"La
psicoanalisi applicata all'arte si è caratterizzata tradizionalmente per
la violenza arbitraria delle sue interpretazioni finalizzata ad
addomesticare la forza produttiva dell'opera e a promuovere una sua
lettura tristemente patografica che finisce per elevare la biografia
dell'artista a causa efficiente dell'opera stessa.
La lezione strutturalista - contro questo orientamento - ha invece messo
in valore l'autonomia del testo d'arte dalle vicissitudini
biografico-esistenziali del suo autore. Pur tenendo conto di questa
lezione, un approccio psicoanalitico rinnovato e dichiaratamente
anti-patografico all'opera d'arte non può trascurare la vita
dell'artista. Questa scelta sarebbe in netta contraddizione con il
metodo stesso della psicoanalisi, che si fonda sull'importanza assegnata
alla singolarità insostituibile della biografia. Non si tratta dunque di
negare che esista un nesso profondo tra la biografia e l'opera, ma
rifiutare di concepire l'opera come l'esito deterministico della
biografia come una sua rappresentazione fantasmatica.
Il rapporto tra la biografia dell'artista e la sua opera va rimodulato
allo stesso modo in cui necessita di essere riformulato, in termini
psicoanalitici, il rapporto tra l'inconscio e il testo d'arte. Si tratta
di compiere una rivoluzione copernicana rispetto agli studi più classici
che la psicoanalisi ha dedicato all'esperienza artistica. Dopo la
lezione strutturalista il testo d'arte non può più essere considerato
come l'effetto della vita o della malattia del suo autore secondo un
nesso deterministico che annulla l'autonomia dell'opera, ma il luogo
dove si manifesta l'inconscio come taglio in atto , come ciò che resiste
alla significazione, come sbarra che separa il significante dal
significato producendo un effetto di enigma, realizzando una presenza
irriducibile al senso già visto e conosciuto.
Questa presenza non è senza legami con la vita dell'artista - scaturisce
indubbiamente da quella vita particolare - ma è anche ciò che oltrepassa
quella vita. In questo senso l'opera realizza sempre una sproporzione,
uno sfasamento, una eccedenza tra l'io dell'autore e la sua stessa
esistenza, che come tale, sfugge all'io, oltrepassa le sue intenzioni,
si rivela come straniera a chi l'ha generata. Questa eccedenza
dell'opera rispetto alla vita significa che la biografia dell'artista
non spiega l'opera, ma trova nell'opera la sua scrittura ultima. Il che
inverte il rapporto ingenuo stabilito dalla patografia psicoanalitica
tra vita e opera: l'opera non è un effetto deterministico della vita, ma
è ciò che riscrive retroattivamente.
Questa rivoluzione copernicana negli studi psicoanalitici applicati
all'arte, più ampiamente teorizzata nel mio Il miracolo della forma: per
un'estetica psicoanalitica , è la prospettiva attraverso la quale ho
rivisitato in questo libro l'opera di Van Gogh." -
Massimo Recalcati, dalla prefazione alla nuova
edizione
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