Arte a 33 giri

 

Red Ronnie


Recensione critica alla mostra da parte del noto giornalista, presentatore e critico musicale.


L’arte visiva incontra quella musicale quando l’industria decide di “vestire” i dischi con delle copertine personalizzate. Prima, infatti, esistevano solo buste col logo della casa discografica bucate al centro per mostrare l’etichetta del vinile con su scritto titolo, interprete e autori. E, tra i primi a creare questi nuovi involucri per dischi, c’è già Andy Warhol che in futuro inventerà quella che è considerata la più bella ed originale copertina mai creata: “Sticky Fingers” dei Rolling Stones.
È un Andy squattrinato quello che, a partire dal 1949, disegna le prime copertine per la Columbia Records: “A program of Mexican Music” di Carlos Chavez e “Prokofiev” di Alexander Nevsky. Lo stile futuro di Warhol non è ancora presente in questi lavori. La rivoluzione è già nell’avere copertine di dischi personalizzate.

Andy lavora soprattutto su copertine di musica classica o jazz. Ama rendere protagonista la scrittura, il logo, oltre al disegno. In “Monk” di Thelonious Monk nel 1954 il nome dell’artista occupa tutta la copertina. Il primo volto che disegna è quello di Count Basie, nel 1955. Poi si focalizza sugli strumenti col clarinetto di Artie Shaw in “Both fetta in the groove”, la tromba di Joe Newman in “I’m still swinging”, la chitarra di Kenny Burrell o il sax di Johnny Griffin (questi due album per l’etichetta Blue Note). Il primo disegno di un sensuale corpo femminile Andy lo fa per l’album “Blue light” di Kenny Burrell.
A metà degli anni ’60 Andy è già un artista famoso. Ma lui sa che la musica gli può dare un ulteriore impulso proiettandolo in un mondo che amplifica tutto ciò che tocca. Potrebbe approcciare qualsiasi artista famoso. Ma è lui a voler essere il protagonista. Quindi ha bisogno di scommettere su qualcuno che non ha successo, per dimostrare che è lui ad essere l’ARTISTA.

Una sera del 1965 nel Cafè Bizarre di New York si esibisce un gruppo chiamato Velvet Underground. La loro esibizione appare scandalosa e volgare, tanto che vengono licenziati la sera stessa. Tra gli avventori ci sono alcuni che frequentano la Factory di Warhol e ne parlano con Andy, consigliandoli di assumerli come resident band. Alla Factory manca la musica e Warhol sta allestendo lo show Exploding Plasting Inevitable. Questo rappresenta la svolta per i Velvet Underground che si ritrovano nel luogo più aristocratico ed eccentrico di tutta l’arte mondiale.
Andy suggerisce loro di includere nel gruppo Nico, una modella che frequenta la Factory e che alle spalle ha anche una partecipazione a “La dolce vita” di Fellini ed è compagna di Brian Jones dei Rolling Stones.

Artisticamente lascia a Lou Reed & Co. la totale libertà e i Velvet registrano un capolavoro assoluto, che contiene brani come “Heroin” e “I’m waiting for my man” dove si parla di droga. Poi la dolce “Sunday morning” e “Venus in furs”. Nico canta “Femme fatale”, ispirata a Edie Sedgwick, la musa della Factory, “I’ll be your mirror” e “All tomorrow’s parties”, la canzone preferita da Andy Warhol perché la definisce come una descrizione di certa gente che frequenta la Factory in quel periodo.
Andy sa che la copertina di quell’album è più importante del contenuto. Deve essere unica. E lo è. Disegna una banana su sfondo bianco. Sotto solo la scritta Andy Warhol. Non il nome del gruppo né il titolo dell’album. Lui firma quel disco come fosse una sua opera d’arte. Sulla banana c’è la scritta “Peel slowly and see (Sbuccia lentamente e guarda)” Infatti la pellicola gialla si può togliere per lasciare apparire una banana di colore rosa, chiaro riferimento al sesso maschile. Andy la sua performance di produttore musicale l’ha già fatta. A questo punto i Velvet Underground e Nico sono liberi di intraprendere le loro carriere separate.

Nel secondo album dei Velvet Underground, “White light/White Heat”, c’è già il distacco da Warhol. Lui infatti affida la copertina a Billy Name che la crea tutta nera con, nell’angolo a sinistra, la foto di un teschio trapassato da un coltello, tatuaggio dell’attore Joe Spencer che aveva recitato nel film “Bike Boy” di Warhol.
Questa immagine la si poteva vedere solo in controluce e, vista la difficoltà di stamparla, sparisce nelle ristampe de disco.
Andy mostra in pieno la caratteristica della sua arte nella copertina della compilation dei Velvet Underground, dove una sensuale bocca dalle labbra rosse si apre per sorseggiare una Coca Cola con la cannuccia.

Poi arriva il capolavoro assoluto. Nel 1971 per “Sticky Fingers” dei Rolling Stones, Andy fa fotografare Joe Dalessandro, modello e attore della sua Factory, fasciato in un paio di jeans Levi Strauss, che Warhol ritiene il più bel paio di pantaloni mai disegnato, che vanno comprati nuovi perché indossandoli assumono la forma di chi li porta. Infatti nella foto è evidente il rigonfiamento dei genitali. Non solo, Warhol si inventa una vera zip, cucita sulla copertina, che aprendola lascia vedere le mutande. Questo creerà problemi ai negozianti di dischi perché la zip metallica rovina le copertine degli album impilati sopra. Così in seguito fu rimossa. Nel 2003, il canale televisivo VH1 voterà “Sticky Fingers” come miglior copertina di album di sempre.

Andy realizza anche la copertina del 45 giri di brani tratti dall’album: “Brown Sugar”/“Bitch”/“Led it rock”.
Warhol torna a lavorare nel 1977 coi Rolling Stones per l’album “Love you live”.
Questa volta usa i componenti della band che fa fotografare mentre si mordono fra di loro. In copertina viene scelta la foto di Mick Jagger, mentre ha in bocca la mano di un altro Rolling, chiaramente con un intervento di Warhol che aggiunge colori. L’intenzione di Andy è che quella fosse la copertina, senza nessuna scritta, anche perché si identificavano benissimo i protagonisti: il volto di Jagger e la sua arte ormai nota. Ma all’ultimo momento Mick decide di aggiungere la scritta in giallo “Rolling Stones - LOVE YOU LIVE”.
Per la copertina di “The accademia in peril” di John Cale, ex-Velvet Underground, Warhol fotografa un insieme di diapositive.
Andy disegna altre copertine, dove interviene graficamente su foto dei volti degli artisti:
Paul Anka “The painter”, 1976
Liza Minnelli “Live at Carnegie Hall”, 1981
“Querelle” musica della colonna sonora, 1982
Diana Ross “Silk Electric”, 1982
Billy Squirer “Emotion”, 1982
Miguel Bosè “Milano/Madrid, 1983

Nel 1981 viene accreditata a Warhol anche la copertina di Loredana Berté “Made in Italy”, dove c’è semplicemente la foto in bianco e nero della cantante. In realtà il lavoro è del fotografo Christopher Markos, anche se Andy accetta di firmarla perché aveva conosciuto Loredana nel negozio Fiorucci di New York. La Factory firma anche il video della canzone “Movie” di Loredana.
The Smiths di Morrissey chiedono a Warhol di realizzare la copertina del loro album di debutto. Lui sceglie un fotogramma dal film della Factory “Flesh” del 1968 con protagonista Joe Dalessandro. La foto viene ritagliata, escludendo la parte dove un uomo pratica una fellatio a Joe.
Nel 1986 Yoko Ono chiede a Warhol di realizzare la copertina dell’album postumo di John Lennon “Menlove Ave”. Andy e John erano amici e lui accetta. Yoko dà a Warhol due foto di John e lui interviene colorandole su uno sfondo nero che rappresenta il lutto per la perdita dell’amico.

“Aretha”, del 1986, è l’ultima copertina realizzata da Warhol prima della sua scomparsa. Andy colora il volto di Aretha Franklin per esaltarne la forza che lei ha nel suo Soul e Rhytm’n’Blues.
Il mondo della musica ha reso omaggio a questo rivoluzionario artista. Uno dei più significativi è sicuramente nel 1971 il brano “Andy Warhol” che David Bowie inserisce nell’album “Hunky Dory”.

Nel 1996, David Bowie interpreterà Andy Warhol nel film “Basquiat” di Julian Schnabel. Lou Reed torna inevitabilmente a raccontare Andy Warhol e la Factory nei suoi brani. Il primo è nel 1972 “Walk on the Wild Side” nell’album “Transformer”, dove canta di droga, transessualità, sesso orale, prostituzione maschile e, nonostante questo, diventa uno dei brani più di successo di Lou Reed. Nel brano inserisce alcuni dei personaggi che frequentano la Factory: Holly Woodlawn, transgender e attrice nei film di Warhol “Trash” e “Woman in revolt”, Candy Darling, transessuale, protagonista del film “Flesh” e già protagonista nella canzone “Cady says” dei Velvet, Joe Dalessandro, Little Joe, modello, prostituto e attore, Joe Campbell, Sugar Plum Fairy, interprete del film di Warhol “My Hustler” nel 1965 e Jackie Curtis, attore poeta e drag Queen.
Nel 1989 Lou Reed realizza l’album “New York” e si rende conto che nel raccontare la sua città non può fare a meno di pensare a Warhol che se n’è andato da poco, soprattutto nel brano conclusivo “Dime store mistery” dove alla fine canta:

C’è un funerale domani a St. Patrick’s
le campane suoneranno per te
Ah, cosa devi aver pensato

quando hai capito che era giunto il tuo tempo?

 

Arte a 33 Giri: da Matisse a Basquiat da Dubuffet a Beuys
Spazio Musa | Via della Consolata 11 / E
Fino al 11 settembre 2022

A cura di Vincenzo e Giorgia Sanfo,
Alessandra Mammì, Red Ronnie, Sergio Secondiano Sacchi

 

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Ultimo aggiornamento:  05-07-22