Un
testo fitto, dove le teorie non costituiscono parti di un ragionamento
concettualmente astratto ma vengono elaborate direttamente dalle
pratiche: un saggio in cui le parole hanno la cremosità dell’esperienza,
dell'analisi, sulla consapevole responsabilità di chi fa arte non con la
finalità di soddisfare deliri narcisistici ma per condividere sensi e
immaginari, con la collettività alla quale fa dono di sé, donandosi.
"Ma oggi è possibile sostituire alla mitologia dell'artista maledetto
la sfida di un artista capace di immergersi con coraggio nel labirinto
sociale contemporaneo, invece di rimanere un fenomeno strettamente
circoscritto a una vicenda esistenziale privata oppure a un'élite di
addetti ai lavori.
Non pensiamo che tutti siano artisti (vecchio mito dello spontaneismo
collettivista), sarebbe insensato non riconoscere l'esistenza di
specifiche facoltà e competenze; tuttavia l'attitudine artistica, questa
particolare sensibilità, deve oggi disporsi al dialogo con altre forze
espressive, con diverse specialità e direttamente con il pubblico, con
le sue istanze reali, con le sue contraddizioni e il suo immaginario.
" (pag.55)
L'arte è fuori di sé perché sta vivendo una crisi d'identità
senza precedenti, ingabbiata in un sistema autoreferenziale per addetti
ai lavori, pilotato più da logiche di mercato e di immagine che da una
sincera ispirazione, lontano dal vissuto e dalle sensibilità della
gente.
L'arte è fuori di sé perché sono esplosi tutti i codici e i
confini. Il pubblico e gli stessi studiosi faticano a valutare che cosa
sia arte e cosa non lo sia, e molti la confondono con la pubblicità, il
design, la comunicazione, o con la mera replica di frammenti di realtà.
Ma l'arte è fuori di sé soprattutto perché la rivoluzione digitale ha
generato una trasformazione antropologica dei comportamenti e delle
relazioni sociali, che incide profondamente sull'identità dell'arte e
sul ruolo dell'artista.
L'arte che esce da sé, in senso positivo, può svolgere una funzione
simbolica e pratica di antidoto alle patologie dell'età
post-tecnologica, spostando il baricentro dalla creazione individuale a
quella collettiva, dall'opera compiuta al processo aperto, dalla
centralità dell'artista "genio" allo spettatore, con una circuitazione
totalmente diversa, gratuita e molto più partecipata degli eventi
artistici.
Andrea Balzola
Andrea Balzola (1961) è drammaturgo e sceneggiatore
cinematografico. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui La
nuova scena elettronica (con F. Prono; Rosenberg & Sellier,
1994), L’opera d’arte nell’epoca della producibilità digitale (Mimesis/Eterotopie,
2006), Le arti multimediali digitali (con Anna Maria Monteverdi;
Garzanti, 2004), La scena tecnologica (Audino Editore, 2011),
L’arte fuori di sé. Un manifesto per l'età post-tecnologica (con
Paolo Rosa; Feltrinelli, 2011).
Paolo Rosa
Paolo Rosa (1949-2013) ha cofondato nel 1982
Studio Azzurro, un
gruppo di ricerca artistica sul video e sui nuovi linguaggi
introdotti dalle tecnologie. Ha iniziato a interessarsi di
cinema nel 1979, anno in cui ha realizzato il film Facce di
festa (Mostra del Cinema di Venezia 1980). Ha ideato insieme ad
altri la prima rassegna “Filmmaker” a Milano. Per il suo lavoro
ha ricevuto molti riconoscimenti. Inoltre, ha svolto attività in
campo formativo e didattico con workshop e seminari, tra cui
Pensare l’arte con Carlo Sini e Jacques Derrida (1997). È stato
preside del dipartimento di Progettazione e arti applicate
all’Accademia di Brera di Milano. Feltrinelli ha pubblicato nel
2007 il doppio dvd + libro Studio Azzurro. Videoambienti,
ambienti sensibili, a cura di Bruno di Marino, che documenta il
tragitto teorico e immaginativo di Studio Azzurro fin dalla sua
fondazione e L’arte fuori di sé. Un manifesto per l'età
post-tecnologica (con Andrea Balzola; 2011).
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