"Il nero che circonda il perimetro
delle figure umane ritratte da Laselva, attraversate da
venature marmoree che sembrano riassumere la millenaria
storia dell'uomo, diventa metro di misura di un rinnovato
viaggio dell'anima. In queste tavole alberga un estremo
silenzio che diviene rifugio per lo spirito. L'omogeneità
del nero di Laselva non indica alcun arcano sconcertante;
l'intensità materica, perché tangibile, del colore è il
luogo dove il viaggiatore può trovare asilo, ponendosi al
riparo dall'incalzante peso del moderno, con la sua forza
annientatrice del pensiero e il suo vigore anestetizzante
delle sensibilità".
(Antonio Di Giacomo, Barisera, 13/02/1997)
"Nero d'attesa propone un percorso esistenziale sul solco di
una tradizione figurativa alta: le immagini, in prevalenza
lividi nudi dall'incarnato marmoreo sospesi nell'intensità
del nero assoluto, si stagliano in un'attesa metafisica
intrisa di arcaismi e rovelli interiori [...]"
(Antonella Marino, Flash Art, n. 203 aprile-maggio
1997)
"Il legno è la materia nobile e antica, pregna di memoria,
da cui riaffiorano le figure di Laselva [...] E tutte quante
queste figure sono benissimo disegnate, corporali,
fisicamente contratte, insomma come prigioniere nel riquadro
delle cornici d'un colore appena più chiaro del fondo scuro
da cui vengono fuori, aggallano, per magia di pittura. E qui
fa certamente da padrona la mano ferma, duttile, capricciosa
di un disegnatore di razza, se non, addirittura, quella di
un consumato scultore e subito, allora, a questa vista,
queste stesse figure, senza tema di abbagli, ricordano I
prigioni michelangioleschi".
(Giorgio Saponaro, Catalogo della mostra "Nero
d'attesa", febbraio 1997)
"[...] Le opere recenti di Vito Laselva sono la naturale
evoluzione di un discorso dove la luce, frantumandosi in
colori, continua a rimanere nella tensione del confronto con
il 'nero', che ha perso una parte della sua capacità
'd'attesa'. Ora è l'immobilità carica di inquietudine delle
figure ad affascinare l'osservatore, inquietudine pur sempre
vitale, dove la ragione rinuncia a capire, affidando la
ricerca dei motivi dell'essere all'atto profondamente
creativo della 'regressione' artistica. Ma sarà mai luce
totale? No, perchè è il tormento la poesia delle cose."
(Nicola Partipilo, Catalogo della mostra "Vuoti di
memoria", aprile 2000) |
Vito
Laselva
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