"Marlisa Ciccarelli dipinge per raccontare il corpo dell'uomo. E la sua opera diventa il corpo della pittura. L'Artista esprime con la pittura ciò che in realtà è la nostra condizione, la finitudine della nostra corporietà. La pittura è la coscienza del limite e della finitudine dell'uomo come corporietà. La sua opera rinvia a Baselitz, ma più ancora a Bacon, per la tensione tragica, a Samuel Beckett che preferisce la nudità del silenzio e il lento dinoccolare ,del movimento dei corpi, e al plasticismo di Sweency agonistes di Eliot. L'Artista narra con alti e drammatici toni poetici, la casualità dell'esistenza come corporietà, come essa è attraverso la carne, e ciò che di essa resta come traccia sul corpo della pittura. La pittura della Ciccarelli guarda il mondo attraverso ciò che resta del corpo dell'uomo sul lenzuolo della tela. L'opera è abitata dal corpo e la pittura ne è l'anima. La vita come traccia e resto della corporietà è sulla tela della pittura esistenza di luce, meraviglia di luce, tessuto e grumo di materia che definisce un alone di stupore. Nelle sue opere noi ritroviamo ciò che è proprio di noi: i nostri corpi, il nostro spazio, il nostro tempo, il vuoto intorno al nostro esistere nella carne, l'oscura e opaca dilatazione o l'ambigua asciuttezza di "ecce homo". Questi quadri sono delle sindoni, ma senza volto. Ciò che la pittura cerca di registrare della vita di un corpo macchiato di colore viene collocato dall'Artista in un contesto di vita - morte, di opacità - luce, di vivificazione - disfacimento, e la pittura è la trasmutazione del movimento della vita in registrazione immobile di un frammento di vita. Ciò che resta è la non possibilità della realtà di essere vita, è l'attimo effimero di una deposizione di un corpo nel lenzuolo umido di una materia che resta scia di un frammento del tempo, memoria di un atto di vita che è così prossimo all'eternità di una icona di morte. La poesia è la pittura che custodisce le ultime vestigia. La pittura è l'archeologia che vigila sui resti della storia di vita di un uomo, potrebbe essere chiunque di noi. La pittura raccoglie un frammento di vita e la custodisce nella materia che per noi è vaga, indistinta e indefinibile forma di luce. Sembra quasi un dipingere per gioco. Ma il Gioco gioca i giocatori, va oltre il loro giocare, e pretende la leggerezza l'abbandono e l'espropriazione. Qui il gioco chiede e pretende l'offerta del corpo per condurre nell'orizzonte della luce. L'Artista dipinge, rappresenta e custodisce la vita nella sua corporietà l'esistenza hic et nunc, scortica la vuota pienezza di un tutto tondo per custodirne la nuda realtà di esso quando si depone e distende sulla materia della nuda terra. Qui la terra è il lenzuolo ruvido di un lembo di tela. La pittura è divenuta teatro della vita che pretende di lasciare di essa almeno la traccia, l'orma, e l'inesatto contorno, la poetica impronta."
A cura di Carmine Benincasa |
"Yellow" - Marlisa Ciccarelli |