Affogato in un mare di quotidianità

 

Recensione dello scrittore Raffaele Nigro alla pittura dell'artista Antonio Laurelli.  Scritta nel 1996 questa recensione è stata pubblicata sul catalogo Terzo Millennio dell'omonima mostra, realizzati entrambi da Leo Strozzieri.


"Ci sono nottate di incubi in cui ti senti affogare sotto un banco di acque, in una vasca o in una pozzanghera. Ci sono di queste notti vigliacche che non hai scampo e ti dimeni nei sogni, forzi le pareti ma resti disperatamente avvinghiato nell'ectoplasma, nel liquido amniotico della notte. Finché una bracciata al lenzuolo, un filo di luce, un fischio di ruote non ti svegliano e ancora sotto l'effetto di quell'incubo ti getti dal letto, per scuoterti.

Questa sensazione di angoscioso sprofondamento nel magma acquatico dell'incubo ho di fronte ai colori di Antonio Laurelli. E' come se gli oggetti le pareti gli uomini l'erba non fossero sistemati sulla superficie della terra, ma in una profondità oceanica dalla quale è impossibile fuggire, fuori della quale nient'altro esiste. Ci sei e devi restarci. Ci sei e devi rivoltarti, pesante e lento, come un animale impedito dalla gravità che si raddoppia, dall'attrazione centripeta che ti risucchia verso il centro della terra. E chissà che Laurelli non abbia inteso, in questa materialità possente e greve, raffigurare il nostro attaccamento alla vita e al mondo, il nostro assurdo legame ai corpi. La materialità ci lega e ci angoscia al tempo stesso.

Che stupida esistenza è questa, che continuamente ci tenta, ci lusinga, una sirena contro la quale nessuna difesa, è mai sufficiente. Nonostante lo svelamento del gioco, sei attratto dalla sua luce e le resti avvinghiato, incapace di spiccare il salto nel vuoto.

Le lusinghe di questo gioco sono le piccole presenze quotidiane, gli oggetti del nostro scrittoio, del nostro ufficio, sono le ore monotone e uguali della nostra giornata. Eccolo il mare affogato, il fondale oceanico dove si costruiscono i segni dell'angoscia, questa quotidianità uguale e grigia, la routine, il buio dei gesti ripetuti, che si sistemano come gesti di un fantasma di te stesso. Vivi questa vita come fossi già morto, e tutto attorno diventa greve, tutto si carica di peso, perchè non ha linfa vitale, perchè non riesce a colorarsi o si colora tanto di una tinta fosca, che sa di morte e di disperazione. E' il castello kafkiano o l'angoscioso tribunale nel quale si aggirano le sue larve. Vita e morte son tutt'uno, si abbracciano in una corporalità in dissoluzione, in una corporalità mantenuta ancora integra da un liquido conservativo, forse formalina.

Tonino Laurelli è il faraone bendato, chiuso nel sepolcro della quotidianità, con dentro gli occhi improvvisi lampi di luce, improvvise presenze cromatiche che in qualche modo riescono ancora a tenerlo in vita. Sono le macchie del dramma che elettrizzano la coscienza ingrigita, sono gli stupori che tentano di scuotere il giorno, il silenzio, la monotonia. C'è sempre una macchia di rosso nello scialbore della nostra vita e questa macchia fa eco, notizia, richiama l'attenzione. E' un fatto di cronaca capace di agghiacciare, un grido, un allarme. Ma questa è ormai la nostra vita, l'attesa di un evento che ci sorprenda e ci sconvolga e venga in qualche modo a risvegliarci da una affogata condizione di inesistenza. E' questa ormai la nostra vita, repulsione e attrazione contemporanea, silenzio e chiasso da un fondo tombale da dove traspare, come immersa in un acquario, la bellezza delle cose, materia senz'anima, esteriorità infelice, agognata e scacciata.

Simbolismo inquietante di una pittura che a volte tenta di volare ed è gabbiano o colomba, ma la senti sporca di fango, di liquami bituminosi e dunque incapace di partire, incapace di svincolarsi dalla terra verso un paese di illusioni. Un fiore del male, direbbe il poeta, incapace di godersi le gioie dell'aldiqua, perchè troppo angosciato dai vuoti dell'aldilà.

E proprio in questa angoscia si fa titanica la pittura di Laurelli, nel momento in cui denuncia la grevità della sostanza che ci àncora e ci impasta nella prigione di piombo del corpo."

Raffaele Nigro (1996)

Una foto dello scrittore Raffaele Nigro e un'opera del pittore Antonio Laurelli.

Antonio Laurelli - L'approdo
Rassegna Arte in vetrina 2022
Dal 13 gennaio al 20 febbraio 2022

Spazio espositivo Centro d'Arte e Cultura " Leonardo da Vinci"
Via Verdi, 7 - 70127 Bari-S.Spirito


Associazione culturale Leonardo da Vinci
associazioneleonardodavinci@gmail.com

 

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Ultimo aggiornamento:  13-10-22