La Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo dal 9 giugno al 25 luglio presenta una personale dedicata a Jiri Kolar, poeta e artista ceco. La mostra - a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Helena Kontova - è costruita a partire dal libro Jiri Kolar, ideato da Helena Kontova ed edito da Giancarlo Politi. Il libro, una sorta di ‘abbecedario’ scritto da Kolar stesso, ha anche ispirato l’allestimento sviluppato nelle quattro sale al primo piano del museo.
L'esposizione comprende 99 collage - una delle tecniche predilette dall’artista, da lui sviluppata a partire dagli anni Trenta del Novecento, ed è un omaggio alla sua attività attraverso un excursus di collages realizzati tra gli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta. Kolar affermava: “La vita pone su di noi sempre nuovi strati di una carta invisibile. Uno strato ci fa dimenticare l’altro. E quando riusciamo a staccare o addirittura a strappar via qualche strato, siamo sorpresi di quante cose stanno dentro di noi. Quante cose che il tempo non ha eliminato ci portiamo dentro! È qualche cosa in grado di risvegliarsi, di resuscitare”. (Jiri Kolar, Giancarlo Politi Editore, 1986.) La carta stampata rappresenta la vera essenza dell’arte di Kolar, nei cui lavori traspare la rottura delle forme grammaticali e l’uso di una lingua libera che utilizza i vuoti e i silenzi. Le opere di Kolar sono realizzate con materiali eterogenei e tecniche diverse: testi stampati o scritti in lingua straniera o in caratteri incomprensibili; segni geometrici (stelle, spirali, onde concentriche); vecchie incisioni; riproduzioni di quadri celebri. In alcuni casi esse s’ispirano alle semplici forme utilizzate da Kazimir Malevic (come il quadrato nero), a Paul Klee o alle tele tagliate di Lucio Fontana. L’artista ha trattato la tecnica del collage come una scienza, elencando nel suo Dizionario dei Metodi una sorta di ‘abbecedario’ di tutte le tecniche da lui inventate e utilizzate: termini originali e in alcuni casi eccentrici, come anticollage, collages di fori, collage tattili e narrativi, froissage, poesie perforate (a colori, con nodi e lame di rasoio), rollage, sgualciage, ventilage. O ancora i celebri chiasmage, frammenti d’immagini o testi - in caratteri latini, ebraici, gotici, arabi, ideogrammi cinesi - che Kolar trae da molteplici fonti (pagine del dizionario Larousse, della Bibbia, del Corano; atlanti stellari, carte musicali, tabelle di orari ferroviari…) e i pazzogrammi, assemblati con i tracciati degli elettroencefalogrammi.
Jirí Kolár nacque a Protivín, nell’attuale Repubblica Ceca, nel 1914. È morto a Praga nel 2002. È stato tra i principali esponenti dell’associazione ‘Gruppo 42’, che più delle altre scuole dell’avanguardia boema si prefisse un’intensa mutualità tra poesia e pittura. Sostenitore di un’estetica del seriale quotidiano, realizza i primi collage già alla fine degli anni Trenta (del 1937 è, infatti, la sua prima esposizione personale al Teatro D37, Mozarteum di Praga). Negli anni Sessanta inizia a operare nell’ambito della poesia concreta, associando componimenti poetici a segni non verbali. A partire da questo archetipo testuale, esplora in senso metalinguistico le innumerevoli varianti del collage. Tra il 1959 e il 1961 lavora alle sue Básne ticha (Poesie in silenzio), rompendo con la poesia verbale verso la decostruzione della poesia iniziata da Mallarmé e continuata da Apollinaire con i suoi calligrammi. Viene interdetto dal pubblicare o esporre nel periodo della cosiddetta ‘normalizzazione’; firmatario della Carta 77, Jirí Kolár emigra a Parigi nel 1980, dove fonda la Revue K (Rivista K), dedicata agli artisti di origine ceca in esilio in Francia. A seguito della ‘Rivoluzione di velluto’ del 1989 ritorna spesso a Praga, città in cui, nel 1990 crea – insieme con il poeta e Presidente della Repubblica Ceca Václav Havel e il pittore Theodor Pištek – il Premio Jindrich Chalupecký (Cena Jindricha Chalupeckého), volto a sostenere un giovane artista sotto i 35 anni. I suoi lavori sono stati esposti in prestigiosi musei e in numerose gallerie internazionali, tra cui ricordiamo: Museum of Modern Art, Miami; Institut für Moderne Kunst, Norimberga; Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Parigi; Galerie Lelong, Paris; Centre George Pompidou, Parigi; Galerie Maeght, Barcellona; The Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Palazzo Madama, Torino; Padiglione Cecoslovacchia, Biennale di Venezia; PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano; Museum of Modern Art, Oxford; ICA Institute of Contemporary Art, Londra; Konsthall, Malmo; Fundació Joan Miró, Barcellona; Nàrodnì Galerie, Praga; Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid; Ludwig Museum of Contemporary Art, Budapest; Amos Anderson Art Museum, Helsinki.
Per ulteriori informazioni : www.gamec.it - La GAMeC – Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo inaugura nel 1991. La sede, un ex convento del XV secolo ristrutturata da Vittorio Gregotti, ha visto impegnati in unità di intenti il Comune di Bergamo ed il Credito Bergamasco. Il museo propone una politica culturale diversificata negli oltre 1500 metri quadrati di spazi espositivi: mostre temporanee personali e collettive di artisti internazionali, progetti inediti di artisti emergenti, eventi espositivi di largo respiro storico artistico, progetti per artisti legati al territorio, offrendo allo stesso tempo molteplici occasioni a chi è interessato all'arte e alla creatività di oggi. L'intento sotteso alla realizzazione della GAMeC, che si è affiancata all'Accademia Carrara e all'Accademia Carrara di Belle Arti, è stato di creare nella città un polo dedicato all'arte. Dal 2000 la Galleria è gestita dall'Associazione per la GAMeC – onlus, che ha quali soci fondatori il Comune di Bergamo e TenarisDalmine, quali soci benemeriti la Banca Popolare di Bergamo – Gruppo BPU Banca e Bonaldi e come sostenitore Confindustria Bergamo.
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