L'Arte
espansa
""La sfera dell'arte si è ampliata
enormemente. Qualunque cosa può essere trasformata in "arte", anche
senza che il suo autore ne sappia nulla. Chi ha la legittimità e
l'autorevolezza per operare questa metamorfosi?" - Mario
Perniola, dal suo ultimo libro "L'arte espansa", edito da
Einaudi. |
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In questo libro, il
cui titolo prende spunto dal mitico testo di Gene Youngblood, Expanded
Cinema, Mario Perniola sostiene che è avvenuta una profonda
destabilizzazione del sistema artistico, da lui definita come la
svolta «fringe» dell'arte contemporanea.
Molte barriere
tradizionali sono crollate; si è aperto un orizzonte enormemente piú
vasto all'interno del quale è difficile orientarsi. Esso comporta molti
pericoli, ma offre al contempo nuove opportunità per chi voglia
avventurarsi su questo terreno, a condizione di saper trasformare le
molte informazioni disordinate e frammentarie di cui disponiamo in un
discorso coerente che costituisca una nuova conoscenza estetica in grado
di indirizzare un'attività artistica avvincente. La singola produzione
artistica non basta piú a se stessa, ma richiede per la sua comprensione
un corredo di dati che sollecitino la massima attenzione e le
conferiscano legittimità e autorevolezza: Perniola introduce perciò il
neologismo di «artistizzazione» e si sofferma sulle operazioni
che la rendono possibile.
"Resta da capire perchè esistano nel mondo centinaia di migliaia e forse
milioni di "artisti", più o meno consapevoli di essere tali, e che cosa
li abbia portati a intraprendere un'attività così problematica, che è
quasi sempre fonte di scoraggiamento e di frustrazione. Una spiegazione
sociologiga potrebbe consistere nel fatto che l'arte è l'unico tipo di
attività deviante consentita nelle società occidentali. Quindi tutti gli
artisti, proprio in quanto artisti, sarebbero outsiders, non per loro
scelta, ma perchè gli "altri" li vedono come devianti. E' questa la
nozione di outsider sostenuta dal sociologo Howard S. Becker: nessun
atto in se stesso è deviante, ma lo diventa a partire dal momento in cui
viene considerato tale dalla società in cui si vive.(..)
Certo è che la svolta fringe dell'arte è stata in incubazione almeno dai
primi anni sessanta del Novecento e ora sollecita una specie di
revisionismo teorico globale che si estenda anche alle opere che sono
state considerate "canoniche", ai cosiddetti capolavori e ai "grandi
maestri". In altre parole, le opere di Bosch, di Goya, di Klee hanno
qualcosa in comune con l'acquerello di un bambino siciliano di otto
anni, con una pittura melanesiana su una corteccia d'albero, col disegno
di uno schizofrenico? (..)"
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