Salvador
Dalì (Figueras 1904 - Figueras 1989)
Dei baffi a volte lunghi mezzo metro, a volte di più. Una stupenda
villa hollywoodiana e delle modelle nude che dopo essere state
spalmate di colore si strofinano sulla tela. Questo non era Dalì
pittore, ma quello che lui amava far vedere per alimentare il mito
della sua eccentricità che lo ha accompagnato sin dalla giovinezza e
che lo aiutava a tener desti gli interessi dei petrolieri del Texas,
che erano quelli che gli davano il pane e il companatico. In realtà
la visione della vita di questo genio spagnolo, un pò matto e un pò
troppo furbo, era un'altra. Era realistica, di un virtuosismo
accademico esasperato che voleva sottolineare una realtà distorta,
deforme, spesso macabra. Era il modo Dalì di dipingere,
discendente diretto del suo surrealismo paranoico critico,
pomposa e parascientifica definizione, coniata dallo stesso Dalì, il
quale voleva dire semplicemente che lui dipingeva come voleva,
prendendo magari a prestito qualche mezza teoria da Freud.
La vita artistica. Partito da posizioni italiane - futurismo,
pittura metafisica - Dalì dopo aver conosciuto Picasso, Mirò,
il poeta Eluard e Breton, il teorico del surrealismo,
aderì a questo gruppo ma ne fu cacciato. Da allora la produzione di
Dalì è sempre stata formalmente molto lucida, ma spesso carente di
contenuti. Nel secondo dopoguerra la sua opera è affrettata,
affannosa, di tono minore.
L'incisione. Ha prodotto una serie impressionante di fogli, quasi
tutti in litografia, partendo dagli spunti più impensati. Una
produzione diseguale, tutto sommato distante dal miglior Dalì
pittore.
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Ultimo
aggiornamento:
05-02-22
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