PaciArte presenta la mostra collettiva "Living Codes". Miguel Chevalier, Alex Dragulescu, Alessandro Capozzo, a cura di Domenico Quaranta. La mostra intende indagare la rappresentazione della vita e la simulazione dei suoi processi attraverso il lavoro di tre artisti, diversi per formazione, provenienza e generazione: il francese Miguel Chevalier (nato in Messico nel 1959), uno dei pionieri dell'arte digitale; Alex Dragulescu (1977), romeno di nascita e americano di adozione; e l'italiano Alessandro Capozzo (1970). La simulazione dei processi vitali, insieme alla generazione algoritmica dell'immagine e alla visualizzazione dell'informazione, è una delle linee più solide e durature della ricerca informatica, affondando le sue radici sin negli anni Sessanta. In un'epoca in cui l'informazione ci sommerge, le immagini generate ci circondano e le simulazioni si confondono sempre più con la realtà, la ricerca artistica che affronta queste questioni rivela una straordinaria attualità. Dalla fine degli anni Settanta, Miguel Chevalier lavora alla messa a punto di ambienti immersivi e interattivi, serre e erbari in cui piante artificiali crescono e reagiscono alla presenza umana. Allievo del Des Esseintes di A rébours, capolavoro del decandentismo letterario, Chevalier non è attratto dal realismo, e conferisce alle proprie piante un'estetica propria, totalmente artificiale e fondata su geometrie, tagli netti, trasparenze. Procedendo a ritroso rispetto allo sviluppo tecnologico, il suo lavoro recente compie una virata ulteriore in direzione antirealistica nei Fractal Flowers, geometrie floreali affascinanti e crudeli che traduce in animazioni, stampe e sculture.
L'interesse per la capacità di simulare la vita propria degli algoritmi genetici è condivisa anche da Alessandro Capozzo. Il suo lavoro, sviluppato a partire dai tardi anni Novanta, si concentra sulle potenzialità generative del codice informatico, ossia sulla possibilità di scrivere istruzioni che, una volte eseguite, generino un flusso infinito di immagini. Una ricerca che affonda le sue radici nel minimalismo e nella Process Art, e che Capozzo traduce in forme minime e severe, lontane tanto dal cromatismo chiassoso di Chevalier quanto dall'apparente realismo da microscopio atomico di Alex Dragulescu. In realtà i suoi microbi, i suoi virus e le sue anemoni marine non sono altro che bellissime menzogne. Interessato alla visualizzazione dell'informazione, Dragulescu (che è anche ricercatore presso l'MIT Media Lab di Boston) cerca delle metafore visive in cui tradurre “entità” che esistono solo dentro ai computer, ma che sono penetrate con forza nella nostra quotidianità e di cui parliamo ormai come di cose reali: le email di spam e i virus informatici. Codici, questi ultimi, dotati di una vita propria plasmata su quella dei virus biologici e di cui Dragulescu ci mostra, per la prima volta, il volto.
|