Gennaro
Picinni, pittore contemporaneo tra i più apprezzati a livello
nazionale , è nato a Bari il 20 luglio del 1933. La sua carriera
artistica ha avuto inizio nel 1950 ed il suo esordio fu
caratterizzato da uno stile astratto che abbandonò a metà degli anni
cinquanta, quando entrò a far parte dei 'pittori del Naviglio' a
Milano, assieme Crippa, Fontana, Giani, Peverelli, Scanavino,
Sottsass ed altri.
La sua cifra stilistica è fatta di colori puri e materici assiemati
su un impianto grafico di derivazione fiamminga, che lo ha reso
riconoscibile nell'intero panorama artistico italiano e che gli è
valso il soprannome di Fiammingo delle Puglie.
All'apice della sua carriera, avendo sovente sviluppato nella sua
pittura temi a carattere religioso, alcuni suoi dipinti fanno parte
del patrimonio artistico dei Musei Vaticani, esposti nella sezione
di arte moderna dell'Appartamento Borgia.
Le
immagini presentate in questa pagina, così come lo
stralcio del testo critico a cura della Dott.ssa Fizzarotti, sono tratti dal catalogo della mostra
"GENNARO PICINNI - Dall'astratto al figurativo. La
ricerca: 1950-1955" che il Maestro tenne a Bari
presso il Monastero di Santa Scolastica dal 23
Aprile al 6 Giugno 2010. |
"L'arte è
il luogo atopico di visioni, di sogni e desideri che tendono alla
costruzione di un mondo in cui il pensiero creativo si consustanzi
nella dimensione dell'avvento: ovvero di qualcosa che
improvvisamente può cambiare il corso della storia.
Le opere di Gennaro Picinni eseguite tra il 1950-1955 rappresentano
la metafora di tale 'destino', che si fa poi 'progetto'
trasformativo della realtà. Il riferimento ad Argan non è casuale.
In un epoca che pericolosamente scivola verso il post-organico e
l'omologazione del pensiero, forse l'unica speranza dell'umanità si
inscrive nella riproposizione assidua e costante di sentieri lungo i
quali possano svilupparsi la creatività e la libertà.
L'astrattismo in parte scaturisce dalle istanze simboliste, dalle
scomposizioni cubiste, dall'attenzione alla realtà interiore
dell'essere umano, ai suoi paesaggi intimi e sconosciuti. Il mondo
esterno sembra derealizzarsi e le forme si destrutturano: un ritorno
al passato, all'infanzia del mondo, alla ricerca del proprio sé
smarrito nella specularità labirintica della cosiddetta realtà
esterna. Il dipinto diviene lo specchio dell'anima, che tende quasi
a disincarnarsi mentre rivolge lo sguardo all'eternità.
In tal senso possiamo ben comprendere le opere astratte,
apparentemente trasgressive ma pregne di significato, che Picinni
dipinse negli anni Cinquanta, gli anni della ricostruzione di un
Paese estremamente provato dagli eventi dolorosi che avevano
coinvolto il mondo. L'Artista immagina nuovi orizzonti all'interno
di spazi geometrici: d'altra parte "la geometria non è la
rappresentazione dello spazio 'com'è', ma come 'potrebbe essere' e
quindi non aderisce più ad una 'nozione' ma ad una 'immaginazione'
dello spazio" (Argan).
Gestualità e matericità dominano questi intriganti lavori, che
presentano al mondo l'angoscia esistenziale dell'uomo.
Al di là dell'immagine, tra segni e colori si celano le due anime
dell'Artista, l'una libera e audace, l'altra sensuale e ironica
mentre affiora il suo vero volto, sgomento dinanzi agli scenari
della deriva dell'identità individuale, storica e sociale. Ma
l'astrattismo di Picinni, in un periodo in cui i pittori pugliesi si
attestavano sul 'figurativo' rievocando in forma raffinata il
fauvismo, l'impressionismo, i vedutisti, ci appare quale ulteriore
opportunità di ricontestualizzare la 'poetica' che sottende la sua
composita ricerca all'interno dei grandi movimenti internazionali"
[...] Santa Fizzarotti
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Ultimo
aggiornamento:
30-08-22
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