Arte a 33 giri

 

Alessandra Mammė


Recensione critica alla mostra d'arte da parte della nota giornalista, storico dell'arte e curatore .


In principio fu Andy Warhol. Anche se non fu il primo artista a firmare copertine di dischi. Lo avevano preceduto ottimi illustratori, grafici di genio e persino un grande interprete del suo tempo come Ben Shahn, il militante, l'espressionista, il disegnatore che aveva raccontato l'America della crisi 1929 e del New Deal, ma riuscė altrettanto bene a ritrarre strumenti e musicisti per cover di gospel, jazz o super classici da Beethoven a Bach. Anche le case discografiche avevano usato (e ancor oggi usano) immagini di quadri celebri, surrealisti in cima da Dalė a Magritte per illustrare sinfonie e opere liriche. Ma in questo caso il compito dell'artista si limitava alla cessione dei diritti.

Per Warhol il concept di un disco non era un vestito visivo da fornire ad un oggetto, ma significava aggiungere un tassello a quell'universo musicale che circondava tutta la sua ricerca.

Č la storia che vediamo scorrere in questa mostra, cover dopo cover, come un diario che racconta e segna le tappe seminali dei grandi cicli del suo lavoro e insieme l'evolversi della rivoluzione Pop. Per costruire il personaggio diventa fondamentale il ruolo dell'artista che lo plasma e lo rende totemico. La copertina di un disco č ormai veicolo di ben altro che una informazione sul contenuto musicale. É un biglietto da visita persino pių forte della musica che contiene, il pių importante tassello del puzzle su cui costruire una macchina del desiderio dove viaggia l'opera della star-idolo.

La strada č aperta. Artisti di fama accettano ben volentieri la sfida di confrontarsi con celebri rock star e musica sperimentale nel ring di quel quadrato che riveste il vinile. Tra i tanti: Keith Haring e David Bowie; Francesco Clemente e Mick Jagger; Jim Dine e i Cream; Sol Le Witt e Philip Glass; Julian Schnabel ed Elton John; Jeff Koon e Lady Gaga. Per non parlare di alcuni insospettabili come Jannis Kounellis con l'album "Red Barker Tree" dei Wire o il raro vinile con voce di Joseph Beuys " Ja ja ja nee nee nee" registrazione di una Fluxus performance del 1970 con ipnotico mantra ripetuto ossessivamente rivestito da una copertina/ libro concepita dal grande artista guru. Spettacolare poi č nei primi anni Ottanta la collaborazione fra Robert Rauschenberg e i Talking Heads per l'album "Speaking in Tongues" del 1983 dove l'intervento estetico si estende dalla copertina al disco trasparente stampato in pių versioni policromatiche: edizione limitata come un vero e proprio multiplo.

Di certo poi il punk inglese fu terreno fertile per la nascita degli Young British Artist capeggiati da un Damien Hirst che all'inizio della sua carriera giā affermava. "Ho imparato pių dai Beatles che da Picasso".

Arte a 33 Giri: da Matisse a Basquiat da Dubuffet a Beuys
Spazio Musa | Via della Consolata 11 / E
Fino al 11 settembre 2022

A cura di Vincenzo e Giorgia Sanfo,
Alessandra Mammė, Red Ronnie, Sergio Secondiano Sacchi

 

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Ultimo aggiornamento:  05-07-22