Arte a 33 giri
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Andy lavora soprattutto su
copertine di musica classica o jazz. Ama rendere protagonista la
scrittura, il logo, oltre al disegno. In “Monk” di Thelonious Monk
nel 1954 il nome dell’artista occupa tutta la copertina. Il primo
volto che disegna è quello di Count Basie, nel 1955. Poi si
focalizza sugli strumenti col clarinetto di Artie Shaw in “Both
fetta in the groove”, la tromba di Joe Newman in “I’m still swinging”,
la chitarra di Kenny Burrell o il sax di Johnny Griffin (questi due
album per l’etichetta Blue Note). Il primo disegno di un sensuale
corpo femminile Andy lo fa per l’album “Blue light” di Kenny Burrell.
Una sera del 1965 nel Cafè
Bizarre di New York si esibisce un gruppo chiamato Velvet
Underground. La loro esibizione appare scandalosa e volgare, tanto
che vengono licenziati la sera stessa. Tra gli avventori ci sono
alcuni che frequentano la Factory di Warhol e ne parlano con Andy,
consigliandoli di assumerli come resident band. Alla Factory manca
la musica e Warhol sta allestendo lo show Exploding Plasting
Inevitable. Questo rappresenta la svolta per i Velvet Underground
che si ritrovano nel luogo più aristocratico ed eccentrico di tutta
l’arte mondiale.
Artisticamente lascia a Lou Reed
& Co. la totale libertà e i Velvet registrano un capolavoro
assoluto, che contiene brani come “Heroin” e “I’m waiting for my
man” dove si parla di droga. Poi la dolce “Sunday morning” e “Venus
in furs”. Nico canta “Femme fatale”, ispirata a Edie Sedgwick, la
musa della Factory, “I’ll be your mirror” e “All tomorrow’s parties”,
la canzone preferita da Andy Warhol perché la
definisce come una descrizione di certa gente che frequenta la
Factory in quel periodo.
Nel secondo album dei Velvet
Underground, “White light/White Heat”, c’è già il distacco da Warhol.
Lui infatti affida la copertina a Billy Name che la crea tutta nera
con, nell’angolo a sinistra, la foto di un teschio trapassato da un
coltello, tatuaggio dell’attore Joe Spencer che aveva recitato nel
film “Bike Boy” di Warhol. Poi arriva il capolavoro assoluto. Nel 1971 per “Sticky Fingers” dei Rolling Stones, Andy fa fotografare Joe Dalessandro, modello e attore della sua Factory, fasciato in un paio di jeans Levi Strauss, che Warhol ritiene il più bel paio di pantaloni mai disegnato, che vanno comprati nuovi perché indossandoli assumono la forma di chi li porta. Infatti nella foto è evidente il rigonfiamento dei genitali. Non solo, Warhol si inventa una vera zip, cucita sulla copertina, che aprendola lascia vedere le mutande. Questo creerà problemi ai negozianti di dischi perché la zip metallica rovina le copertine degli album impilati sopra. Così in seguito fu rimossa. Nel 2003, il canale televisivo VH1 voterà “Sticky Fingers” come miglior copertina di album di sempre.
Andy realizza anche la copertina
del 45 giri di brani tratti dall’album: “Brown Sugar”/“Bitch”/“Led
it rock”.
Nel 1981 viene accreditata a
Warhol anche la copertina di Loredana Berté “Made in Italy”, dove
c’è semplicemente la foto in bianco e nero della cantante. In realtà
il lavoro è del fotografo Christopher Markos, anche se Andy accetta
di firmarla perché aveva conosciuto Loredana nel negozio Fiorucci di
New York. La Factory firma anche il video della canzone “Movie” di
Loredana.
“Aretha”, del 1986, è l’ultima
copertina realizzata da Warhol prima della sua scomparsa. Andy
colora il volto di Aretha Franklin per esaltarne la forza che lei ha
nel suo Soul e Rhytm’n’Blues.
Nel 1996, David Bowie interpreterà Andy Warhol nel film “Basquiat”
di Julian
Schnabel. Lou Reed torna inevitabilmente a raccontare Andy Warhol e
la Factory nei suoi brani. Il primo è nel 1972 “Walk on the Wild
Side” nell’album “Transformer”, dove canta di droga, transessualità,
sesso orale, prostituzione maschile e, nonostante questo, diventa
uno dei brani più di successo di Lou Reed. Nel brano inserisce
alcuni dei personaggi che frequentano la Factory: Holly Woodlawn,
transgender e attrice nei film di Warhol “Trash” e “Woman in revolt”,
Candy Darling, transessuale, protagonista del film “Flesh” e già
protagonista nella canzone “Cady says” dei Velvet, Joe Dalessandro,
Little Joe, modello, prostituto e attore, Joe Campbell, Sugar Plum
Fairy, interprete del film di Warhol “My Hustler” nel 1965 e Jackie
Curtis, attore poeta e drag Queen.
Arte a 33 Giri: da Matisse a Basquiat da Dubuffet
a Beuys
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