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Forse - scrive il Maestro - è l'ora di trovare un epilogo a questo
viaggio per stazioni apparentemente non connesse, viaggio intrapreso per
non morire d'arte ma paradossalmente proprio per amore dell'arte, una
sorta di gesto affettuoso ma incapac5 di accettare in silenzio la vorace
tirannia delle distorsioni, dei vizi - forse incurabili - che la
piegano, la dominano e la violentano.
Orfani perfino ormai del qualunquismo postmoderno, gli artisti in balia
di un mestiere dai contorni incerti e di un Artworld crudele e
vorace tentano strade inedite e impensabili. Vivendo in un mondo
globalizzato alcuni si battono per provare a vincere la fatica dello
sradicamento continuo, in una sorta di nomadismo culturale e fisico,
muovendosi di Paese in Paese, confrontando le proprie tradizioni con
contesti inediti, dando il via a originali ibridazioni. Si tenta
forzosamente di porre tra parentesi le enormi limitazioni inaugurate da
un' inattesa pandemia planetaria della quale risulta arduo definire
obblighi, estensione, durata e guasti reali da proiettare nel futuro.
Forte l'invito - aggiunge l'artista - a partecipare nell'immobilismo,
trafitti dalla domanda di Jean Baudrillard che si chiede: ' perchè ci
diamo tanto da fare in questo smaccato harakiri'?, quel clima rigido che
rende inutile, privo di utilità e senso, lo sforzo creativo fino a
invitarci a credere che "tutto sia scomparso", e che la più
grande opera d'arte mai creata possa consistere proprio in questa sorta
di feroce accanimento contro l'arte stessa, nella sua distruzione, la
sua scomparsa, volgarizzandola, rendendola banale decoro, optional al
sociale e alla vita fisica e intellettuale."(...)
Urgente quindi - continua Ugo Nespolo per avviarsi alla conclusione -
"il bisogno di mettersi in salvo, che risulta comunque un'operazione
ardua se non impossibile, che ha più il sapore del leopardiano
piacere vano delle illusioni lontano dalla possibilità concreta
d'incontrare logica e armonia nel rimettere insieme un percorso creativo
fatto di senso e salvezza. E poi - se ci sono - le ragioni
dell'insofferenza stanno tutte nell'insofferenza stessa, del desiderio
eclettico che t'impedisce di stazionare a lungo in ambiti troppo
frequentati, patire obblighi troppo previsti, subire il soffoco delle
pochezze intellettuali o perire al gioco tiranno del mercato che con
sufficienza condanna e cancella." (...)
D’arte si può morire - quindi - per la malinconia di un’avventura
solitaria, vuota di teorie e teorici, per la vacuità dei gesti pensati
eroici e persi tra gli accumuli di opere-merce dell’era dell’everything
goes. In definitiva questo sostiene Ugo Nespolo, una delle figure piú
interessanti del panorama artistico italiano, la cui significativa
complessità dottrinale e teorica parla del fare arte come possibilità di
dare ancora energia a un mestiere che pare lentamente evaporato. Ironia
e gioco come mezzo espressivo di un linguaggio creativo ed eclettico
carico di apporti concettuali: «Non si può fare arte senza riflettere
sull’arte»...
Ugo
Nespolo (Mosso, 29 agosto 1941) è un artista italiano, film
maker e scrittore. Trascorre la sua infanzia nel biellese prima
di trasferirsi a Torino dove il padre Libero lasciata la piccola
industria di materie plastiche attiva un commercio di strumenti
di misura ed articoli tecnici. A Torino frequenta il Liceo, poi
l’Accademia Albertina di Belle Arti dove si diploma in Pittura
con Enrico Paulucci e all’Università degli Studi di Torino alla
Facoltà di Lettere e Filosofia si laurea con una tesi in
Semiologia.
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Ugo Nespolo
Per non morire d’arte
Vele - Giulio Einaudi Editore
2021
pp. 152
€ 12,00
ISBN 9788806247379 |