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		"Ci sono nottate di incubi in cui ti 
		senti affogare sotto un banco di acque, in una vasca o in una pozzanghera. 
		Ci sono di queste notti vigliacche che non hai scampo e ti dimeni nei 
		sogni, forzi le pareti ma resti disperatamente avvinghiato 
		nell'ectoplasma, nel liquido amniotico della notte. Finché una bracciata 
		al lenzuolo, un filo di luce, un fischio di ruote non ti svegliano e 
		ancora sotto l'effetto di quell'incubo ti getti dal letto, per 
		scuoterti.
 
		Questa sensazione di angoscioso sprofondamento nel magma 
		acquatico dell'incubo ho di fronte ai colori di Antonio Laurelli. E' 
		come se gli oggetti le pareti gli uomini l'erba non fossero sistemati 
		sulla superficie della terra, ma in una profondità oceanica dalla quale 
		è impossibile fuggire, fuori della quale nient'altro esiste. Ci sei e 
		devi restarci. Ci sei e devi rivoltarti, pesante e lento, come un 
		animale impedito dalla gravità che si raddoppia, dall'attrazione 
		centripeta che ti risucchia verso il centro della terra. E chissà che 
		Laurelli non abbia inteso, in questa materialità possente e greve, 
		raffigurare il nostro attaccamento alla vita e al mondo, il nostro 
		assurdo legame ai corpi. La materialità ci lega e ci angoscia al tempo 
		stesso.  
		Che stupida esistenza è questa, che continuamente ci tenta, ci 
		lusinga, una sirena contro la quale nessuna difesa, è mai sufficiente. 
		Nonostante lo svelamento del gioco, sei attratto dalla sua luce e le 
		resti avvinghiato, incapace di spiccare il salto nel vuoto.
 Le lusinghe di questo gioco sono le piccole presenze quotidiane, gli 
		oggetti del nostro scrittoio, del nostro ufficio, sono le ore monotone e 
		uguali della nostra giornata. Eccolo il mare affogato, il fondale 
		oceanico dove si costruiscono i segni dell'angoscia, questa quotidianità 
		uguale e grigia, la routine, il buio dei gesti ripetuti, che si 
		sistemano come gesti di un fantasma di te stesso. Vivi questa vita come 
		fossi già morto, e tutto attorno diventa greve, tutto si carica di peso, 
		perchè non ha linfa vitale, perchè non riesce a colorarsi o si colora 
		tanto di una tinta fosca, che sa di morte e di disperazione. E' il 
		castello kafkiano o l'angoscioso tribunale nel quale si aggirano le sue 
		larve. Vita e morte son tutt'uno, si abbracciano in una corporalità in 
		dissoluzione, in una corporalità mantenuta ancora integra da un liquido 
		conservativo, forse formalina.
 
 Tonino Laurelli è il faraone bendato, chiuso nel sepolcro della 
		quotidianità, con dentro gli occhi improvvisi lampi di luce, improvvise 
		presenze cromatiche che in qualche modo riescono ancora a tenerlo in 
		vita. Sono le macchie del dramma che elettrizzano la coscienza 
		ingrigita, sono gli stupori che tentano di scuotere il giorno, il 
		silenzio, la monotonia. C'è sempre una macchia di rosso nello scialbore 
		della nostra vita e questa macchia fa eco, notizia, richiama 
		l'attenzione. E' un fatto di cronaca capace di agghiacciare, un grido, 
		un allarme. Ma questa è ormai la nostra vita, l'attesa di un evento che 
		ci sorprenda e ci sconvolga e venga in qualche modo a risvegliarci da 
		una affogata condizione di inesistenza. E' questa ormai la nostra vita, 
		repulsione e attrazione contemporanea, silenzio e chiasso da un fondo 
		tombale da dove traspare, come immersa in un acquario, la bellezza delle 
		cose, materia senz'anima, esteriorità infelice, agognata e scacciata.
 
 Simbolismo inquietante di una pittura che a volte tenta di volare ed è 
		gabbiano o colomba, ma la senti sporca di fango, di liquami bituminosi e 
		dunque incapace di partire, incapace di svincolarsi dalla terra verso un 
		paese di illusioni. Un fiore del male, direbbe il poeta, incapace di 
		godersi le gioie dell'aldiqua, perchè troppo angosciato dai vuoti 
		dell'aldilà.
 
		E proprio in questa angoscia si fa titanica la pittura di Laurelli, nel momento in cui denuncia la grevità della sostanza che ci 
		àncora e ci impasta nella prigione di piombo del corpo."
 Raffaele Nigro (1996)
 
 
  
		
		
		
		Antonio Laurelli - L'approdoRassegna Arte in vetrina 2022
 Dal 13 gennaio al 20 febbraio 2022
 
 Spazio espositivo Centro d'Arte e Cultura " Leonardo da Vinci"
 Via Verdi, 7 - 70127 Bari-S.Spirito
 
 
 Associazione culturale Leonardo da Vinci
 associazioneleonardodavinci@gmail.com
 
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