresentazione della realtà, gli dedica la propria
opera raffigurandosi al suo interno. Sono le figure
che troviamo nelle lastre scolpite degli amboni o
nei codici miniati, e, più tardi, nei cicli degli
affreschi di età gotica: non soggetti dell'opera,
come accadrà dal Rinascimento, ma parte sostanziale
del processo creativo”... READ MORE
In riferimento al tema dello specchio la curatrice Cristina Acidini
riferisce che “La coscienza della propria identità interiore passa
attraverso la contemplazione dell'immagine di sé, come si vede riflessa
nello specchio: uno specchio che, nel linguaggio simbolico della
filosofia e dell'arte d'Occidente, può essere a seconda del contesto lo
strumento di un'analisi virtuosa oppure l'arnese "micidiale"
(l'aggettivo è del Petrarca) di un vano compiacimento.
Per questo in mostra sono rappresentate le allegorie, di segno opposto,
della Prudenza e della Vanità. La prima è una virtù che si scruta nello
specchio, meditando scelte caute e assennate. La seconda, invece, cerca
nello specchio la conferma della sua effimera bellezza fisica. Il nome
latino, vanitas, designa un tipo di "natura morta" che allude alla
brevità della vita e dei piaceri.
Il tema dello specchio torna nell'autoritratto, un genere speciale di
ritratto in cui l'artista rappresenta sé stesso e insieme il suo stato
sociale, i suoi gusti, il suo mondo. Fra quelli in mostra, un nucleo
proviene dalla collezione di autoritratti più prestigiosa al mondo,
nelle Gallerie degli Uffizi a Firenze”.
Come l’autoritratto dell’artista possa assumere significati e farsi
portavoce di istanze anche molto diverse è il tema al centro di “Ad
acquistar nome”, anche in questo caso declinato secondo due prospettive:
L’artista soggetto narrante e L’immagine di sé tra gli uomini illustri.
Nel XV secolo per la prima volta gli artisti sentono la necessità di
autorappresentarsi introducendo i propri ritratti in scene collettive,
dove compaiono come commentatori del significato morale dell’opera o
testimoni dei fatti rappresentati, scrollandosi di dosso il ruolo di
semplice artigiano, come ad esempio nella Presentazione al Tempio di
Giovanni Bellini. Nel Cinquecento invece, parallelamente allo sviluppo
del genere biografico, l’autoritratto diventa un genere a sé, spesso
accompagnato anche da una meditazione sull’esistenza e sul significato
dell’arte, come in Testa di giovane con acconciatura del Parmigianino
dalle Collezioni d’Arte Fondazione Cariparma, nel Doppio ritratto del
Pontormo e in Autoritratto con spinetta di Sofonisba Anguissola del
Museo e Real Bosco di Capodimonte.
Nel XVII secolo prende piede la rappresentazione dell’artista nel suo
ambiente di lavoro, nel momento della creazione artistica, una moda
sostenuta dallo stesso collezionismo a partire dalla metà del XVI
secolo, anche se l’artista resta in bilico tra intellettuale, ausiliare
del potere, cortigiano, attore, buffone. È questo il tema affrontato
nella sezione Trasfigurazioni dell'artista dove, accanto al tema del
ritratto intimo e colloquiale si fa strada il modello dell’intellettuale
gentiluomo, del pictor doctus. Qui incontriamo il disegno con cui un
giovane Lorenzo Bernini si ritrae per la prima volta, Erodiade di Simon
Vouet, alcune incisioni di Rembrandt, il Ritratto di Juan de Cordoba di
Diego Velázquez dai Musei Capitolini e Artemisia Gentileschi da Palazzo
Barberini
Nel gran teatro del mondo, indaga invece come alla fine del Seicento
recitare col proprio volto fosse diventata una questione legata non solo
al teatro ma anche agli artisti. Nella società delle maschere delle
corti di allora i volti diventavano maschere, e teatro e vita l’uno lo
specchio dell’altra. In questa parte del percorso sono esposte
l’Allegoria delle tre Arti (Pittura, Musica, Poesia) ovvero Le tre
sorelle di Sirani o l’Autoritratto in veste di guerriero di Salvator
Rosa.
Gli artisti del XVIII secolo sono i protagonisti della sezione
L’autoritratto indeciso. Tra il bello ideale e il sentimento del
sublime, che racconta di un crocevia di diverse linee di sviluppo del
pensiero, tra idealità e storia, ragione e sentimento, tra la ricerca
del bello ideale e l’irrompere del sublime: un contesto in cui l’artista
è andato alla ricerca di una forma perfetta, per poi scoprire al proprio
fianco l’irrompere della realtà della storia e il sentimento della
natura. Nel suo autoritratto, proveniente dagli Uffizi, Anne Seymour
Damer appone orgogliosamente la sua firma in caratteri greci, per
affermare una cultura normalmente preclusa all’universo femminile e
dichiararsi erede dei grandi scultori antichi.
In riferimento all’età moderna, il curatore Fernando Mazzocca precisa
che “con l’aprirsi dell’Ottocento, saranno i due grandi protagonisti
della nascita e dell’affermazione della moderna scultura neoclassica,
Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen a perseguire - entrando a un certo
punto in rivalità - un percorso di autocelebrazione, affidando ai loro
autoritratti divinizzati, la loro gloria immortale. Ma il genere
dell'autoritratto si affermerà soprattutto con la nuova temperie
romantica, assumendo un valore emblematico nel restituire la potenza
creativa, l’ingegno, e la condizione esistenziale dell’artista, oltre
che il suo ruolo – talvolta conflittuale – in una società che stava
cambiando. Nei moltissimi autoritratti, scanditi con continuità lungo
tutto lo svolgimento di una strepitosa carriera, sarà Francesco Hayez –
protagonista del Romanticismo storico italiano – a dimostrare di saper
gestire, come pochi altri artisti, la propria immagine, anche nei
rapporti con la committenza e il potere. Lungo tutto il secolo, gli
artisti - da Ingres a Moreau, dal Piccio a Fattori, da Max Klinger a
Franz von Stuck – hanno impiegato l’autoritratto come mezzo per
rivendicare orgogliosamente il loro posto nella società, oppure come
strumento di autoanalisi mettendo a nudo la loro dimensione più intima.
Un cambiamento radicale avverrà nel Novecento, con la nascita delle
avanguardie e poi nel clima del ritorno all’ordine tra le due guerre,
quando l’autoritratto assumerà il valore di una dichiarazione
programmatica del percorso creativo dell’artista, come nel caso di
Giorgio de Chirico che varierà all’infinito la rappresentazione di sé
stesso, rispecchiandovi i diversi momenti di una vicenda straordinaria”.
Autobiografie. Le passioni e la storia racconta l’autoritratto con una
valenza romantica, l’elaborazione di un mito dell’artista eroe solitario
e profeta dell’arte. La generazione tra la fine del Settecento e i primi
trent’anni dell’Ottocento si mostra in una sequenza di volti da fermo
immagine, in un turbinio di eventi storici e emozioni, un’incredibile
galleria di autoritratti che raccontano la ricerca dell’io fino
all’arrivo della fotografia che se ne impossesserà.
Paradigmatico in questo contesto l’Autoritratto di Gustave Moreau.
Francesco Parisi, curatore della mostra, sottolinea come “Il periodo
definito fin-de-siècle suggerisce un clima culturale che copre sia ciò
che è caratteristico di molti fenomeni moderni, sia lo “stato d'animo”
di fondo che in essi trova espressione. In questo periplo la morte, il
diavolo e la bellezza medusea occupano un posto centrale
nell'iconografia simbolista e anche il tema dell’autoritratto si adegua
a questa inclinazione giocando un ruolo fondamentale offrendo agli
artisti nuovi spunti di rappresentazione, come l'immutabile tranquillità
del teschio, l'artista assorbito nel sogno, l'amore per la morte e la
morte stessa. Oltre al modello di carattere moralistico di Homo bulla
est, l’immagine del teschio che spesso accompagna gli autoritratti
diventa per i pittori simbolisti – anche laddove celato nel motivo degli
occhi chiusi, per la similitudine tra il sonno e la morte – simbolo di
quella visione attraverso la quale l’artista rivela la dimensione
spirituale che si cela dietro il mondo visibile”.
Con l’aumento del soggettivismo, l’esito simbolista dell’autoritratto
segna, complice la fotografia, la contestazione dei riti collettivi e la
costruzione di una mitologia personale, tanto da giungere nel cuore del
Novecento. L’Autoritratto di Juana Romani, la Testa di Medusa di Arnold
Böcklin o l’Autoritratto con turbante giallo di Emile Bernard, sono
alcune delle opere protagoniste della sezione: Il linguaggio segreto dei
simboli, mentre Autosmorfia di Giacomo Balla, Autoritratto con corazza
di Armando Spadini accompagnano il pubblico nell’ultima parte della
mostra con Narciso nello specchio del Novecento.
Nel XX secolo diventa importante la somma di tutte le immagini con cui
l’artista cerca di farsi conoscere e di conoscersi, producendo un
attento, continuo, quasi ossessivo studio di sé. L’io diviso, fatto a
pezzi, dell’artista è lo specchio della società europea, che sembra, con
la Prima Guerra Mondiale, essersi trasformata in un profondo incubo.
Il ritorno dello specchio come figura del doppio e come soglia verso
l’indecifrabile ripropone il tema della maschera, che torna a
manifestare le sue origini lontane nel ritratto moderno dell’artista. Il
Novecento scopre nell’orrore della propria storia, che l’uomo è l’enigma
e il mostro. I corpi non sono solo in lotta per l’arte, ma preludono
alla loro distruzione fisica, all’annullamento dell’umano che troverà
tragicamente riscontro dagli anni Trenta in Europa.
De Chirico – presente con Autoritratto nudo – si interroga, attraverso
quella innumerevole produzione di autoimmagini, sulla natura dell’uomo e
del mondo, assumendo l’enigma come cifra interpretativa dell’umano, con
un esito inizialmente nichilista. E anche il Ritorno all’Ordine dei
primi novecentisti – come nell’imbronciato Autoritratto di Sironi del
1908, con quella bipartizione tra «chiaro» e «scuro» in una luce senza
calore, con la sua solenne sospensione neo-quattrocentesca della figura
e del gesto – sembra cercare di ritrovare quella dispersa armonia tra
l’uomo e la realtà.
Conclude l’esposizione la sezione Il volto e lo sguardo, in cui troviamo
declinazioni disparate della rappresentazione di sé, che spaziano da
L’uomo nero di Michelangelo Pistoletto a Mario Ceroli che nel suo
Autoritratto del 1968, proveniente dalla Collezione Luigi e Peppino
Agrati - Intesa Sanpaolo, si presenta con le sue classiche sagome di
legno, in affinità dunque con gli altri suoi soggetti. In questa ultima
sezione è presente anche Self Portrait, Submerged di Bill Viola e
l’opera Ecstasy II dalla serie Eyes Closed di Marina Abramović che
indaga come la rappresentazione del sé possa contenere anche un grido di
dolore, la sofferenza sul viso dell’artista che diventa martire e
simbolo dell’Umanità e dei suoi travagli.
Il Ritratto dell’Artista Nello specchio di Narciso. Il volto, la
maschera, il selfie si pone dunque come un saggio in immagini offrendo
una visione affascinante e articolata di uno dei temi più universali e
significativi nell’arte.
Una vicinanza consolidata che ha permesso di finanziare, in 10 anni, numerosi
progetti di cooperazione e sostegno in Italia e nel mondo. Mostra dopo mostra,
quadro dopo quadro, grazie alla sensibilità della Fondazione Cassa dei Risparmi
di Forlì, ai tanti visitatori che hanno affollato le gallerie del San Domenico,
Mediafriends ha raccolto più di 800.000 euro e sostenuto 18 progetti.
L’Arte, dunque, non è solo un mezzo di espressione estetica ma è anche un
importante strumento di cura che favorisce il benessere psicologico, promuove la
socializzazione e suggerisce modalità nuove per affrontare la vita, e attraverso
le grandi esposizioni diviene allo stesso tempo strumento efficace di raccolta
fondi.
In occasione del decimo anno di questa importante partnership, protagonista è la
Fondazione Soleterre, prestigiosa organizzazione italiana, dedita a sostenere il
percorso di cura dei bambini malati di cancro con l’obiettivo di aumentare le
possibilità di guarigione, migliorare la diagnosi e le terapie mediche,
occupandosi del benessere emotivo, psicologico e relazionale dei più piccoli.
Questa iniziativa va ad affiancarsi al lavoro già in corso in due ospedali
italiani, il “San Matteo” di Pavia e il “SS. Annunziata” di Taranto, e in altri
come quelli di Leopoli e Betlemme nei quali la vita dei piccoli pazienti è molto
più complicata.
associazioni culturali e alle scuole del territorio, saranno numerose le
iniziative che andranno ad arricchire e approfondire la proposta culturale
collegata alla mostra Il Ritratto dell’Artista.
Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie. Anche quest’anno
verranno coinvolte tutte le discipline artistiche, dalla musica classica e
contemporanea al cinema, dagli incontri e le letture letterarie al teatro,
passando anche per le arti figurative con mostre di pittura e di fotografia nei
diversi comuni del comprensorio. Non mancheranno, inoltre, i progetti curati
dalle scuole forlivesi di ogni ordine e grado. Il
programma, in via di definizione, sarà disponibile sul sito della mostra e su
quello della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì.
Speciale Sky Arte
Anche Sky Arte sarà nuovamente partner della mostra dedicando al ritratto
d’artista il consueto speciale televisivo, prodotto da EGE Produzioni, che andrà
in onda in prima visione il prossimo 20 marzo in prime time e in ulteriori 20
repliche, in diverse fasce orarie, per tutta la durata della mostra.
Un ringraziamento particolare va – per il generoso supporto – a Intesa Sanpaolo,
main partner dell’esposizione, che dello sviluppo dei territori in cui opera ha
sempre fatto un tratto caratterizzante. Un sodalizio che si conferma, anche per
questa edizione, essenziale per il sostegno alla cultura e, più in generale,
allo sviluppo delle comunità locali, grazie al convinto sostegno di progetti
dalle elevate ricadute sociali e turistico-culturali.
Al noto istituto bancario, si affiancano due importanti protagonisti del
territorio APT Servizi Emilia-Romagna e Destinazione Turistica Romagna.
Un sentito ringraziamento va inoltre ai platinum e gold partner della mostra
quali Hera, Ima, Mapei, Elfi Finpolo e Prometeia advisor sim.
Media partner: Rai Cultura, Rai Radio Tre, QN Quotidiano Nazionale, Il Giorno,
Il Resto del Carlino, La Nazione, Corriere Romagna, ForlìToday.it, Publimedia
Italia e Radio Bruno
Gli anni ruggenti in Italia (2017); L’Eterno e il Tempo tra Michelangelo e
Caravaggio (2018), Ottocento. L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini (2019);
Ulisse. L’arte e il mito (2020), Dante.
La visione dell’arte (2021), Maddalena. Il mistero e l’immagine (2022); L’arte
della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni 1789 – 1968 (2023);
Preraffaelliti. Rinascimento Moderno (2024) hanno portato oltre 1.600.000
visitatori e un riconoscimento scientifico internazionale.
Le mostre L’Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio e Ulisse. L’arte e
il mito hanno vinto l’oscar del Global Fine Art Awards rispettivamente nelle
categorie Best Renaissance, Baroque, Old Masters, Dynasties – Group or Theme (5°
edizione del premio, 2019) e Best Ancient (7° edizione del premio, 2021).
Un saggio in immagini dall’Antico al Novecento. Un compendio di storia dell’arte
attorno al ruolo dell’autoritratto nella poetica degli artisti
23 febbraio – 29 giugno 2025
Museo Civico San Domenico, Forlì
www.mostremuseisandomenico.it
Ufficio stampa
Lara Facco P&C, Milano
Lara Facco | M. +39 349 2529989 | lara@larafacco.com
Marianita Santarossa | M. +39 333 4224032 | E. marianita@larafacco.com
Alberto Fabbiano | M. +39 340 8797779 | E. alberto@larafacco.com
Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì
Paolo Rambelli, M. +39 393 9655999, eventi@fondazionecariforli.it
Per informazioni e prenotazioni
tel. 0543.36217
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